CASA DOLCE CASA
DALLA DOMOTICA
AL CONDOMINIO
Per anni ci hanno raccontato che la domotica avrebbe cambiato le nostre esistenze trasformandoci la casa in un automa in grado di autoregolarsi e permetterci di fare tutto a distanza. Un sogno realizzabile a caro prezzo però: sventramenti di strade urbane per la posa di cavi e fibre, opere murarie imponenti nelle case per raccordare tutto, cambiamento totale dell’impianto elettrico domestico compresi tutti i punti luce, potenziamento del contatore e acquisto di costosissime apparecchiature. Poi sono arrivati il cellulare, internet, il wi-fi, le app e le nostre case sono diventate domotiche all’istante con costi minimi e nessun muratore in giro.
Ci hanno anche detto che le nostre case borghesi, con la loro distribuzione classica – ingresso, corridoio e stanze, al massimo suddivisa in zona giorno e zona notte – non hanno più senso. Lo spazio ora si fa aperto e flessibile, ci hanno spiegato: cucine affacciate su grandi zone giorno dove tavolo, divano, zona tv, angolo studio stanno tutti insieme; bagni con accesso direttamente dalle camere dove però accanto al letto trova spazio la vasca. Poi è arrivata la pandemia a costringere intere famiglie in casa a lavorare, studiare, mangiare, intrattenersi… e abbiamo sognato tutti di avere ancora una cucina, una sala, camere, camerette, pure un tinello e un ripostiglio, tutti rigorosamente separati e chiusi da porte.
L’esercizio di immaginazione sulla casa del futuro è affascinante, difficilmente ci si prende ma è un gioco a cui pochi riescono a sottrarsi. Negli ultimi anni ha impegnato tantissimo costruttori, immobiliaristi e architetti che lo hanno trasformato in uno strumento di comunicazione prezioso per promuovere gli acquisti nei momenti più difficili del mercato edilizio o per alzare ulteriormente i prezzi nei periodi buoni. Salvo poi fare rapidi passi indietro o di lato perché il mercato non si dimostrava pronto. Soprattutto con le case avveniristiche delle archistar. Davanti ad ampie superfici senza partizioni, doppie altezze e pareti sinuose, è capitato spesso di sentire potenziali clienti chiedere “E dove lo metto l’armadio?”. Per non parlare dello stupore sulle facce dei visitatori di appartamenti super sostenibili davanti a grandiose vetrate e incredibili affacci non apribili, se non in minime porzioni, per ragioni di termoregolazione e risparmio energetico.
Nonostante tutto si va avanti. Il futuro intriga. Si inventano slogan sull’argomento: A Milano, “Cascina Merlata, il futuro abita qui”, a Grotta Perfetta, Roma, “L’eccellenza abitativa diventa smart”; a Bologna, “In via Terracini costruiamo il futuro insieme”. Si studiano anche nuove strategie di comunicazione, come quella per il quartiere CityLife di Milano, ora affidata a Spencer & Lewis. Una volta semplice residenza di lusso con un grande parco nel cuore della città, oggi al centro di “Un percorso trasversale che punta all’incremento della awareness e all’ottimizzazione dei rapporti con tutti gli stakeholder coinvolti nel progetto, oltre che con il pubblico e con la comunità, per posizionare il quartiere come un autentico laboratorio in tema di innovazione e smart cities, al fine di costruire un modello di primo piano a livello nazionale e internazionale”.
Si fanno anche ricerche e studi. Soprattutto dopo l’emergenza pandemica, gli operatori vogliono sapere come è cambiato il mercato, cosa desidera chi cerca casa. La divisione italiana di Pictet Asset Management, uno dei maggiori gestori finanziari indipendenti in Europa, spiega che “proprio a causa delle mutate abitudini lavorative, le richieste di chi vuole comprare la prima casa sono chiare: case più confortevoli e ampie, possibilmente con balcone, terrazzo o giardino. Perché il lavoro da casa non poteva non avere un certo impatto sullo spazio che viviamo ogni giorno. Per le nuove generazioni poi, sarebbe meglio se le case fossero sostenibili e dotate di impianti di domotica”. Passata la pandemia, alla fine del 2021, Scenari Immobiliari e Abitare Co. hanno presentato la ricerca “La nostra casa e la domanda del futuro” in cui si spiega: “Ciò che ha differenziato la domanda del 2020 e 2021, e che caratterizzerà il medio periodo, rispetto a quella espressa fino alla fine del 2019, è l’ambito di appagamento del bisogno con un deciso impatto sul modo di vivere gli spazi abitativi”.
L’analisi evidenzia il valore aggiunto che i servizi, ottenuti con l’implementazione della tecnologia, potranno portare in un processo di lungo periodo che segnerà il passaggio “dalla casa con servizi ai servizi con la casa”. Insomma, la nuova frontiera sarà nei servizi condominiali che “diventeranno gli elementi distintivi dell’edificio, dovranno occupare spazi adeguatamente progettati e dovranno essere distribuiti all’interno del compendio immobiliare in modo da appagare le esigenze che la domanda non riesce a soddisfare nello spazio privato della casa”.
Un po’ sul modello dei grandi condomini di lusso che si trovano a Londra o New York, ma ormai anche in diverse città italiane, nei nuovi edifici residenziali avremo servizi come smart concierge, area fitness, centro benessere, shopping online storage, video sorveglianza, area smart working, sale riunioni, spazio bambini, parcheggi multipiano e tutto quello che negli appartamenti non ci può stare.
Chissà se anche questa previsione sarà smentita dai fatti. E soprattutto chissà se riuscirà a reggere la forza devastatrice delle assemblee di condominio. Nel dubbio è bene sapere che per le cause relative alla misura e alle modalità d’uso dei servizi condominiali è competente il giudice di pace.