"Catamaranataaa!" Ho strillato stamattina con l'entusiasmo della neofita, afferrando il borsone e citando la grande Giulia Sofia. Spero che la ricordiate, Giulia Sofia, il tormentone di Crozza della amica cretina del suo indimenticabile Luca di Montezemolo.
E catamaranata è stata. Un gita all'Asinara, condita da un' inaspettata avventura. Rimandata ieri a causa Grecale, stando al meteo nautico di oggi il tempo avrebbe, e sottolineo "avrebbe", dovuto essere propizio se non perfetto.
Il beneamato fotografo, che madre natura ha dotato di un sesto senso e di uno stomaco sensibile, s'è guardato bene dal venire. Saggia decisione, visto come è andata: sarebbe stato comunque fuori uso. Sofferente, perciò inutile.
Appuntamento alle ore 9,30, mare calma piatta, pure troppo. Siamo in undici, eccitati come ragazzini, preoccupati senza darlo a vedere, ospiti del medesimo B&B Amaremare. Il catamarano omonimo si presenta bene, comodo, dieci metri per cinque e Claudio, lo skipper, detto anche inspiegabilmente Mister Caruba, ha un che di benevolo che rassicura, nonostante l'aria stazzonata. Saranno i riccioli incolti, il cappellaccio scolorito, il fisico tracagnotto o forse i piedi da hobbit? Comunque ci verranno utili, lo dico a posteriori.
Ci s'imbarca su una passerella esigua e oscillante. Trenta centimetri in più non avrebbero guastato. Salendo a bordo scampo una prima scivolata. Data la mia reiterata tendenza a inciampare, sarà imperativo essere stanziale. Stefano, l'aiutante di bordo in fase propedeutica, mi inquadra da subito. "Signora a lei il caffè glielo porto io ! Gli altri se lo vengano pure a prendere" il ragazzo ha occhio, e anche se la cosa mi offende ci verrà utile, specie nell'uso del mezzo marinaio. Comunque, sbaglia a dar credito alle apparenze. E si ricrederà, quanto si ricrederà.
Il capitano, per quanto il dettaglio non aggiunga nulla di pertinente o rassicurante al suo curriculum, tiene ad informarci di essere stato concepito in una notte di passione, in campeggio sull'isola dei Gabbiani. Pur non essendo nato qua, sono vent'anni che naviga su questo mare, e lo si capisce da tutto quello che sa e che volentieri racconta: curiosità, ricordi, storia sull'Asinara, ieri e oggi.
L'isola è grande, 52 km quadrati, che sono tanti. Non sembrerebbe, da Stintino, ma quando si bordeggia quei 110 km di costa sembrano non finire mai.
Ha una storia antica e triste, l'Asinara, che però lascio agli esperti; ma tengo a ricordare l'esproprio reale che la tolse ai coloni, per convertirla in lazzaretto e farne una colonia penale agricola. Era il 1885 e loro, le 45 famiglie insediatesi da oltre due secoli, non la presero bene. Per compensarli del disturbo, il re offrì in cadeaux numerosi appezzamenti di terreno sul litorale, l'odierna Stintino. Allora la cosa non servì molto a placare gli animi, ma i loro pronipoti, diciamo che ci hanno guadagnato; il posto vale una fortuna e a Stintino nessuno sembra passarsela male.
Salpiamo fiduciosi nella prevista calma piatta, subito smentiti da una "scaduta di Levante", che poi sarebbero delle piccole onde petulanti, residuo del brutto mare di ieri. Tradotto: si balla per un'oretta, fino ad una caletta detta del Granito Romano, perché lì si approvigionavano i Romani della vicina Turris Libisonis, oggi Porto Torres. Un primo bagno in un'acqua color smeraldo non si scorda mai. Con il dubbio di non farcela a risalire a bordo, cosa avvenuta invece dignitosamente nonostante la scaletta lillipuziana; 15 cm più larga, uno o due pioli in più, non li avrebbe rovinati, immagino.
Il cielo non è limpidissimo, i colori ne risentono, ma è mutevole e ci regala per brevi minuti quelle sfumature meravigliose di blu e turchese in cui speravamo. Mentre Stefano è già nel quadrato, impegnato ai fornelli, ci godiamo un altro bel bagno al largo di Cala Reale, dove mi accoglie un nutrito gruppo di saraghi e ombrine, per nulla turbato. Cala Reale, dove attracchiamo, è assolata e affollata di piccoli gozzi variopinti. Abbiamo un' ora per esplorarla, che io vanifico non concludendo nulla se non l'acquisto degli ottimi prodotti cosmetici di FarmAsinara: latte di asina, gusci di ricci di mare, piante spontanee, non si butta via niente, ma tutto è elaborato con la supervisione scientifica dell'Università di Sassari. Saranno anche scarti ma profumano di buono. Si entra uno alla volta, rigorosamente con la mascherina, le regole Anti Covid valgono anche qui.
