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18 aprile, 2023

SALONE DEL MOBILE
BELLO SÌ.
MA INTERESSANTE?

di Silvia Botti
(foto Andrea Mariani)

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Una strana atmosfera segna l’inizio della settimana del design milanese. Il ritorno del Salone del Mobile alla formula tradizionale, dopo le assenze e gli esperimenti del periodo pandemico, non sembra bastare a far sì che tutto si presenti come prima. Siamo ad aprile, nella grande struttura di Fieramilano a Rho apre il Salone e in città sono cominciate da giorni le anteprime del Fuorisalone. Eppure qualcosa non torna.


Innanzitutto il Salone è grande la metà, occupa solo uno dei due piani dei padiglioni normalmente utilizzati e sembra puntare sui contenuti più che sui prodotti. L’appuntamento fieristico dedicato al mobile e alla filiera dell’arredamento più importante del mondo quest’anno è stato così presentato dai suoi organizzatori: “Salone del Mobile.Milano 2023: verso una nuova tassonomia dell’evento fieristico”. E nel comunicato stampa hanno precisato che “la Manifestazione milanese, punto di riferimento internazionale per il settore dell’arredo e del progetto, si riappropria della consueta posizione nel calendario ma immagina un format e un contenuto culturale multidisciplinare completamente nuovi per Euroluce e sceglie di progettare l’edizione 2023 su un unico livello espositivo. È così che si fa onda d’urto e si apre la via al nuovo design dell’evento fieristico”.


È vero che da sempre la presenza di Euroluce, la fiera biennale dedicata al mondo dell’illuminazione, rende il Salone meno pop e più ricercato di quanto non succeda negli anni in cui la biennale è dedicata alla cucina, evento molto atteso anche dal grande pubblico. Ma un Salone che annuncia “contenuti interdisciplinari ed esperienziali, che spazieranno dall’architettura all’arte con mostre, talk, workshop, installazioni site-specific” è una novità.


Il Fuorisalone invece prosegue nella sua implacabile diffusione invadendo l’intera città e l’area metropolitana fino alla Brianza, patria di molte aziende di settore, allargando il complesso dei propri attori, coinvolgendo aziende extrasettore (auto e moda soprattutto), università, scuole, rappresentanze ufficiali di paesi stranieri, istituzioni culturali ed editoriali, realtà commerciali locali, ma attirando anche le stesse aziende della filiera dell’arredamento.



Si direbbe che siano cambiate le regole del gioco. O perlomeno i ruoli. Da tempo si andava stemperando la differenza tra i due protagonisti in campo: da una parte il Salone, inteso come la grande fiera dedicata al prodotto, dall’altra il Fuorisalone, l’evento diffuso nella città dedicato alla ricerca e alla sperimentazione; ovvero, da una parte l’istituzione, dall’altra i laboratori creativi. In origine il Salone si presentava come la casa delle aziende di settore e il palcoscenico dove mostrare il meglio della produzione e tutte le novità, mentre nel Fuorisalone si collocavano le aziende più creative, i designer indipendenti e il mondo della ricerca progettuale.


Il Salone si svolgeva alla Fiera di Milano e il Fuorisalone in città, soprattutto nel primo distretto del design milanese, la zona di via Tortona ricca anche di spazi enormi ricavati dalla dismissione degli stabilimenti industriali di Porta Genova. In certi anni è prevalsa la rivalità tra le due realtà, in altri la collaborazione, ultimamente si è profilata una condizione di complementarietà di cui ognuno era libero di approfittare in base alle proprie necessità. Sempre più aziende di settore hanno cominciato a scegliere dove stare, spesso percorrendo la strada della doppia presenza affiancando allo stand in fiera il proprio showroom in città o magari un’installazione in qualche luogo particolare.



Ad accelerare il fenomeno è arrivata l’emergenza Covid. La sospensione della fiera nel 2020 e l’edizione ridotta del 2021 hanno fatto scattare molti piani B. Alcune aziende hanno scoperto che l’investimento necessario ad affrontare un solo Salone bastava per affittare uno show-room in zona strategica con un classico contratto 6+6, ristrutturazione e allestimento compresi. Altre hanno deciso di investire sui propri show-room già attivi, ristrutturandoli completamente anche in funzione della grande esposizione di aprile. Altre ancora hanno scelto di partecipare ai diversi eventi collettivi che da anni vengono proposti nel Fuorisalone.


