Paesaggi cubani e finestre
Io ho viaggiato pochissimo. E questo ormai forse si sa.
Nel senso che non sono andato lontanissimo né ho avuto esperienze di viaggio particolari.
Ma con la musica e con gli incontri favoriti da essa sono andato dovunque ed è così che nasce questa rubrica.
Uno dei viaggi più affascinanti che abbia fatto lo devo al compositore cubano Leo Brouwer (1939), alla sua conoscenza diretta, anche, ma soprattutto ad alcune sue opere dedicate ad altrettanti paisajes, da lui definiti cubani, che non sono necessariamente panorami naturali o urbani in senso stretto ma anche esperienze emotive dell’essere umano o il modo in cui questi, attraverso la propria cultura, li modella, trasforma e ricrea.
La finestra che mi ha consentito di affacciarmi definitivamente su questo mondo è un’illustrazione di Adriana Tessier, il cui segno grafico è ormai familiare sulle pagine di foglieviaggi ma che in questo caso affonda le radici nel suo essere tra i musicisti più attenti all’opera di Brouwer nonché dedicataria del suo Paisaje cubano con fiesta, brano descrittivo di quel complesso di emozioni, quali il senso di stupore, di sorpresa e di scoperta, che provano i bambini in ogni esperienza nuova e che qui si esprimono con la magia dei suoni armonici, dell’accordatura inusuale e di una vivace poliritmia.
In questo disegno “di segni” campeggia un Brouwer serenamente compiaciuto, ma colpisce soprattutto lo spazio che, isolando una tranche de vie cubana sospesa tra reale e surreale, è organizzato come una sorta di rappresentazione alla Velasquez dei nostri giorni, in cui personaggi, simboli e sentimenti ci guardano, si rimandano, si citano, si fanno sentire, possono ancora permettersi di esprimere, come un “bambino”, sia le parole che le cose o nessuna delle due.
E così, tra scorci paesaggistici e dettagli occhieggianti, i più attenti scoveranno il Paisaje cubano con tristeza, l’onomatopeico Paisaje cubano con lluvia, un tamburo che scandisce il Paisaje cubano con rumba a cui rispondono le enigmatiche campane del Paisaje cubano con campanas, che nulla hanno di oleografico ma anzi rintoccano le oscillazioni dell’esistenza umana… E, ancora, riferimenti al mondo culturale e concettuale di Brouwer, alla natura, alla storia e alla cultura della sua Cuba, alla semplicità di un caffè, esso stesso emblema di un particolare approccio all’esistenza.
Una rappresentazione metaforica dei paesaggi brouweriani, insomma, che, lungi dal volerne essere un’interpretazione, ne ripropone invece il messaggio concettuale.
Segno del “segno” il sorriso che ci accoglie,un invito ad aprire e ad affacciarsi alle finestre della vita per osservare e vivere i paisajes che questa ci presenta in tutta la loro ricchezza.
Non sono andato a Cuba ma ho viaggiato nella suggestione di un suo figlio che con la sua musica ha rivelato una cultura troppo spesso nascosta dall’esotismo commerciale e l’ha sublimata in un linguaggio universale.
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