Alla fine, inevitabilmente, una prima via d’uscita a Putin dalla “quagmire”, il pantano dell’Ucraina, l’ha data Zelensky. Con l’evacuazione di alcune centinaia di combattenti feriti dalle acciaierie assediate di Azovstal, Putin può finalmente preparsi a dichiarare vittoria a Mariupol, come voleva fare dal 9 maggio. C’è da chiedersi come andrà a finire la vicenda Azovstal, dove restano altre centinaia di ucraini che molto probabilmente stanno seguendo con ansia cosa succederà ai compagni “messi in salvo.”
I primi ad uscire non sono andati in Ucraina ma nella zona del Donetsk sotto occupazione russa. Le aspettative sono di uno scambio di prigionieri. Ma le minacce di processi ed esecuzioni di massa sono già cominciate, con alcuni membri della Duma che hanno preparato un progetto di legge che vieta il rilascio di prigionieri accusati di nazismo. Essendo i combattenti di Azovstal membri appunto del battaglione Azov, che ha pubblicamente professato simpatie naziste, si capisce il senso di questa iniziativa. Anche parte dell’opinione pubblica, e molti blogger che scrivono su Telegram la pensano allo stesso modo.
Una prima domanda che mi sono posta è come mai ci sia voluto tanto tempo per arrivare all’accordo che ha permesso l’evacuazione, dato che sono settimane che se ne discute. E forse la risposta non è a Mariupol o nei sogni di martirio di Zelensky, ma nel continuo fallimento dei piani di guerra russi. Alla fine di febbraio, l’idea di Putin era di conquistare tutta l’Ucraina ed istallare a Kyiv un governo quisling, un fantoccio. Fallito quell’obiettivo, l’esercito russo si è concentrato nell’est e nel sud. La nuova idea era di prendersi solo un bel pezzo del paese, specialmente il Donbass a est e tutta la costa meridionale, in primo luogo per collegare il Donbass alla Crimea, in secondo luogo perché l’accesso ai mari del sud è un vecchio pallino della Russia imperiale. Oggi perfino la conquista del Donetsk, parte del Donbass, è in forse. L’evacuazione di Azovstal, hanno in parte ragione i blogger e l’opinione pubblica russi, è la storia del progressivo restringimento delle loro ambizioni imperiali.
Già dopo meno di un mese dall’invasione, le prospettive più ottimiste della Russia hanno cominciato a sgretolarsi di fronte alla resistenza ucraina, sostenuta dalla NATO e non solo: pensiamo alle armi fornite dall’Australia e dal Canada, tanto per fare due nomi. Ma probabilmente anche un’Ucraina meno fornita di armi occidentali sarebbe riuscita a fermare l’avanzata dell’esercito russo, afflitto da mali irreparabili per un esercito che si chiami tale. Quello russo è un esercito tecnicamente, organizzativamente e strategicamente dilettantesco, ricco di ideologia ma povero di soldati motivati e preparati, segnato da ammutinamenti e atti di sabotaggio, e istantaneamente famoso nel mondo specialmente per i suoi crimini di guerra.
Per tutto aprile i russi si sono preparati al 9 maggio, festa della vittoria nella Seconda Guerra Mondiale, quando a Mosca la parata commemorativa degli eventi di 77 anni fa avrebbe dovuto sancire la vittoria di oggi nel sud-est dell’Ucraina. Anche quell’obiettivo è fallito. Si è allora pensato di festeggiare a Mariupol, porto sul mare Azov nel fondamentale corridoio di collegamento della Crimea con il Donbass separatista. Neanche quell’idea si è pututa realizzare perché Mariupol, quasi tutta in mano russa, conteneva ancora una sacca di resistenza ucraina nelle acciaierie di Azovstal. Putin prima ha detto che avrebbe cessato di attaccare quelle acciaierie perché non valeva la pena di perdere i suoi uomini per espugnarle, poi ha raddoppiato gli sforzi, sempre con l’obiettivo del 9 maggio. Non è mai riuscito nel suo obiettivo.
L’errore di Putin a Mariupol non è stato solo tattico, non avendo considerato che una cittadella fortificata pensata per resistere ad un attacco nucleare avrebbe resistito a lungo alle sue artiglierie, ma anche strategico. Invece di accelerare la presa di Azovstal nel solo modo possibile, cioè trattando una resa decorosa, ha continuato a bombardare le acciaierie e poi concentrato tutte le sue forze nel Donbass, con il piano di accerchiare gli ucraini che cercano di arginare l’avanzata russa verso ovest, e spingersi oltre le postazioni acquisite nel 2014. Almeno qui ci sarebbe stata una vittoria da dichiarare. Ma qui sono anche cominciati altri guai. Gli Ucraini hanno sferrato una controffensiva vincente attorno a Karkhiv, città del nord est a maggioranza russofona che già da marzo era stata martoriata dalla sempre più vicina artiglieria russa. Oggi a Karkhiv, libera dal fuoco russo, si comincia ad uscire dai bunker e gli ucraini si sono spinti a est e quasi fino al confine russo, a disturbare le linee di riformimento del nemico. L’ accerchiamento non è mai avvenuto, nonostante le forze russe siano infinitamente maggiori.
