In occasione delle anteprime di CastelGiocondo abbiamo assaggiato l’annata 2020 di Brunello di Montalcino CastelGiocondo e il 2019 del Brunello di Montalcino CastelGiocondo Riserva Ripe al Convento, che non sono ancora in commercio. Accompagnati dal giovane enologo della tenuta, Davide Bozzon, abbiamo fatto una passeggiata nella storia di una realtà dal taglio sartoriale che ha scelto quasi unicamente la vocazione al Sangiovese e la predilezione per la valorizzazione del singolo vigneto.
CastelGiocondo è un toponimo di Montalcino, una località non una frazione, già riconosciuta nel Medioevo. I primi documenti relativi al vino risalgono al 1843, la cui produzione fu assaggiata in un concorso a Siena nel 1875. Ora il territorio comprende diverse denominazioni, dalla Doc Sant’Antimo al Moscadello al Rosso di Montalcino fino alla Docg del Brunello.
Il territorio della tenuta dei Marchesi Frescobaldi gode dei quattro elementi naturali, rispettivamente l’aria per la presenza del vento costante che la rende asciutta; l’acqua per la vicinanza del mare a circa 35 chilometri la cui influenza è forte, con l’esposizione sul versante sud ovest verso la Maremma che rende la zona ‘solare’ – con il fuoco della sua luce - oltre al fiume Ombrone nascosto dalla collina che protegge l’areale dall’umidità e all’Orcia che ne disegna i confini; e la terra rappresentata dal Monte Amiata, una sorta di frangi nuvole che offre protezione dalle perturbazioni, soprattutto quelle pericolose estive grandigene.
Fu il Marchese Vittorio che arrivò a CastelGiocondo nel 1972 come Direttore Tecnico quando il castello era in rovina e che ci ha creduto. L’area era in origine adibita a pascolo, olio e anche a vino ma in generale il territorio di Montalcino era povero finché i pionieri degli Anni Settanta non scommisero sulla vite approfittando della globalizzazione ed evoluzione dei trasporti che qui erano penalizzati, diversamente da tutte le grandi zone vinicole europee impiantate vicino ai fiumi, come lo stesso Chianti che beneficiava dell'Arno. Negli Anni Ottanta si assiste all’esplosione di Montalcino e oggi la tenuta dispone di 815 ettari di cui 235 vitati, relativamente pochi ma con il vantaggio della conservazione della biodiversità con i vigneti abbracciati dai boschi che mitigano il clima. Nel ’72 la tenuta faceva parte di una Società italo-francese che vedeva la partecipazione della famiglia Frescobaldi proprietaria poi dal 1989. Nel 1993 nasce il brand Luce che dal 2003 è di proprietà della famiglia. Oggi è un’unica grande azienda sebbene i vigneti, le cantine, gli enologi siano distinti.
La tenuta comprende tre grandi aree: quella delle argille; quella dei terreni principalmente sabbiosi dove il Sangiovese è più precoce e la zona del Galestro, scisto argilloso coltivato solo a Sangiovese, generalmente con la maturazione tardiva. Un fattore importante da considerare è che l’areale è molto vasto e presenta un dislivello tra i vari insediamenti di circa 250 metri. La scelta punta sul Sangiovese e per un 5% sul Merlot, ritenuto ideale per un certo terreno sul quale si produce il Lamaione, 100% Merlot, una IGT; mentre nei terreni di Luce è stato piantato il Cabernet. Il blend è una scelta circoscritta al Rosso di Montalcino (prodotto in circa 100mila bottiglie) mentre il Brunello (circa 350mila bottiglie) e il Brunello Riserva (tra le 15mila e le 20mila bottiglie) sono monovarietali.
Il focus della visita è sulla nuova annata del Brunello, che rivela l’identità del luogo perché è prodotto solo con uve locali esaltando il disciplinare delle uniche due denominazioni di Sangiovese, sulle 89 complessive, che prevede l’uso in purezza del vitigno, il Rosso e il Brunello di Montalcino.
L’attenzione al terroir è una caratteristica dell’azienda, che sceglie sistemi di allevamento diversi a seconda del vitigno e talora del vigneto. Il Merlot è tutto allevato con il cordone speronato doppio perché la pianta abbia maggior equilibrio a fronte della stessa carica vegetativa complessiva; mentre il Sangiovese a seconda dei suoli, con il Guyot classico con sperone rinnovato ogni anno o a cordone speronato.
