A voler tentare una sintesi grossolana ma efficace del pezzo di Germania visitato in pochi giorni di tour in auto - il primo viaggetto itinerante all’estero dopo la pandemia - potrei dire che in quasi tutte le località piccole e grandi abbiamo incontrato un fiume, un castello e un’architettura caratterizzata dalle case a graticcio.
Il viaggio è cominciato a Bernkastel-Kues, una piccola doppia località della Renania Palatinato, che è una regione della zona centro occidentale del paese, ricchissima di foreste, di boschi e di fiumi. Le due città gemelle sorgono dirimpettaie sulle rive della Mosella, sono contornate da dolci colline ricoperte di vigneti e hanno una straordinaria offerta di ricettività alberghiera, nonché una grande ruota panoramica che domina l’ingresso di Bernkastel, che è la sorella più turistica. Qui, dove si produce il famoso vino Riesling e dove lo storico Castello di Landshut è diventato un ristorante con vista sul fiume e le città, tutto è straordinariamente pulito, ordinato e curato.
L’atmosfera un po’ incantata è data dall’architettura delle case a graticcio che sfoggiano travi di legno di vari e mai sbiaditi colori e dall’abbondanza di piante e di fiori che adornano le strade, i balconi e le finestre.
In questa favola perfetta, però, i bei negozi sono già chiusi alle sei del pomeriggio, i ristoranti aperti pochi e le enoteche per non perdere la vendita lasciano le bottiglie di vino fuori dall’uscio per acquisti fai da te (prendi il vino e lasci i soldi).
Alle 21:30, dopo una cena a base di schnitzel (cotolette) da dimenticare, torniamo verso l’auto passando per Kues, che ha dato i natali al filosofo Nicola Cusano, e troviamo il coprifuoco. La parte migliore della visita è stata sicuramente l’impegnativa ascesa al Castello, lungo stradine e viottoli che costeggiano gli ordinati vigneti contornati qua e là da cespugli di rose. Una specie di Stairway to heaven.
Il giorno dopo, con l’arrivo ad Heidelberg, si cambia atmosfera, tranne che per il check-in. Infatti sia la host molto green che ci aveva accolto nella sua casa in un paesino vicino Bernkastel sia il modernissimo hotel della grande città - dove è tutto automatizzato, anche la chiusura delle finestre - non ci chiedono di mostrare i documenti. Questa circostanza, che si ripeterà anche per gli altri alloggi, e il fatto di trovare soprattutto nei piccoli centri dei prodotti tipo miele, uova e fiori in vendita libera come il vino a Bernkastel, ci fa riflettere e fare inevitabili paragoni.
Heidelberg - 160mila abitanti di cui un terzo studenti e con una delle comunità americane all’estero più numerose - è una città vivace, multilingue e che richiama dodici milioni di turisti all’anno. Ciò nonostante le indicazioni turistiche sono poche e tutte in tedesco e anche l’atteggiamento di negozianti e altri addetti al turismo è sempre un po’ legnoso, cortese ma non friendly.
Sorge al sud, nella regione del Baden Württemberg, sul fiume Neckar, ed è naturalmente dominata da un imponente castello di origini rinascimentali. Diciamo subito che il Castello è l’unica attrattiva della città di cui si può fare a meno, risultando privo di atmosfera ed eccessivamente turistico, però è imponente, maestoso e fortemente caratterizzato dall’arenaria rosa con cui è costruito. Soprattutto da lontano fa la sua figura.
Ma giù, nella città vecchia sviluppatasi lungo il fiume, è piacevole camminare sulla via principale intersecata a destra e a sinistra da piccole strade e traverse che spuntano verso il lungofiume o verso la collina. Come spesso accade, quando una città ha carattere e atmosfera, la si esplora senza seguire i punti di interesse segnati sulla guida, ma finendo per incontrarli naturalmente: la piazza dell’Università più antica della Germania, il museo degli imballaggi, la chiesa dei Gesuiti e l’immancabile Marktplatz, la piazza del Mercato, con l’antico municipio, le belle facciate e le storie dei palazzi nobiliari, la fontana centrale e un gran via vai di persone, di incontri, di ombrelloni e tavolini dove sostare per godersi l’atmosfera e anche una bella birra alla spina.
Che qui, come nel resto del paese, è sempre molto buona, costa più o meno come l’acqua, ma viene servita senza una patatina, un tovagliolo e tanto meno un posacenere. Anche per Heidelberg, comunque, l’esperienza più intensa è una passeggiata nella natura, il Sentiero dei Filosofi, cui si arriva attraversando il molto fotografato Ponte Vecchio.
Man mano che si sale sulla Collina dei Santi, tra nascoste bellissime case, vegetazione profumata e ancora vigneti (qui c’è un microclima di tipo mediterraneo che fa crescere anche pini, agrumi e melograni) la città si allontana, il fiume si mostra nella sua placidità e il Castello, di fronte, sembra vegliare su tutto l’abitato. La luce dell’incipiente tramonto (e anche uno stinco di maiale mangiato in un ristorante segnalato da un’amica italiana che ha vissuto qui) fa scattare l’applauso.
Il primo impatto con Norimberga non è dei migliori, soprattutto quando scopriamo che il nostro B&B non è in città, come dichiarato su Airbnb, ma a ben 17 chilometri in una specie di paesino residenziale di nuova edificazione immerso nel nulla. La casa in sé è ineccepibile, nuova e dotata di ogni comfort, ma l’ingresso è ancora in costruzione.
