LA POLPETTA
E IL SUO AUTORE
UN RACCONTO
DEL 1400
La prima volta che viene citata risale al 1400 ed è suggerita nel ricettario del Maestro Martino de Rossi, pioniere della gastronomia, autore di un prezioso manoscritto ora in via di restauro a Riva del Garda. È la parola ‘polpetta’ - e il modo per cucinarla. Elaborazione scritta nel ‘Libro de cosina’, opera rinascimentale, prezioso sussidiario con ben 287 ricette, minuziosamente elencate.
Non si hanno notizie di come il tomo sia giunto sul Garda, solo misteri e supposizioni. Manoscritto comunque prezioso, indispensabile per capire l’evoluzione del ‘mangiar bene’. Redatto da un cuoco considerato l’artefice di una vera e propria svolta culturale nell’arte della gastronomia, vissuto nel pieno Quattrocento. A lui viene riconosciuto il merito di aver cambiato il modo di intendere la cucina, e, alla sua opera quello di rappresentare lo ‘spartiacque’ tra la gastronomia medievale e quella moderna.
Oltre al caso rivano, sono solo quattro gli esemplari giunti fino ai giorni nostri identificati come ricettari manoscritti del cuoco Maestro Martino: due custoditi da biblioteche americane, uno nel Vaticato Urbinate, e l’altro esemplare su pergamena, riccamente decorato, archiviato da un collezionista privato, tuttora anonimo.
In considerazione del valore e dell’unicità del reperto la Biblioteca civica di Riva è stata di recente contattata dalla casa editrice Novacartha di Venezia, che pubblicherà un facsimile del manoscritto. Operazione editoriale e di educazione sensoriale, per diffondere la cultura del cibo, capirne l’evoluzione, temi da discutere nelle scuole alberghiere, pure nei ricettari ‘in divenire’.
Maestro Martino dunque è stato il primo a coniare la parola ‘polpetta’ - e indicare la preparazione gastronomica di questo inconfondibile alimento, sempre d’attualità. Tonde, golose, sincere e molto intriganti nella loro sfericità. Impossibile non amare le care polpette, care perché sono buone, perché sono una carezza sull’anima e un massaggio sulla pancia vuota, care perché ricicli quello che hai in frigo e ti senti migliore.
Preparate in tanti modi, di carne, di pesce, vegetariane, servite in scodelle, in ciotole o piatti variopinti che trasformano le polpette in una gioia. E poi le polpette le mangiamo anche con le mani, no? Le rubiamo dalla cucina mentre qualcuno le sta preparando, le gustiamo con l’aperitivo oppure come secondo piatto, le amiamo perché c’è sempre una polpetta nella nostra infanzia. E mangiare con le mani fa tornare ai sapori della nostra vita da bambini, spontanei.
Polpette è nome legato a ‘pulpa’, palpare, manipolare. Un palpitare per ‘far prender forma’, per trasformare l’amalgama in una leccornia gastronomica. Sconfinando in un parallelo con la musica, diremo che dimostrano tutta la loro singolarità. Proprio come quella di Mozart, facile per i bambini, ma troppo difficile per i musici. Polpette in un certo senso… troppo facili per i neofiti, impegnative - se non difficili - per gli chef.
Preparazione antica e pure Cenerentola di ogni tipo di elaborazione culinaria. Sfruttare ingredienti finemente sminuzzati è però arte sublime, che poco lascia spazio all’improvvisazione. Ecco perché le polpette sono un baluardo di tradizione e insieme sperimentazione. Proprio nel rispetto dei dettami elencati nel manoscritto ora in via di pubblicazione. Per valorizzare un cibo popolare e renderlo comunque identitario. Come le polpette ‘consigliate’ dal Maestro de Rossi.
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