Gli unici a non rispettarle sono i numerosi asinelli, endemici e bradi, che prolificano in libertà, concimando ampiamente e indiscriminatamente, il terreno. Occhio a dove si mettono i piedi. Mi avvicino a due albini dall'occhio rosato, bianchi come il latte, bellissimi e fatati, due unicorni senza corni che m'ignorano, continuando tranquillamente a brucare. Leggenda vuole che arrivarono sull'isola portando in groppa la figlia del Negus d’Etiopia Hailé Selassiè, un' entrata tutt'altro che trionfale per la sfortunata principessa dal nome romantico di "melograno d'oro", qui confinata per rappresaglia dal volere del duce e il cui esilio durò solo due anni, dal 1937 al '39, che però furono fatali al suo figlioletto, morto per tifo e a lei, morta pochi mesi dopo, per tisi, in un convento a Torino.
Tornati a bordo, ci si sposta per pranzare e s'attracca davanti al rudere del Ricovero di Quarantena di Seconda classe, ce n'era anche uno di Terza Classe, perché pur con il colera le differenze sociali venivano rispettate. Si mangia nel pozzetto, il Vermentino gelato passa di bicchiere in bicchiere, la pasta al tonno, un po' piccantina, va giù che è un piacere, le bruschette alla bottarga di muggine sono state le prime a sparire. L'atmosfera è allegra, di amici che se la raccontano, chi siamo, da dove veniamo, ci conosciamo. La temperatura è perfetta. Si è alzato un venticello freschino, non c'e nemmeno bisogno del tendolino. All'orizzonte il mondo si è oscurato, Stintino è scomparsa, il mare si è increspato di bianco. Ma è cosa lontana. La guardiamo con distacco, rilassati e un pochino ubriachi di vino e di mare.
Una chiamata radio vivacizza lo skipper, che perde quella sua aria assonnata, fa sbaraccare il pozzetto e mollare gli ormeggi, perché è in arrivo un' improvvisa tempesta da Alghero. L'orizzonte nero non è più né distante né rassicurante. Veloci, direi persino imperiosi, partono gli ordini: " Tutti sottocoperta, nel quadrato.Tutti seduti. "Groppo di Ponente", c'informa, come se questo per noi avesse un senso. "Vento di 35 nodi. Si ballerà. Stefano tieni pronta l'ancora. Non possiamo stare sotto costa, ma nemmeno lontani. Pioverà forte, voi tenetevi forte"
Non vola una mosca, tutti obbedienti, resi tranquilli dalla paura.
Stefano, pure lui in fondo neofita, con aria preoccupata propone di aspettare, di farla passare. "No", dice Claudio, gli si va incontro. È così sicuro che la decisione sembra persino aver senso.
Non mi va di star dentro, fa caldo, sono tutti ammassati. Zona di Coltivazione Covid di sicuro, anche perché nessuno ci pensa a mettersi la mascherina. Ma non è per quello. È perché amo il vento, il mare in tempesta non mi fa paura, lo sbatacchiamento mi diverte, avevo un padre marinaio che deve avermi trasmesso il suo DNA. Del resto anche nel canale di Beagle, infestato di scogli, con mare forza 8, mentre tutti vomitavano mi divertivo a saltare.
Li convinco a lasciarmi stare fuori, del resto sono troppo impegnati a controllare la barca per darmi retta, e me ne sto tranquillina, appiccicata alla porta, felice di farmi bagnare fino al midollo, frullata dal mare. Il peggio dura una mezz'oretta, poi il vento comincia a calare, le onde ad appiattirsi, fino a calmarsi quasi del tutto. È passata. Troviamo un punto d'attracco. Una delle tante boe gialle messe a disposizione. Si respira il sollievo. E lo skipper tornato Claudio si spoglia, si butta in acqua con uno splash poco elegante ma liberatorio. Dai Manu, mi fa, ormai sono Manu e non più signora. "dai buttati, è caldissima". Sarà. Piove pure. Lui risale, e io, idiota, mi butto. Non è così male. Ma nemmeno bene. Ridono tutti, ma nessuno mi segue. E poi si riparte, mettendo un timido Genoa, finalmente un po' di vela, almeno si chiude in bellezza,
L' ultimo bagno fuori dal porto ci regala un raggio di sole, un mare dolce tornato turchese, caldo e accogliente. Ci lasciamo da amici, più forti, ci sentiamo pure un po' eroi.