Anche in riva all’Arno si va affermando la cultura della vigna in città, di ascendenza francese: Vigna Michelangelo, dell'azienda Donne Fittipaldi di Bolgheri (Livorno), è stata invitata a far parte dell’U.V.A. - Urban Vineyards Association - che raggruppa, fra le altre, vigne cittadine a Torino, Milano, Venezia, Siena, Catania e all’estero Vienna, Parigi, New York. Il prossimo 27 ottobre sarà la prima Giornata Mondiale del Vigneto Urbano, un’occasione per diffondere la cultura e il simbolismo di questo tipo di imprese.
Nel marzo scorso Maria Fittipaldi Menarini, titolare dell’azienda con le figlie Carlotta, Giulia, Serena e Valentina, ha piantato 700 barbatelle con il nome degli invitati all’inaugurazione. È nato così a Firenze il primo vigneto urbano, progetto tutto al femminile e all'insegna della sostenibilità ambientale e didattico-culturale: la vigna è infatti storicamente connaturata alla campagna toscana e non solo dal punto di vista paesaggistico. Sulla collina di piazzale Michelangelo, dalla parte di San Niccolò, di là d’Arno, i primi filari - quasi duemila metri quadri di viti in simbiosi con gli ulivi - daranno i primi frutti per la vinificazione nel 2027. Per quella data tra l’altro gli ospiti della cerimonia di inaugurazione riceveranno una bottiglia omaggio con il proprio nome.
Il senso del progetto è la ricerca di identità che lega la vite alla vita e al territorio locale; i vitigni scelti sono infatti in primis il tipico Sangiovese e altri locali e già noti ai tempi di Michelangelo, come l'Abrostine o il Canaiolo nero. E proprio a Michelangelo è dedicato il tutto, un’associazione di idee nata spontaneamente con l’artista che aveva acquistato una tenuta in Chianti, vicina alla torre Nectar Dei, poi diventata Fattoria Nittardi. Il vigneto si trova sulla collina che sovrasta l’Arno con una vista che spazia dalla cupola del Brunelleschi ai colli di Fiesole, adiacente al giardino dell’Iris dove è conservato il germoplasma del genere Iris, simbolo di Firenze. E l’obiettivo più generale dal punto di vista vinicolo è proprio rigenerare varietà in estinzione della banca del germoplasma della Regione Toscana per iscrivere la vigna nell’elenco dei coltivatori custodi.
La famiglia Fittipaldi Menarini si è ispirata alle vigne urbane, soprattutto di tradizione francese come quella di Clos Montmartre a Parigi, ma anche a esempi sempre più numerosi in Italia, come la vigna di Leonardo a Milano, Villa della Regina a Torino o Tenuta Venissa sull'isola di Mazzorbo a Venezia: la vigna giardino avrà un’attenzione al sociale, dalla prima botte nel 2027 si ricaveranno circa 700 bottiglie da vendere sul mercato internazionale tramite aste con finalità benefiche di sostegno sociale.
Le vigne urbane rappresentano un fenomeno in crescita, a cominciare da Torino dov’è rinata la Vigna della Regina, sulla collina che di fronte alla Gran Madre e alla Mole. Il lavoro di reimpianto del vigneto è stato realizzato nel 2006 dall’Azienda Balbiano, avvalendosi della collaborazione dell’Università degli Studi di Torino, Facoltà di Agraria e del CNR Torino. L’annata 2009 ha segnato la prima vendemmia ufficiale con le prime storiche bottiglie del “Vigna della Regina” 2009, il primo vino urbano DOC del mondo. A Milano la Vigna di Leonardo, ricordo della vigna che nel 1498 Ludovico il Moro regalò al genio di Vinci e situata in Santa Maria delle Grazie, è stata di recente ristrutturata con la consulenza del Professor Attilio Scienza. La Malvasia di Milano, Anno I - è stata imbottigliata in esclusivi 330 Decanter ispirati al disegno di Leonardo da Vinci presente al folio 12.690 del manoscritto Codice Windsor e realizzati da Alberto Alessi nella sua azienda vinicola Cascina Eugenia. I Decanter sono progressivamente numerati e sigillati con timbro di garanzia e ceralacca. Alla fine del 2022 la Casa Atellani, sede della Vigna di Leonardo, è stata acquistata da Bernard Arnoux, l’uomo più ricco del mondo proprietario del Gruppo LVMH, ed è chiusa al pubblico dall’ottobre 2023 in attesa di un ulteriore restauro.
A Venezia ci sono realtà importanti, come quella della vigna murata o “Clos” Venissa di Bisol a Mazzorbo, che produce 3000 bottiglie per anno di un bianco a base di Dorona, oppure quella della vigna dei frati di San Francesco della Vigna, curata dal Gruppo Santa Margherita, e ancora una serie di vigneti curati dall’Associazione “La Laguna nel Bicchiere” (le vigne ritrovate). È stata Siena a lanciare il progetto Senarum Vinea per il riconoscimento e valorizzazione del patrimonio viticolo autoctono e delle forme storiche di coltivazione nella città murata. Il progetto prevede l’impianto di vitigni antichi come il Gorgottesco, il Tenerone, il Rossone accanto a Prugnolo gentile, Occhio di pernice, Procanico. Ed è proprio a Siena che nasce la Urban Vineyards Association con la collaborazione di Paolo Corbini dell’Associazione Nazionale Città del Vino. Urban Vineyards Association ha come motto “La bellezza sostenibile salverà il mondo” e come scopo “tutelare il patrimonio rurale, storico e paesaggistico rappresentato dalle vigne urbane”.