La cantina, costruita tra il 1972 e il 1974, è esattamente al centro dell’azienda perché tutti i vigneti siano equidistanti e in venti minuti al massimo le uve raccolte la possano raggiungere. Interessante il livello sottoterra realizzato recentemente dall’architetto Pietro Sartogo che custodisce alcune opere d’arte e le bottiglie con le etichette che riproducono le opere degli artisti selezionati per il concorso che dal 2012 Frescobaldi ha indetto per sottolineare la vicinanza della famiglia con l’arte.
Il Sangiovese occupa dalle 4 alle 5 settimane per la raccolta e il primo che viene raccolto è destinato al Rosso di Montalcino, spigliato e fresco; quindi la seconda tranche è dedicata ai Brunello con una tempistica mai decisa a priori, perché dipende sia dal clima sia dai singoli vigneti. Una volta raccolte le uve sono diraspate con due tipi di selezione: una dimensionale con un primo passaggio che elimina “il piccolo” quindi un secondo che esclude tutto quello che è “più grande” e che poi è sottoposta a una pigiatura soffice; e una con selettore ottico che lavora sul singolo acino, selettore introdotto dal 2019 per garantire un’attenzione costante che l’occhio umano non può assicurare. L’operatore non è sostituito dalla macchina ma impiegato in una mansione diversa e più qualificata, quella di programmazione ad hoc dello strumento.
La sostenibilità sociale è uno dei criteri con cui l'azienda dichiara di muovere la produzione. Sono state avviate in tal senso le procedure di certificazione, mentre a fine 2023 è stata ‘lasciata’ quella biologica perché per Frescobaldi il must è la qualità del gusto e secondo la casa il cambiamento climatico non permette più di lavorare in un sistema biologico.
Le uve sono sottoposte a macerazione per un periodo da 15 a 40 giorni a seconda dell’annata e del vigneto, quindi con la svinatura il Merlot viene messo in barrique per la malolattica mentre il Sangiovese torna in acciaio. L’affinamento per il Rosso di Montalcino è di 6-8 mesi in botte grande mentre il Brunello passa il primo anno in barrique di rovere francese non nuova; il secondo e il terzo anno in botte di rovere di Slavonia di diversa dimensione, dagli 80 ai 180 ettolitri. La Riserva Ripe al Convento, per salvaguardare l’identità della singola vigna, è solo in botte grande di rovere per 36 mesi, francese o della Slavonia, a seconda che si voglia consentire maggiore o minore ossigenazione. Anche in questo caso la scelta può variare da lotto a lotto e secondo l’annata. Gradualmente si aumenta il volume della botte perché diminuisce l’apporto di ossigeno e quindi lo stress.
Per l’assemblaggio si usa il cemento, che mantiene costante la temperatura, vetrificato con resine epossidiche. Qui il vino sosta dai 4 ai 10 mesi, e qui il Brunello termina la sua corsa. Sosta per un minimo di 4 mesi, mentre la Riserva per un minimo di 6 mesi; quindi il primo si commercializza a partire dal quinto anno e il secondo dal sesto.
Il disciplinare consente prima di quella data il commercio per garantire l’arrivo del prodotto negli Stati Uniti entro il 31 dicembre e dal 1^ gennaio l’immissione al consumo, anche se poi la diffusione sul mercato arriva nel mese di marzo in modo significativo. Frescobaldi cerca di bilanciare l’export rispetto alla produzione destinata al consumo interno e anche nella ripartizione sul mercato internazionale con una presenza in circa 50 paesi, un ufficio a Bordeaux e la place de Bordeaux che ha l’esclusiva per la Cina.
In degustazione le anteprime del Brunello, cominciando dal Brunello 2021 e 2022: il primo presenta una grande freschezza che annuncia longevità - anche se l’estate è stata calda - e ancora una polpa di frutta, con tannini vivi; il secondo, maturato con un’annata più calda, ha note più scure, di frutti neri quali more e mirtilli, un sentore appena caramellato, avvolgente in bocca, più caldo, con meno spinta di freschezza, anche se più giovane. Il Brunello del 2020, annata a ciclo breve, si presenta intenso, abbastanza persistente, caldo, con note legnose, di ciliegia sotto spirito, buona consistenza, con sapidità apprezzabile. Il Brunello Riserva Ripe al Convento del 2019, definita dall’azienda un’annata classica, offre note polverose di cacao, una nota balsamica, tannicità importante e una sapidità meritevole di rilievo.
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