100 anni de l'Unità
Il Pioniere comunista: l'Unità dei piccoli
Negli anni Cinquanta, con il Paese impegnato nella ricostruzione, il Sol dell’avvenire era alto nel cielo della sinistra. Alta la fiducia di farcela, profondo l’impegno misto a grande generosità nei confronti delle nuove generazioni. Da quell’impegno il 3 settembre 1950 nacque “Il pioniere – Settimanale di tutti i ragazzi d’Italia”, diretto da Gianni Rodari e Dina Rinaldi.
Il primo numero si presentò con una ricca dote di fumetti di straordinaria qualità. La copertina era dedicata alla “Città sepolta”, di cui erano protagonisti “i popoli liberi della foresta che non si rassegnavano a perdere la loro libertà in cambio di poche casse d’acquavite”. Assente qualsiasi prologo o cappello introduttivo, con la storia di M. Serra e disegni di C. Onesti si entrava subito in argomento. E si capiva immediatamente da che parte tirava il vento. Chi erano i buoni, la tribù dei Bula bula, e chi i cattivi: i trafficanti d’avorio.
Le pagine interne
erano dedicate alla vera storia dei pellerossa, a
puntate; allo sport, con il “Manuale del giuoco del
calcio” a fumetti; una pagina per “Candid e il
dottor Pangloss”, a fumetti; un’altra per illustrare
com’è costruito un aereo, con la relativa
terminologia; la storia, sempre a fumetti, di
“Mario, il figlio dell’emigrato”...
(
continua
)
VIA DEI TAURINI
FRA RITI E SBERLEFFI
Sembra bizzarro, ma se penso alla redazione romana dell’Unità, la “favolosa” via dei Taurini 19, con i suoi saloni a vetrate, le grandi scale, le indistruttibili scrivanie di ferro piene di riviste e scartoffie, mi vengono in mente i rari pomeriggi del sabato che scorrevano tranquilli. Tipo ricordi di famiglia felice. Un po’ sonnacchiosi, con le macchine da scrivere che non ticchettavano frenetiche come al solito, col sole che filtrava dalle grandi finestre, un’atmosfera stranamente poco fumosa.
Solo un breve tormentone turbava l’idillio:
verso le tre, tre e mezzo, l’ora in cui negli altri
giornali si iniziava a lavorare, si affacciava Carlo
Ricchini, il caporedattore. Percorreva i 50 metri di
corridoio come una furia, tirandosi su i pantaloni
come se gli stessero cadendo, urlando e aprendo le
porte a vetri dei servizi: “Chiudere, chiudere,
chiudere”.
(continua)
e dei contadini
STALINISTI
E CROCIANI:
UN MISTERO NAPOLETANO
Stalinisti e crociani. Il culto della libertà e
il conformismo politico. Opposti inconciliabili
convivevano in una pattuglia intellettualmente
eccentrica di giornalisti comunisti. Ligi alla
ferrea disciplina del partito...
(continua)
LA REDAZIONE DI MILANO
QUEL PARTITO-CASA
Chi, non certo un perditempo, si fosse
avventurato nella Milano di metà anni Settanta lungo
il grigio, funzionale viale Fulvio Testi, arteria
puntata a nord-ovest su Sesto San Giovanni, la
Stalingrado d’Italia, avrebbe incontrato alla sua
sinistra, giunto al numero civico 75, l’imponente
palazzo vetrato dell’Unità,
(continua)
IL GIORNALE
E I SUOI CENT'ANNI
CRONACHE, ERESIE E STORIE DI VITA
Chissà se è destinato a piacere anche a chi non
ha lavorato in quel giornale, oppure a chi quel
quotidiano in vita sua non l’ha mai letto, il bel
libro “l’Unità. Una storia, tante storie” (Fandango
libri, € 20), uscito in questi giorni nei quali
ricorre il centesimo anniversario della testata (12 febbraio 1924).
L’ha scritto Roberto Roscani, che all’Unità ci entrò
da ragazzo, e ci passò una vita.Un percorso
esistenziale e professionale comune a molti di noi
ex rimasti ancora su piazza: ...
(continua)
ADDIO A DANIELE PUGLIESE
Daniele Pugliese ha posto fine alle sue sofferenze.
Il 7 febbraio, in Svizzera, sotto assistenza medica,
ha compiuto la scelta consapevole di terminare la propria
esistenza. Aveva diviso la sua vita tra l’attività giornalistica
e quella di scrittore. E aveva lavorato per 25 anni a 'l’Unità'
uscendone, con la qualifica di vicedirettore.
(continua)
ANNI DI PIOMBO DA UOMO QUALUNQUE
VITE FINITE NELL'ASSALTO A UN CARCERE
Pucci. Potrebbe apparir bizzarro che proprio
questo, Pucci, sia il nome che con più nitore mi
torna in mente ogniqualvolta mi tocca, per le più
svariate ragioni, ripensare ai nostri “anni di
piombo”. Né mi sento di escludere che, più che
bizzarra, questa curiosa rimembranza altro in
effetti non sia che la melensa deriva d’uno stato
d’avanzata senilità. Perché quelli “di piombo”
furono davvero tanti anni. Anni tristi e feroci,
anni duri lungo i quali, in un susseguirsi di grandi
eventi, ho speso una parte grande, fondamentale
della mia vita di cronista dell’Unità. Tanti anni e
tanti nomi. Nomi importanti, Aldo Moro, Guido
Rossa…. Nomi che sono, tutti, indelebili scampoli
d’un epoca intera, titoli a nove colonne nelle
pagine della memoria.
Eppure, ancor oggi, quando mi chiedo quale in
effetti sia stata la vera essenza di quel piombo –
diciamo la sua umana sostanza, oltre la cronaca, la
politica e le ideologie, in qualche misura anche
oltre la Storia – io immancabilmente ripenso a
Pucci, alla cagnetta d’incerta razza che,
rannicchiata e atterrita nel più oscuro angolo d’una
oscura stanza della Questura di Rovigo, incontrai
nel tardo pomeriggio del 3 gennaio 1982.
(continua)