A Roma ci sono due progetti in fase avanzata che prevedono la rinascita di una piccola vigna a Trinità dei Monti, mentre un’altra dovrebbe essere impiantata nel parco del Colosseo con varietà autoctone “romane”. Di notevole interesse storico, artistico e paesaggistico è poi il reimpianto della Vigna del Re nella Reggia di Caserta che fu dei Borbone. Ferdinando di Borbone fece piantare 5 ettari nella Real Tenuta delle “Reali Delizie” ed era orgoglioso dei suoi vini, un Pallagrello rosso e un Pallagrello bianco, sempre presenti nei banchetti ufficiali. Oggi la Tenuta Fontana ha reimpiantato una superficie di 1,2 ettari con lo stesso vitigno e l’agronomo incaricato è lo stesso Stefano Bartolomei che sta curando la Vigna Michelangiolo di Firenze. Vigna San Martino a Napoli si estende invece per ben 7 ettari ai piedi della famosa certosa. Dichiarata Monumento Nazionale nel 2010, è attiva fin dal medioevo grazie ai monaci. Si producono vini bianchi a base di Catalanesca e Falanghina e rossi da Aglianico, Piedirosso e Sciascinoso. A Pompei sono stati impiantati vari vigneti di Per’e palummo e di Sciascinoso sparsi tra il Foro Boario e l’Orto dei Fuggiaschi, tutti su suoli vulcanici a tessitura sabbiosa. Viene prodotto il Villa dei Misteri, Rosso Pompeiano IGT curato dalla azienda Mastroberadino. A Palermo con la Vigna del Gallo, a Catania con la Etna Urban Winery.
All’estero, troviamo a Vienna una vigna interna all’Orangeria del Castello di Schönbrunn, in passato appartenuta agli Asburgo: produce 500 bottiglie, vendute esclusivamente all’asta, di un Wiener Gemischter Satz, tradizionale metodo di vinificazione delle colline viennesi a vitigni misti, diventato di recente presidio SlowFood. Non esiste un appassionato di vino che, in visita a Parigi, non sia salito alla Butte di Montmartre per vedere, magari dalle fessure di un muro di cinta, la storica vigna conosciuta come “le Clos Montmartre”. La storia del “Clos” è antichissima, e ha molto a che vedere con i cambiamenti climatici. Nel XVII secolo i vigneti si estendevano molto più a nord di Parigi ed era normale trovare vigne nel cuore di Parigi e di molte altre città del nord. Poi, oltre al cambiamento del clima, abbiamo assistito, specialmente dopo la seconda guerra mondiale, all’urbanizzazione delle città e all’abbandono delle campagne, e quindi anche delle vigne, durante gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso. “Le Clos Montmartre” ha resistito a tutto questo, forse anche grazie alla fama conseguita ai tempi degli artisti come Aristide Bruant e come Toulouse-Lautrec che lo ritrasse, tutti grandi frequentatori delle taverne e dei cabaret di Montmartre. Intorno al 1930 l’occhio sgraffigno degli speculatori si era posato sulla Butte, ma fortunatamente un gruppo di persone reimpiantò antichi vitigni, dal Gamay al Pinot Noir, dal Seibel Couderc al Seyve e ai Villard e oggi quel campo conta su 1.800 piante di proprietà della Ville de Paris affidate alla cura di un enologo. Il risultato sono circa 500 litri di vino, in pratica due barrique, imbottigliate in bottiglie da 50cc e vendute ogni anno all’asta in occasione della tradizionale Fête des Vendanges.
Altri esempi li troviamo a Lione con il Clos des Canuts, ad Avignone con il Clos du Palais des Papes, elencato come patrimonio mondiale dell’UNESCO, ma la più eclatante e ardimentosa iniziativa ha origine dalle avveniristiche idee di Devin Shomaker con il progetto Rooftop Reds. Siamo a New York, più precisamente nel Brooklyn Navy Yard. Devin, studi in marketing, ha un’esperienza in viticoltura e tecnologia del vino conseguita al Finger Lakes Community College. Decide, nel 2016, di realizzare la propria vigna, o meglio il proprio sistema di fioriere, sull’attico di un grattacielo. Si tratta di 42 fioriere su circa 1.400mq di tetto per una produzione annuale di 200-300 bottiglie. Inutile dire che le visite degli appassionati e le degustazioni sono in continuo sold-out nonostante i prezzi non proprio popolari. Il fenomeno della vigna urbana è in crescita e non è più soltanto un’idea nostalgica del tempo andato nei pensieri di qualche romantico appassionato di vini. Ora si può realizzare anche in città, con la prospettiva di contribuire a rendere di nuovo vivibile e salutare una parte del contesto urbano.
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