29 giugno 2023

VOCE D'ANGELO
COSÌ È RINATO
IL MITO TEBALDI

di VITTORIO TESTA




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Quel giorno Renata Tebaldi aveva assunto il tono profetico di una sensitiva, nell’assicurare al cronista l’arrivo al momento debito di un giustiziere che avrebbe spazzato via l’oblioso silenzio nel quale il mondo dei media l’aveva confinata. Era il 1981 quando un giovane Marco Vallora la intervistava per Panorama, sottolineando l’antipatico comportamento di giornali e tv negli ultimi anni di carriera e ancor più dopo il ritiro dalle scene, avvenuto nel 1976. Il Mito Tebaldi si era squagliato. La sua voce stupenda e la prodigiosa arte interpretativa non se le filava più nessun critico musicale. Ci si ricordava di lei solo in simbiosi con la Callas, le due leggendarie Dive rivali, sostenute da schiere di tifosi capaci di efferatezze, come il lancio di un mazzetto di rapanelli scambiati per roselline e raccolti con grato sorriso e tanto di inchini dalla miopissima Maria, scomparsa nel 1977. "La grande artista Maria", diceva la Tebaldi, "morta troppo presto e che ricordo ogni giorno nelle mie preghiere".



Ma com’era possibile mettere nel dimenticatoio un’artista del livello di Renata, il Mito Tebaldi? Lei, adorabile: "Mah! Forse è anche colpa mia, che non ho mai fatto nulla per assecondare questo mito, anzi, ho sempre cercato di frenare. Eppure io sono fiduciosa, penso che un giorno, forse quando io sarò morta, ci sarà una riparazione. Qualcuno farà in modo che mi si ricordi". Quel qualcuno, nel 2005, si rivelerà essere Giovanna Colombo, una svelta milanese diplomata all’Accademia di Brera, agente di artisti dello spettacolo, da Gazzelloni alla Mullova, da Askenazj alla Royal Orchestra: donna di poche parole e gran voglia di fare, sprigionante un’energia incomprimibile che, cosa incredibile per la mansione affidatale dai Tebaldiani d’alto lignaggio come Giannino Tenconi e Gioia Falk, non aveva mai sentito né visto la 'signorina Renata' cantare.



Incredibile, ma spiegabile con la misteriosa, invisibile ma certa regia postuma della "Voce d’angelo", che imponeva la scelta di una persona di lei totalmente immemore, e pertanto capace di emozionarsi nella quotidiana scoperta del meraviglioso mondo abitato dalla Dea del canto lirico. Dea di nascita marina, pesarese, in un contesto negativo e subito trasbordata in fasce, dalla madre langhiranese, nella pace dei verdi saliscendi ducali e poi a nutrirsi della scienza musicale della Parma di Toscanini. Compagna di corso al Conservatorio con Carlo Bergonzi, entrambi utenti pendolari delle autolinee parmensi: lei da e per Langhirano, lui un avantindietro da Vidalenzo di Polesine: Renata a respirare l’aria fina e salubre dei colli; Carlo a sudare nella zanzariera estiva dei sabbioni odoranti di anguilla per poi barbellare lungo il Po negli inverni siberiani. Lei diventerà la "Voce d’angelo", lui il più grande tenore verdiano del Novecento. Si vede che al registro sopranile fanno bene gli olezzi "prosciuttiferi" e a quello tenorile giova l’alternante supplizio di nebbia e afa.

"Dunque quel qualcuno ero io", ripete Giovanna Colombo, scherzando ma non troppo sul destino che in una mattina di gennaio la porta in piazzetta Guastalla, la Milano dei quartieri alti, dove teneva casa la Tebaldi, deceduta l’anno prima, assistita per cinquant’anni dalla Tina, volontaria factotum dedita alla 'signorina Renata' e sua erede universale.



"Rimasi sbalordita davanti al fascino, all’allure di quelle stanze colme di arredi e oggetti di buon gusto. Mi gettai nella folle impresa di creare un posto, un sito adatto a celebrare il ricordo di questa donna e artista stupenda". Siamo nel Museo Tebaldi, ricavato nelle Antiche Scuderie della Villa Pallavicino a Busseto, dopo una annosa peregrinazione dal Castello di Torrechiara al Palazzo del Governatore di Parma e infine approdato nel suggestivo luogo della Busseto rinascimentale, grazie al "battage" di Riccardo Muti e alla pronta sensibilità di Giovanna Gambazza, allora sindaco della capitale verdiana, capace di organizzare il fastoso Bicentenario verdiano del 2013. Giovanna Colombo ha preso casa a Busseto, e vive in e per questa oasi di bellezza, dove tutto è dedicato alla vita della leggendaria 'Voce d’angelo'.

Sessantacinque costumi di scena e altrettanti abiti da sera, da pomeriggio, da ricevimento. Cappelli e borsette. Gioielli e documenti, lettere e foulard, persino tutti i Menu dei viaggi in nave per le Americhe, unico mezzo di trasporto prima dell’avvento degli aerei quadrimotori. Organizzatrice di concerti, convegni e mostre fotografiche, la Colombo sta tentando di fare del Museo, in festa per il Centenario della nascita della Dea Renata, un punto di riferimento solido e vivace, un centro polivalente: il progetto è ambizioso e già pronto. Prevede, accanto al Museo, le aule di un’Accademia di canto, dotata di foresteria con trenta posti letto al piano superiore.



C’è poi il problema della grande e bellissima Villa Pallavicino. Con una sciagurata e compatta decisione comunale, nel 2012 venne concessa in uso per addirittura cinquant’anni, compresi persino il parco e il viale d’accesso, a una società che ne fece un sedicente fallimentare museo nazionale 'G.Verdi' ormai defunto. "Noi potremmo garantire di utilizzarlo al meglio", assicura la Colombo, "allestendo intorno alle sale di Renata un vero e proprio Museo del Melodramma. Abbiamo infatti la disponibilità di molti cantanti e quella degli eredi di famosi artisti per acquisire ed esporre i costumi delle stelle della Lirica: a cominciare dal grandissimo bussetano Carlo Bergonzi, e poi Luciano Pavarotti, grazie agli ottimi rapporti con la Fondazione modenese a lui dedicata". Insomma, una sfida dietro l’altra per questa signora Colombo dedita al fare, munita di mezzi autonomi: "Gli enti pubblici non hanno mai dovuto spendere un euro", proclama orgogliosa e battagliera: "Ogni cosa, ogni iniziativa è coperta dalla Fondazione e dal Comitato del museo, grazie al lascito di Renata e a quello successivo dell’erede universale, la mitica Tina, scomparsa quattro mesi fa".











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