Quattromila chilometri in bicicletta seguendo il circolo polare artico, dalla remota Kamchatka alla Lapponia,
poi Islanda, Groenlandia, Alaska e Canada. Da solo in spazi sconfinati, tempeste, temperature gelide e affascinanti
aurore boreali. E’ la nuova avventura estrema di Omar Di Felice. Ce la racconta in un momento di pausa in piena Groenlandia.
“Ci sono tre emozioni che mi accompagnano e ormai fanno parte di me: il freddo, il silenzio e lo stupore nel vedere l'aurora boreale.
Ogni giorno parto al mattino in climi ghiacciati tra i -30 e i -40 faccio una fatica bestiale e poi però, all'imbrunire, quando
veramente comincia a scendere la notte polare, tutto quanto si avvolge di un silenzio ancora più assordante e iniziano a danzare
le luci dell'aurora boreale. E’ il Grande Nord, lo percepisci solo vivendolo sulla tua pelle e ogni volta che cerco di spiegarlo
mi accorgo di non riuscirci veramente”.
Omar Di Felice ci racconta le sue emozioni in uno scambio di messaggi vocali dalla Groenladia. E’ seguito in tutto il mondo per le sue incredibili imprese in bicicletta che sempre più si trasformano in avventure-simbolo per sensibilizzare sulle emergenze ambientali. Ma questa che sta vivendo è davvero unica. L’Artic World Tour è il giro completo del mondo artico in bicicletta, un viaggio a pedali nel nord del Pianeta attraverso le tre linee di demarcazione dei confini artici: il circolo polare artico, la linea delle isoterme +10°C e la linea artica degli alberi.
E’ partito ad inizio febbraio attraversando gli 800 km della Kamchatka, uno dei luoghi più remoti e incontaminati all’estremo
est della Russia, per proseguire con gli oltre 1500 km pedalati nelle regioni della Lapponia (Russia, Finlandia, Svezia e infine
Norvegia) da Murmansk a Tromso, passando attraverso i boschi della Finlandia, Rovaniemi e la tundra svedese: quasi duemila
chilometri danzando lungo il Circolo polare artico, tra bufere di neve nell’estremo oriente russo e le rigide temperature
lapponi (fino a -36 in Finlandia).
Ha toccato il punto più settentrionale dell’avventura attraversando le isole Svalbard,
per poi iniziare la lunga traversata dell’Islanda e della Groenlandia lungo l’Arctic Circle Trail, un sentiero
di oltre 200 km che si snoda dal Point 66 (a 40 km da Kangerlussuaq) ai margini dell’ice cap groenlandese e il villaggio
di Sisimiut. Infine il continente americano, dal Canada (Whitehorse, regione dello Yukon) all’Alaska, attraverso Fairbanks
fin oltre la linea di demarcazione del Circolo Polare Artico.
“La bici è un simbolo che unisce il mio grande amore per il ciclismo e quello per l'esplorazione”, dice Omar da una delle soste
in piena Groenlandia. “Questa avventura rientra nel progetto lanciato alcuni mesi fa con la lunga pedalata Glasgow-Milano
in occasione di Cop26. Si chiama “Bike to One point five” e cerco di divulgare il tema scientifico del cambiamento climatico
grazie all'utilizzo della bicicletta. La bicicletta diviene il simbolo e il valore aggiunto della riduzione delle emissioni
- spiega Omar -. E “sulla bicicletta” provo a fare qualcosa di concreto per combattere il riscaldamento globale".
I viaggi sono costruiti insieme agli scienziati di “Italian Climate network”, lungo il percorso mi faccio divulgatore - con la
loro consulenza scientifica - di ciò che sta avvenendo nel clima delle zone del mondo che in quel momento attraverso”.
Di Felice lo ha già fatto pedalando in zone estreme come il Canada, Capo Nord, Alaska, Islanda, raggiungendo il campo base
dell'Everest e attraversando per primo nella stagione fredda il Deserto del Gobi, in Mongolia. “In questo viaggio faccio una
serie di dirette in cui si parla appunto della criticità dell’Artico, delle basi di ricerca, della biodiversità insieme a
scienziati, climatologi, geografi, politologi, ricercatori ed esperti di turismo sostenibile”.
Ma il Giro dell’Artico in bici è anche una incredibile impresa sportiva. Omar, quarantenne romano, è stato ciclista professionista. Poi si è dedicato al ciclismo estremo. “E’ una sfida di oltre 4000 km attraverso tutto il mondo Artico condotta in puro stile ultracycling, senza supporto. Sono completamente da solo e uso due biciclette che vengono spedite in luoghi diversi lungo l’itinerario a seconda del tipo più adatto a quella porzione di percorso. Con una “gravel” (adatta a fondi sterrati), ho attraversato Russia, Lapponia, Norvegia, Finlandia, Svezia. Dalle Svalbard uso una “fat-bike” (dalle ruote molto grandi). Poi di nuovo la gravel per Canada e Alaska. In tutte le regioni più remote collego alla bici una slitta caricata con il cibo e il carburante per utilizzare il fornello e sciogliere la neve per l'acqua, insomma tutto quello che mi serve per sopravvivere”. .
Omar racconta che queste sue passioni (bici e ambiente) aprono riflessioni sempre più pressanti sul suo e sul nostro stile di vita.
“Ci siamo abituati ad accendere i termosifoni o i condizionatori appena fa un po’ freddo o un po’caldo, a sprecare acqua e cibo:
abbiamo una soglia di sopportazione molto, molto bassa e in questa ricerca di iper-comodità stiamo abusando del mondo. Le nostre
società devono ritrovare un contatto con la natura e riflettere anzitutto su come avere uno sviluppo diverso”.
Riflessioni ancora più pressanti in queste settimane che stanno sconvolgendo il mondo e disegnano anche uno scenario di crisi
energetica. La domanda è obbligatoria. “Come sto vivendo la guerra da qui? Sono partito a fine gennaio quando ancora non c'erano
avvisaglie precise. A un certo punto ho sentito il clima farsi teso. Il 12 febbraio pedalavo a venti chilometri dal confine tra Russia
e Finlandia: sono stato bloccato dalla polizia russa, super controllato e ho vissuto dodici ore non bellissime.
Quindi mi hanno portato alla frontiera facendomi capire che dovevo uscire assolutamente.
Passato il confine ho capito il perché: si stavano preparando”.
© Tutti i diritti riservati