Per fortuna la distanza con la città si copre con una strada diritta e senza traffico e, dopo aver lasciato l’auto necessariamente in un parcheggio perché gli stalli a strisce blu sono riservati ai bewoner, i residenti, Norimberga ci accoglie vivacissima sotto un cielo plumbeo che poi si apre.
Siamo nel nord della Baviera, in una città di origine medievale che con il suo mezzo milione di abitanti è il principale centro economico e culturale della Franconia. Qui Hitler promulgò le prime leggi razziali nel 1935 e qui si è svolto il famoso processo che punì i crimini dei gerarchi nazisti alla fine della seconda guerra mondiale.
Ma oggi Norimberga, che ha dato i natali all’illustratore e pittore Albrecht Dürer, è una città agiata e vivace, capitale dell’industria del giocattolo di cui ospita la più importante fiera internazionale ed è orgogliosa delle sue salsicce (Nurnberger bratwurst), dei panpepati (Lebkuchen) e delle deliziose palle di neve (Schneeball) che fanno capolino dalle invitanti vetrine dei locali di ristorazione dove servendosi a self-service si può indifferentemente fare colazione o pranzare.
È anche romantica, Norimberga, con le sue ricostruite architetture medievali, le chiese dalle imponenti facciate, i piccoli ponti sul fiume Neckar, la splendida Hauptmarkt (la piazza principale) dove spicca la Schöner Brunnen, una fontana rifinita in oro e adorna di statue e dove ogni giorno si svolge un ordinato mercato di generi alimentari in cui le ciliegie costano 2,99 euro. All’etto, però.
Dal Castello imperiale di Kaiserburg, e ancor di più dalla sua torre cui si arriva salendo un numero infinito di gradini, si gode la vista migliore sulla città, le fortificazioni, i tetti spioventissimi e le guglie. La tentazione di evitare la salita e restare nella piazza sottostante a godersi una birra insieme a una bella gioventù è fortissima.
È sabato quando arriviamo in tarda mattinata a Rothenburg, una deliziosa e antica cittadina bavarese posta su un colle a oltre 400 metri di altitudine che domina il fiume Tauber. La piazza principale, un’esplosione di case a graticcio, è affollatissima di turisti, ciclisti e ogni altra forma di visitatori, spesso con cani, che camminano, mangiano, bevono seguendo la banda o l’istinto.
Le vie sono un’ininterrotta vetrina di negozi di artigianato e prodotti tipici, le facciate delle case sfoggiano colori pastello, fioriere e bei portoncini, sotto i camminamenti delle mura c’è una mostra mercato di pittori e a pochi passi dalla Marktplatz una coppia di sposi turchi seguita da damigelle e amici si appresta a posare per il servizio fotografico nei vicini giardini del Castello.
Qui si è anche trattenuto per un paio di mesi nel 1986 il futuro papa Bergoglio a studiare il tedesco al Goethe-Institut (in una casa dove aveva una stanza ma condivideva il bagno e la cucina) e qui abbiamo ammirato un ingegnoso sistema per consentire a un gatto di uscire e tornare dalla sua casa al primo piano.
Tanta vivacità (e affollamento) vengono compensate, poche ore dopo, dalla quiete di Michelstadt, nella regione dell’Assia. L’impronta medievale è anche qui fortissima ma più verace, e guardando l’edificio dell’antico municipio, una tipica architettura a graticcio ma posta su poderose travi di quercia e sormontata da un importante tetto, sembra davvero di essere tornati indietro col tempo.
Alle sei del pomeriggio la maggior parte di negozi e ristoranti sono chiusi, per strada c’è pochissima gente (forse sono andati tutti a Rothenburg?) e la passeggiata tra vicoli e slarghi fino al Castello avviene in un’atmosfera surreale. Qui, scopriamo quasi per caso, è nata nel 1944 Rebecca Horn, la scultrice diventata famosa in Italia per una sua installazione di teschi in piazza del Plebiscito a Napoli, ma la sua città natale sembra ignorarla.
L’ultima tappa del nostro viaggio è Limburg, sempre nella regione dell’Assia e sempre attraversata da un fiume, il Lahn. Anche qui si circola tra bellissime case a graticcio perfettamente tenute, graziosi localini e ammiccanti negozi. Tra tutte le case spicca la Haus Bruckengasse, sulla cui facciata vi sono le rappresentazioni dei sette peccati capitali, mentre la Cattedrale, scenograficamente posta in cima alla collina, è più bella fuori che dentro.
È ora di tornare, di voltare le spalle a questi piccoli centri, alla loro atmosfera fiabesca, alla Romantische Straße che nell’ultimo tratto abbiamo incrociato, a tutte le numerose Apotheke (farmacie) che erano aperte nelle ore più improbabili, a dispetto dei ristoranti.
È ora di salutare questa natura che, addomesticata nelle fioriere o libera nei boschi, ha caratterizzato tutto il nostro viaggio, tra strade di campagne, statali e autostrade (che per inciso in Germania sono gratuite). Tra la Foresta Nera e Berlino, volendo immaginare due topos opposti di questo grande paese, esiste anche una via di mezzo con città di medie dimensioni, piccoli centri ricchi di storia e natura incontaminata.
Ci è rimasto solo un dubbio, in autostrada sulla via del ritorno, nei pressi della città di Eschweiler, centro minerario e metallurgico ai confini con Olanda e Belgio: ma questi sono reattori nucleari…?