SPAGNA, ECCO
LA PATRIA
DEL TEATRO
DI STRADA
Ho parlato della Francia, dei suoi festival e delle sue compagnie; ho parlato dei tedeschi e dei polacchi.. Ma c'è un paese in Europa che può vantare la primogenitura in fatto di spettacolo urbano. È la Spagna. L'ho capito una volta che per Pasqua sono andato da un mio amico a Saragozza, dove ho assistito ai riti della settimana santa.
Lì ho potuto verificare di persona la tesi di Toschi, che sostiene che il teatro, tutto il teatro, abbia avuto origine dai riti sacri e religiosi.
Per cinque giorni, dal lunedì al venerdi, la città ha ribollito.
Giorno e notte decine di bande di strumenti a percussione formate da centinaia di partecipanti hanno percorso le strade e i quartieri precedendo carri allegorici in cui si illustravano episodi della passione di Cristo, o immagini religiose relative alla Madonna o ai vari santi protettori dei quartieri e delle confraternite.
Cortei lunghi centinaia di metri: in testa le autorità civili e militari del quartiere, dietro le manole: donne velate e vestite di nero, altere, non un sorriso, con enormi pettini di osso tra i capelli per sostenere le velette che dal capo scendevano fin sulle spalle. Dietro ancora gli incappucciati, vestiti di colori diversi: bianchi, neri, viola, rossi, blu... a seconda della confraternita. Dietro ancora, centinaia di suonatori con tamburi di ogni dimensione. All'unisono, a tempo. Una cosa impressionante; si sentiva la strada vibrare sotto i piedi.
Infine, il carro allegorico: Gesù legato alla colonna e frustato; la Madonna in lacrime ai piedi della croce, San Luigi in estasi davanti al crocefisso. Ogni carro avanzava lentamente sostenuto da trenta-quaranta portatori. Dietro il carro, un altro piccolo plotone di incappucciati. In certe strade strette strette, a certi angoli difficoltosi, un capo-manovra guidava i portatori con ordini secchi e precisissimi, e alla fine... “miracolo”, il carro riusciva a passare dove sembrava impossibile.
La cosa bellissima di questa “spettacolarità”, è che lo “spettacolo”, non è fatto per i turisti, che sono pochissimi, bensì per i cittadini. Ho scritto “spettacolo” tra virgolette, perché non si tratta di uno spettacolo, ma di un vero e proprio rito che coinvolge tutta la città.
E non c'è orario: si va avanti fino alle due o alle tre di notte, e dopo nei locali... osterie, birrerie... fino all'alba.
“Il teatro apre una parete nella nostra dimensione e ci mette in contatto con le altre dimensioni: ci permette di parlare con gli dei, con il passato, con chi non c'è... La festa è il tempo in cui una collettività, riconosciuta sulla base della presenza di comuni valori di riferimento culturale, storici, politici o di interesse, si riunisce per celebrare i suddetti valori ed evocarne la presenza simbolica...” diceva Paolo Zenoni ad un convegno sul teatro di strada.
Ecco, è sulla base di queste affermazioni che possiamo sostenere che in Spagna siano le radici più profonde del teatro di strada.
Anche in Spagna ci sono grandi Festival e grandi compagnie. Dico solo un nome: La Fura dels Baus.
Forse il festival più importante è quello di Tarrega, cittadina un centinaio di chilometri dopo Barcellona. Anche questo dura solo quattro giorni... o per meglio dire, dura quattro giorni e quattro notti. Il calendario degli spettacoli prevede performance a qualsiasi ora del giorno e della notte. Io ho assistito in piena notte a uno spettacolo di una compagnia inglese, tutta femminile, che mostrava la vita in una casa, o meglio nella sezione di una casa, a Londra, in tempo di guerra, durante gli allarmi e i bombardamenti. Angosciante. Il teatro di strada non è solo divertimento.
Il primo spettacolo di una compagnia spagnola che ho portato in Italia si chiamava “Eppur si muove” della compagnia Sarruga ed era diretta da Pakito Gutierrez. Le scenografie erano realizzate tutte in carta accartocciata (non carta pesta; sarruga vuol dire “si accartoccia”) e questo dava loro una leggerezza straordinaria.
A sette-otto metri di altezza, un mezzo veliero ondeggiava nella tempesta.
Sotto c'eravamo noi spettatori... eravamo sul fondo del mare.
In mezzo a noi ondeggiavano lentamente delle meduse lattescenti e branchi di pesci colorati.
La tempesta diventava sempre più violenta, e a questo punto un marinaio, sbalzato in acqua, incominciava a “nuotare” sopra le nostre teste. Intorno a lui passavano indifferenti pesci sempre più grossi, che naturalmente mangiavano i pesci più piccoli.
Verso la fine dello spettacolo, entravano in piazza un enorme pescecane e una balena lunga almeno dodici metri. La balena si faceva largo tra la folla suonando il clacson di un tir.
Uno spettacolo indimenticabile, anche perché, purtroppo, poco prima della fine, il marinaio, inseguito dal pescecane, precipitò al suolo insieme al macchinario che lo sosteneva, e si incastrò nella griglia di un tombino..
Ambulanza, ospedale, qualche costola rotta. Assicurazione, ecc ecc.
La cosa più bella fu che alcune maestre avevano fatto realizzare ai loro bambini dei pannelli bellissimi in cui avevano riprodotto alcune scene dello spettacolo. Ne avevano fatto dono alla biblioteca e lì erano rimasti appesi per alcuni anni.
“Post spectaculum”. Dopo aver fatto tutti gli adempimenti burocratici che la situazione richiedeva, verso l'una di notte, sono ripassato dalla piazza per vedere a che punto era lo smontaggio. Piovigginava. Le macchine erano state smontate tutte quante, ed erano già state caricate sul camion. Gli attori, in piedi nel cassone si riparavano e stavano consumando il loro pasto. Un grosso pane pugliese, rotondo, tagliato a fette; un prosciutto appeso da cui ciascuno stava tagliando la sua fetta al coltello... un paio di bottiglioni di vino rosso...
“Ma cosa state facendo?”, “Mangiamo un boccone poi andiamo a dormire”...
No, non è così che devono andare le cose.
Il teatro, prima di tutto è una relazione tra le persone.
Ho preso il cellulare. “Cecilia, scusa sei già a letto?”, “Si”, “Per piacere puoi alzarti e preparare una pastasciutta per la compagnia... per dodici persone”. - silenzio - “Hai sentito?” “Va bene... aglio olio e peperoncino?”.
Un quarto d'ora dopo eravamo tutti a casa mia. Abbiamo mangiato, abbiamo riso, ci siamo presi in giro, abbiamo ascoltato musica sarda (uno degli attori era appassionato di launeddas). Ci siamo proprio divertiti.
Alle sei della mattina la compagnia è andata a dormire un po'. Li aspettava il viaggio di ritorno fino a Barcellona.
Io mi sono riposato mezz'ora, poi ho fatto una doccia e alle otto meno un quarto me ne sono andato a scuola. Era sabato. Per fortuna i bambini al sabato non avevano scuola, e anche Cecilia aveva il sabato libero, ed è tornata a dormire...
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