Dimenticate - o cercate di farlo - il soffice botto del tappo di sughero che esce dal collo della bottiglia di vino: il futuro punta sul tecnologico ‘skic’: è il lieve rumore che provoca l’apertura di una bottiglia chiusa con speciali capsule d’alluminio, avvitate sul collo del contenitore, appositamente predisposto in fase di fusione del vetro. Non un vero e proprio rumore, ma fruscio che cresce in sonorità, al punto che presto sarà una fragorosa - quanto innovativa - rivoluzione rimbombante. A difesa del vino, sicuramente di quello contenuto nelle bottiglie tappate a vite, con capsule che all’apertura fanno proprio ‘skic’. Vinitaly ha ulteriormente riproposto la questione degli Svitati, ovvero 5 perspicaci vignaioli, primi in Italia a tappare le bottiglie dei loro vini esclusivamente con le capsule in alluminio. I riscontri sono stati eclatanti. Al team dei 5 svitati - Walter Massa, Silvio Jermann, Mario Pojer dell’azienda Pojer&Sandri, Graziano Prà e Luisa Manna, moglie dell’indomito precursore del tappo a vite in Italia, il compianto, l’indimenticabile Franz Haas - si sono aggregati alcuni autorevoli produttori, piemontesi, marchigiani, siciliani e tanti altri che abbandonano il sughero per l’alluminio. Entrano negli Svitati personaggi del calibro di Sergio Germano, barolista, coivolgendo alcuni protagonisti dell’alta enologia italiana, Andrea Felici che rappresenta il mondo del Verdicchio, Alessio Planeta, esponente della Sicilia più autorevole, mentre è in via di definizione il rapporto con alcune grosse cantine sociali, quella di Tortona e una dell’Alto Adige.
Ma una miriade di cantine sono pronte a optare per la vite. Espansione parzialmente frenata da qualche disciplinare della DOC, con nomi che obbligano a tappare rigorosamente con sughero. Prestissimo troveremo bottiglie chiuse rigorosamente con tappi a vite, per una similitudine che lega la vite - pianta paragonabile ad una liana che s’avvita, si torce ai pali di sostegno, che appunto s’avvita per natura - a queste capsule a spirale moderne quanto sicure. Per diversi motivi. Anzitutto perché sono in grado di preservare il vino da facili ossidazioni (non alterano il colore, neppure la fragranza) mentre si confermano di facile apertura, simpatiche nella loro veste colorata e soprattutto ecosostenibili. L’alluminio è totalmente riciclabile, al contrario del sughero. Il tappo a vite non imbalsama il vino, ma lo preserva da insidie. Non solo: spesso sprona a mirabili evoluzioni, rendendo il vino ancora più coinvolgente, proprio come l’aveva vinificato il vignaiolo. Scelto per imbottigliare prevalentemente vini bianchi, certo non mancano i rossi, in primis quelli di pronta beva. Ma approfondite analisi su vini tappati a vite già nei primi anni del Duemila dimostrano una tenuta eccezionale. Esaltando pure l’evoluzione stessa del vino.
Nelle bottiglie con questa chiusura, a distanza di anni, il vino dimostra un colore ancora brillante e presenta delle caratteristiche organolettiche ideali - ha ribadito Fulvio Mattivi, insigne docente scientifico della Fondazione Mach, tra i più rigorosi studiosi della fisica enologica -. Sia per i vini rossi che per quelli bianchi, in diverse degustazioni, le bottiglie con tappo a vite hanno sopportato l’invecchiamento al pari (se non meglio) dei medesimi vini tappati in simultanea nei due modi, sughero vs vite. Confrontando stesso vino e annata assaggiati nelle chiusure in sughero e a vite per un paragone a tutto tondo. Proprio come la spontaneità di questa tecnologia innovativa, scaturita già negli anni ’50 del secolo scorso in Borgogna e rifinita in Svizzera. Le chiusure a vite garantiscono, banalmente, una cosa: il vino non saprà mai di tappo! Poi conservano le qualità organolettiche del vino tanto ricercate e valorizzate dal lavoro in vigneto e in cantina. Grazie alle sue caratteristiche questa tipologia di tappo permette infatti una micro ossigenazione costante, preservando il vino e consentendo un’omogeneità qualitativa anche nel caso di vecchie annate, oltre ad una corretta evoluzione.
Adesso bisognerà affrontare anche certe norme burocratiche che impediscono l’uso delle capsule a vite per vini tutelati dalla DOC, specialmente per vini da esportare. E se molti consorzi (soprattutto bianchisti), mostrano una certa apertura, a fare le barricate in difesa del sughero sono i consorzi storici che tutelano i vini rossi di pregio come l’Amarone, il Brunello e il Chianti Classico. In sostanza oggi, a livello mondiale, su 10 bottiglie 4 impiegano questa soluzione. Escludendo i vini spumeggianti, il 22% del vino oggi venduto in Italia utilizza tappo a vite. Tappi ecosostenibili, soprattutto se comparati con le chiusure realizzate in stagno, essendo composti da un materiale che può essere riutilizzato all’infinito. “Da questo punto di vista, l’Italia rappresenta un’eccellenza poiché il 75% di tutto l’alluminio che viene prodotto è ancora in uso e viene impiegato in altre lavorazioni” - ribadiscono le aziende che producono queste chiusure. E ancora, nel dubbio dell’uso tappo raso o tappo a vite, non bisogna tralasciare le dosi di scetticismo ostentato da schiere di sommelier. Pure tra i ‘romantici’ che amano vedere - e udire - il fascinoso botto del tappo di sughero. Sperando comunque di garantire felici prosit.
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