VA' PENSIERO
IRONIA MODENESE
SUL CORO DEI CORI
‘Va’ pensiero…’: un coro diventato inno universale nonostante pochissimi conoscano le parole al di là di ‘o mia patria sì bella e perduta’, e spizzichi vari ma di immediata evocazione sentimentalnazionalpopolare: ‘l’ale dorate’, ‘suolo natal’ , ‘arpa d’or de’ fatidici vati’, le ‘memorie nel petto riaccendi’.
Con un librino di sessanta paginette, venti centimetri quadrati e il costo di un aperitivo, Alberto Mattioli, giornalista e esperto d'opera, ripercorre genesi, sviluppi e fortuna del coro cantato all’unisono come un’aria da soprani, tenori e bassi. Modenese, inviato di punta de ‘La Stampa’, questo ragazzone colto ed elegante ricorda la puntuta ironia di due suoi conterranei: quella, bonaria e sempre ilare, di Luciano Pavarotti, al quale Mattioli ha dedicato una biografia (‘Big Luciano’); e quella al vetriolo di Antonio Delfini, irregolare ‘flaneur’ di raro talento, fustigatore della piccoloborghesità provinciale.
Pertanto le sessanta pagine si leggono, come dire?, non tutte d’un fiato, perché il librino ha un ritmo da valzer lento, riserva continue sorprese su episodi fondamentali e molte curiosità ricavate dall’indagine storica e artistica compiuta con rigore. Mattioli ha la buona, onesta abitudine di non impancarsi a esempio di impossibile neutralità di cronista. Combattivo e pugnace come il grande Hidalgo mancego, si lancia in solitaria sfida all’assalto di luoghi comuni e frasi fatte.
A volte volutamente eccessivo, Mattioli può suscitare nel lettore (‘quorum ego’, direbbe Gianni Brera) la voglia di contraddire e di polemizzare su certe sue idee. Ciò che, puntuale, capita in tutti i libri di Mattioli: tra questi, ‘Meno grigi, più Verdi’; ‘Anche stasera’; ‘Il gattolico praticante’ e il recente ‘Pazzo per l’opera’. Ma la ginnastica mentale alla quale l’ Alberto da Modena obbliga il lettore è uno dei pregi del suo stile di tafano pungente ma beneducato.
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