Narra la leggenda - perché della leggenda ha il fascino, pur essendo un fatto storico - che il 3 ottobre del 1839 venne inaugurato il primo tratto ferroviario d’Italia, lungo quasi 7 chilometri e mezzo, sul percorso Napoli-Portici. A bordo del treno, composto di due convogli, re Ferdinando II di Borbone, la famiglia reale e i membri della corte. Tempo di percorrenza: 10 minuti, velocità poco meno di 50 km/ora, un record per l’epoca.
Comincia qui, con questo evento riprodotto in una celebre tela di Salvatore Fergola custodita al Museo San Martino di Napoli, la storia della ferrovia in Italia. Ma per ripercorrerla dal di dentro, senza doversi affidare a cronache e immagini dell’epoca, occorre andare al Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa, un luogo unico e fascinoso situato nella zona orientale di Napoli, al confine con i comuni di San Giorgio a Cremano e Portici.
Il Museo di Pietrarsa, gestito dalla Fondazione FS, sorge sulla vastissima area di quello che fu il “Reale Opificio Meccanico, Pirotecnico e per le Locomotive” voluto da Ferdinando II, la cui maestosa statua in ghisa ancora troneggia, quasi benedicente, sul lato nord dell’area museale, accanto a una pensilina storica di inizio secolo e con davanti una magnifica vista da sud del Golfo di Napoli.
36mila metri quadri, di cui 14mila coperti, sette padiglioni, un piccolo anfiteatro contornato da un giardino di essenze mediterranee e un lungo e ampio piazzale affacciato direttamente sul mare sono in sintesi i dati di questo museo unico nel suo genere, allestito in uno dei più importanti complessi di archeologia industriale del nostro paese. Dalla prima locomotiva a vapore fino agli arredi di stazione, passando per le macchine produttive, i modellini e i plastici, qui si conserva praticamente tutto quanto ha a che fare col treno.
A Pietrarsa si accede dal sottopasso della locale stazione ferroviaria di Pietrarsa-San Giorgio a Cremano, posta in fondo a un vicolo stretto che si diparte dall’antica Statale 18, quella che dalla capitale del Regno portava alle Calabrie. Ma appena entrati lo spazio si dilata a dismisura e ci si dimentica che a pochi metri c’è il mondo caotico e affollato. I vari padiglioni, che fino al 1975 accoglievano le locomotive per le grandi riparazioni, oggi presentano un campionario completo dei treni che hanno scritto la storia del trasporto ferroviario in Italia, a cominciare dalla prima locomotiva a vapore, la famosa Bayard, tinteggiata di rosso e di verde e tirata a lucido come tutti gli altri modelli esposti dove un tempo lavoravano gli operai.
Si resta davvero a bocca aperta davanti a certi treni storici, come la carrozza 10 del Treno Reale, costruito dalla Fiat nel 1929 per le nozze di Umberto di Savoia con Maria Josè del Belgio, impreziosito da un soffitto intarsiato con lamine d’oro e dagli interni in mogano e velluto.
E si fa un tuffo nel passato passando in rassegna i treni pendolari, i treni postali, i treni per il trasporto dei detenuti, osservando la differenza dei materiali utilizzati per le carrozze di prima, seconda e terza classe, o leggendo le caratteristiche tecniche di locomotive a corrente continua e alternata, locomotive diesel, e “Littorine”. E si resta affascinati davanti ai colossali macchinari e utensili da lavoro, come la “calandra”, un mostro usato per piegare le lamiere di ferro, o i magli, alimentati prima a vapore o poi ad aria compressa.
Tutto ciò che completa l’esposizione, come i plastici, i modellini dei treni, i modellini delle navi traghetto delle Ferrovie in servizio tra Napoli e Palermo, gli arredamenti di stazioni come panchine, tavoli, armadi e sedie, racconta come il treno sia stato per molti decenni il principale elemento di unificazione del nostro paese, abbia accolto i viaggi degli immigrati e i set dei film del neorealismo, i primi timidi passi del turismo e i percorsi disagiati dei pendolari.
Pietrarsa è una fabbrica storica che, nata borbonica e diventata italiana, ha conosciuto varie e a volte drammatiche fasi di vita, come quando il 6 agosto del 1863 fu teatro di una delle prime manifestazioni operaie in Italia e il suo piazzale accolse le proteste degli operai che volevano far valere i loro diritti. Chiusa come stabilimento nel 1975, aperta come museo dal 1989, si presenta oggi splendente dei recenti lavori di restyling e manutenzione e tutta impegnata ad attrarre i visitatori con un articolato programma di eventi, convegni e attività.
Attualmente e fino a novembre è possibile visitare l’esposizione “Treni fra arte, grafica e design: dal Ticino Svizzero al Golfo di Napoli”, che illustra i progressi del sistema ferroviario e come l’utilizzo del treno abbia contribuito a sviluppare il concetto di turismo.
Inoltre durante tutto il periodo estivo Pietrarsa è
aperta dal giovedì alla domenica fino a mezzanotte, e
accoglie i visitatori con un elegante bar e una
pizzeria, entrambi all’aperto e vista mare.
Lo sforzo
dell’attuale gestione è quello di inserire il Museo di
Pietrarsa nei circuiti turistici dei siti più visitati
di Napoli e provincia, con l’organizzazione di eventi
speciali, come il “Viaggio in treno d’epoca”, nonché di
aprirlo in maniera regolare al rapporto con le scuole
del territorio.
Anche l’aria ci dice che a Pietrarsa c’è passata la storia e una visita a questo museo fa l’effetto di un viaggio nel tempo. Oltre al fascino delle locomotive, all’eleganza dei padiglioni (il più antico, risalente al 1840, è chiamato “la cattedrale”) e all’abbondanza dei materiali esposti, quello che colpisce il visitatore è il sito in sé, l’enormità degli spazi e l’affaccio sul mare.
Pietrarsa sta al centro del golfo, col Vesuvio alle spalle, Napoli a destra, la penisola sorrentina a sinistra e Capri di fronte. Ma più di tutto colpisce l’enorme lunghissimo piazzale solcato dai binari che raccontano sempre, anche ora che non sono più utilizzati, di viaggi e conoscenza, di emancipazione e lavoro, di crescita sociale e di unificazione della penisola.
Queste possenti macchine che ancora strappano esclamazioni di stupore a grandi e bambini si presentano oggi lucide di vernice, pulite, perfette come modellini da collezione. Eppure hanno percorso migliaia di chilometri sotto il sole o la pioggia. E hanno portato su e giù per lo Stivale le storie, le vite e le speranze di milioni di italiani.