Difficile sostenere che il Fuorisalone abbia prevalso sul Salone. I due eventi si sono semmai contaminati. La Fiera ha modificato la sua identità strettamente commerciale e il Fuorisalone ha perso gran parte della sua carica creativa e irriverente. I due eventi ora sembrano giocare alla pari e appaiono perfettamente interscambiabili. Il Salone si comporta come un distretto del Fuorisalone, proponendo talk, installazioni, performance, mostre e il Fuorisalone tratta il Salone come una delle tante location in città e nell’area metropolitana di Milano.




Colpisce quanto ormai si assomiglino anche le strategie di comunicazione, promozione e animazione di entrambi. Il Salone rinuncia al linguaggio istituzionale e si avventura nelle modalità del Fuorisalone: molto uso dei social, newsletter periodiche che svelano notizie ed eventi man mano che ci si avvicina all’appuntamento di aprile, sito molto ricco e aggiornato costantemente. In entrambi i casi si lavora con gruppi di partner selezionati che non svolgono il ruolo di semplici sponsor, ma coprogettano la manifestazione. Si istituiscono premi e giurie di esperti per valorizzare talenti, aziende, progetti e prodotti.


Ma quest’anno si fa anche di più: “Una nuova, quanto attesa, collaborazione tra Salone del Mobile.Milano e Fuorisalone. Quest’anno Salone del Mobile.Milano non è solo in fiera. Grazie alla collaborazione con Fuorisalone.it per la prima volta presentiamo gli eventi in città delle aziende espositrici durante la settimana del Salone. Per noi è un modo per valorizzare la connessione profonda che da sempre abbiamo con la città di Milano e con le aziende che da anni alimentato la macchina del Salone”.


In generale è venuta progressivamente a mancare ogni forma di gerarchia interna. Non solo tra Salone e Fuorisalone, ma anche tra i vari distretti del design presenti in città, tra le istituzioni culturali e le realtà commerciali. A Milano la design week è un grande magma che pervade l’intera città senza alcuna forma di controllo. Ma l’energia creativa e generativa della città di Milano, che ha reso il Salone del Mobile un caso unico nel mondo e un format ammirato, invidiato e sempre più spesso imitato da altre istituzioni fieristiche a livello nazionale e internazionale, rischia davvero di soffocare sotto il peso delle sue ormai enormi dimensioni come molti paventano?


O forse in un mondo che cambia rapidamente e in un settore, quello fieristico, sempre più sotto pressione e in difficoltà, il mondo del design sta cercando nuove strade per mettersi in scena? La situazione che si è creata a Milano potrebbe essere intesa come un nuovo format. Ovvero come una manifestazione di settore non più contenuta in una struttura fieristica, ma diffusa in una città che sull’argomento ha molto da dire e rappresenta un nodo strategico della rete mondiale del design. Un visitatore può scoprire la sintesi delle novità di prodotto in fiera, ma vivere anche l’esperienza della rete commerciale dei vari marchi attraverso gli show-room sparsi per la città, conoscere la storia e le capacità delle aziende con visite nei loro stabilimenti o nei loro musei, esplorare le innovazioni progettuali e la cultura del settore partecipando alle iniziative diffuse in città o visitando mostre e musei, ma anche studi di architettura, design, grafica o laboratori artigianali.



Il problema è come si governa tutto questo. Come si può evitare che tra le migliaia di opportunità offerte ai visitatori alla fine risultino visibili o desiderabili soltanto quelle di chi può investire molti soldi per allestimenti notevoli e comunicazione. Come si favoriscono la promozione della creatività, la scoperta di talenti e la circolazione di nuove idee piuttosto che le strategie commerciali di marchi consolidati e poco inclini a investire sul futuro. Come si evita insomma di apparire belli ma poco interessanti: una condizione molto distante dal concetto di design, un crinale pericoloso su cui la design week milanese si sta avventurando da alcuni anni.











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