È una figura in bilico tra l’esoterismo, la magia e una sapienza ancestrale che raramente si riesce a interpretare. Istrionico nella sua sincerità, onesto come l'oggetto della sua ricerca. Perché riesce a individuare falde acquifere, sorgenti preziose, specialmente in stagioni drammaticamente siccitose come questa.
Luigi Cantonati, cinquantenne, abita in Val Rendena ed è uno degli ultimi rabdomanti. In azione (ufficialmente) ce ne sono un paio in Toscana, uno solo in Sicilia. Sicuramente tra le Dolomiti è l’unico ancora operativo. Con un ruolo fascinoso quanto coinvolgente, riesce a rendere concreto il miraggio dell’acqua.
La scova sfruttando una sua innata energia. Una forza scoperta quasi per caso, su suggerimento di un anziano cercatore di polle, perfezionando il metodo successivamente, negli anni ’80, su consigli e intensa frequentazione in Val dei Mocheni nel maso del mitico Rino Pellegrini, una sorta di mago della ruralità, fabbro con poteri altrettanto utili all’individuazione delle fonti acquifere. “La siccità di questo 2022 non interferisce nella mia ricerca - dice -. Anzi, per certi versi puntare le falde è più facile, scoprire le vene più grosse, magari più profonde, ma comunque pulsanti”.
Cantonati cita episodi legati all’individuazione di punti dove lo scavo ha fatto zampillare acqua con una portata superiore a 250 litri al secondo. Punti dove nessuno riteneva potessero custodire acque surgive: “È più difficile operare in alta montagna, su ripidi pendii, nonostante la presenza di qualche ruscello. Un flusso che disturba e non facilita la ricerca”. Perché il rabdomante rispetta una gestualità tutta da scoprire, proprio come i misteriosi giacimenti acquiferi del sottosuolo.
Il caldo di questo periodo ha spinto alcune aziende agricole a rivolgersi a lui. Trovare acqua nello spazio aziendale rende l’azienda più competitiva, ma per poter scavare un pozzo bisogna ottenere specifiche autorizzazioni. Concessioni rese talvolta difficili da burocrazia e qualche intoppo operativo.
L’intervento di Cantonati deve essere concordato per tempo. Solitamente viene accompagnato sul luogo della ricerca senza costringerlo a guidare l’automobile: trasferimento in massimo relax, per non sprecare il 'flusso energico', indispensabile per individuare il punto dove scavare. Solo allora, in assoluto silenzio, impugna l’arcaica bacchetta, girandosi e rigirandosi sull’orizzonte, per trovare gli incroci di falda. Tracciando pure la direzione dello scorrimento, nonostante il tutto sia celato nel sottosuolo.
La bacchetta è di giunco e a forma di ‘Y’ e consente l’individuazione delle radiazioni emesse dalla fluidità dell’acqua. La parola stessa rabdomante deriva dalla lingua greca e suggella l’abbinamento tra bacchetta e acqua.
La precisione è sostanzialmente garantita, anche se non manca una piccola percentuale di errore. Specialmente sulla portata dell’acqua che sgorgherà dalla trivellazione: “Non è un lavoro basato sul business - spiega Cantonati - perché il mio intervento è in funzione all’esigenza della richiesta. Un conto è indicare a un contadino la fonte per abbeverare il suo bestiame, diverso operare per qualche grossa impresa che sfrutta l’acqua a scopi industriali. Ho indicato dove scavare un pozzo a Pietramurata, nel podere di un contadino, che ha gioito nella massima sincerità. Ecco: questo per me è il compenso impagabile perché condiviso”. Nel rispetto di un bene vitale, prezioso in quanto di tutti, proprio come l’acqua.