Ormai non solo le intelligence occidentali, ma anche gli osservatori civili muniti solo di account nei social media conoscono le disfunzioni dell’esercito russo. Da qualche giorno lo sanno anche i russi, i quali da tempo hanno perso l’ accesso all’informazione indipendente e sono intrappolati nella nebbia della propaganda, perché gli errori dell’esercito sono troppo eclatanti. Infatti, da cheer leaders dell’ “operazione speciale”, i blogger militari russi hanno cominciato a criticare l’esercito per la sua incompetenza, citando in modo particolare la sconfitta sul fiume Siversky Donets dell’11 maggio, e quindi anche la sconfitta del tentativo di accerchiamento degli ucraini nel Donbass occidentale.
Stiamo insomma assistendo all’irresistibile diminuzione delle ambizioni russe in Ucraina. Le notizie più fresche che vengono dall’Institute for the Study of War, un think tank americano che fa un lavoro certosino sulle informazioni che vengono dal campo di battaglia, triangolando fonti governative di emtrambi i campi, fonti giornalistiche e tutte le open sources possibili, ci dicono che quasi certamente i russi hanno ora abbandonato anche il piano di circondare gli Ucraini da Donetsk City a Izyum, per conquistare almeno il Luhansk. Secondo Serhiy Haidai, capo dell’amministrazione del Luhansk, è molto probabile che la sua regione cada nelle mani dei russi, ma non il Donetsk.
Insomma, la conquista di Azovstal si era posta, in questi ultimi giorni, come una priorità, e una diversione dalla debacle nel Donbass. Da qui, l’accordo sull’evacuazione. Perfino i blogger militari russi avevano cominciato a ridicolizzare l’esercito, in particolare, come si ricordava, per come ha organizzato l’attraversamento del ponte sul Siversky Donets, dove i Russi hanno ammassato i loro carri armati offrendo al nemico un bersaglio più facile da colpire. In quella sola battaglia sono stati uccisi più di 400 soldati, quasi tutta la brigata motorizzata coinvolta nell’operazione. La critica dei blogger brucia e molto, dato l’alto numero delle perdite russe, che l’intelligence britannica fa salire ad un terzo delle forze in campo.
È piuttosto straordinario che in Russia oggi esista una critica pubblica all’esercito, che - badiamo bene - non è tanto una critica sui crimini di guerra commessi, ma sulla conduzione dilettantesca della guerra e sul suo costo per la Russia. Ma probabilmente è per questo che i blogger militari stanno aprendo uno spiraglio di speranza sulle prospettive di un dissenso interno. Anche negli USA il motore del grande movimento contro la guerra del Vietnam, scontati i pacifisti e chi criticava l’ingiustizia dell’intervento americano, fu la protesta contro l’andamento di una guerra non vittoriosa che mandava a morire “i nostri ragazzi”.
Ma torniamo agli accordi su Azovstal, che arrivano tardi e carichi di trappole. Putin dovrebbe leggere Tucidide a questo proposito, non i dialoghi Melii che sono la bandiera dei realisti più accaniti, ma la discussione sulla resa di Mytilene avvenuta qualche anno prima. Per decenni alleata di Atene, nel 428 Mytilene era passata a Sparta. Dopo una certa resistenza aveva dovuto arrendersi ad Atene, che decretò l’uccisione di tutti gli uomini e la schiavitù di donne e bambini. Ma il giorno dopo gli Ateniesi, avendo dibattuto a lungo la questione, cambiarono idea. Li aveva convinti Diodoto, argomentando, e qui parafraso, che la promessa di sterminio totale a chi si arrendeva non solo non avrebbe giovato alla stabilità dell’impero, avrebbe anche indebolito il valore deterrente della forza.
In altre parole, se chi è assediato vede davanti a sé solo morte certa, come è successo ai combattenti di Azovstal per settimane, non ha alcun incentivo ad arrendersi. E se i Russi rinnegano gli accordi di resa e fanno fuori tutti i prigionieri invece di scambiarli, le condizioni di una trattativa di pace si faranno anche più difficili, non perchè gli Ucraini non vogliono finire questa guerra, ma perchè degli accordi con i Russi non ci si può fidare.