SUNNY CHE COMBATTE ASSASSINI E FANTASMI
LA FRASE – “Arriva sempre il momento in cui cacciatore e preda sono una cosa sola”
Sonja Becker, che amici e colleghi chiamano Sunny, è una giovane commissaria della polizia investigativa di Magdeburgo. Il suo carattere forte e determinato è minato da incubi che continuano a ripresentarsi. Nessuno lo sa, ma di recente è stata stuprata da un uomo che non ha potuto vedere in faccia perché mascherato.
Per cercare di superare il trauma, si è presa sei settimane di malattia. Al suo ritorno al lavoro dovrà fare i conti con un ambiente poco amichevole, con l’ansia di identificare il suo stupratore e, soprattutto, con un brutale assassino di donne fuggito in modo spettacolare dalla clinica psichiatrica in cui era stato rinchiuso.
Racconto pieno di sorprese, questo “Faster than fear” declinato in sei puntate su RaiPlay. Colpi di scena centellinati da una buona regia e affrontati dalla protagonista con la dovuta credibilità. Il ritmo non va mai sopra le righe, ma neppure sotto: il tono è medio, sempre giocato sulla consapevolezza, regalata allo spettatore, che prima o poi Sunny riuscirà nella sua complicata impresa.
La regia di Florian Baxmeyer mantiene i tre fronti aperti dall’inizio alla fine. L’odiosa diffidenza nei suoi confronti costringerà Sunny, per ordini superiori, a sottoporsi all’esame di una psicoterapeuta non del tutto trasparente. L’ansia di identificare il suo stupratore la porterà a inimicarsi anche i colleghi, dal momento che i suoi sospetti saranno indirizzati all’interno della squadra di poliziotti.
L’impegno più grosso, però, sarà nella caccia all’uomo. Perché dovrà fronteggiare sia l’ottusità dei superiori, sia l’abilità del fuggitivo nel far perdere le proprie tracce. Si scoprirà, grazie a lei e al suo intuito, che il pluriomicida è stato agevolato nella fuga da persone interne al sistema giudiziario. Una volta catturato, l’uomo comincerà un sadico confronto con la sua inseguitrice. Scopriranno di avere una certa sintonia nel comunicare. Ma Sunny riuscirà a essere più lucida del suo contendente.
La stessa lucidità consentirà alla giovane poliziotta di venire a capo dell’altro suo problema: l’identificazione del suo stupratore. Che arriverà proprio alla fine dell’ultima puntata. Come si conviene a una buona serie, che tiene fede alle caratteristiche peculiari di genere: thriller, poliziesco, drammatico. Friederike Becht ha la faccia giusta per reggere il ruolo da protagonista. L’ambiguo Felix Klare, con tutti quei tatuaggi, è il suo azzeccato antagonista.