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BATTISTERO
DI PADOVA
Il MISTERO
NEGLI AFFRESCHI

testo e foto ROBERTO ORLANDO

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Quando entri in una chiesa - ma anche in una moschea - per ammirare le opere d’arte che le arricchiscono, che tipo di approccio hai? Io sempre laico, e come me anche tanti amici e conoscenti. Credo che siamo maggioranza. Laico nel senso che quando mi avvicino a opere di arte sacra il metro di valutazione è lo stesso che avrei di fronte a una statua di Vittorio Emanuele II, primo re d’Italia colpito da scomunica, come alla Pietà di Michelangelo; di fronte a una tempesta di William Turner come all’ Ultima cena di Leonardo. Non sto facendo paragoni tra autori, sia chiaro, ma tra generi artistici. Ebbene, il senso di ammirazione, nella stragrande maggioranza dei casi, scaturisce dall’emozione che un’opera ti scatena oppure dalla valutazione artistica o, più semplicemente, da considerazioni di carattere estetico. Poi c’è un’altra lettura, quella peraltro più cara ai committenti, che per paradosso viene trascurata, relegata a un secondo livello della speculazione intellettuale: quella teologica.



Però poco tempo fa a Padova ho trovato un Paradiso, appena restaurato, ed ho avuto l’opportunità di interpretarlo anche secondo la chiave di lettura di un docente di liturgia e teologia che mi ha fatto da guida. Il Paradiso è quello affrescato nell’ultimo scorcio del XIV secolo da Giusto de’ Menabuoi - che non è Giotto, ma quasi - nella cupola del battistero del duomo patavino. Nel luglio scorso il battistero è stato riaperto al pubblico con un nuovo impianto di illuminazione che esalta in chiave narrativa le diverse scene pittoriche che costituiscono l’opera. Il restauro, a cura della Soprintendenza dei beni culturali di Padova, è costato 800mila euro ed è stato finanziato dal Ministero della Cultura. La modalità di visita segue lo schema collaudato in diverse altre chiese del Nord Italia da Kalatà, impresa sociale di Mondovì che ha inventato un nuovo metodo di fruizione di grandi opere d’arte sacra, magari meno conosciute ma tutte davvero straordinarie. Come, per esempio, la cupola del Duomo di Novara - che poi sarebbe la sorella minore della Mole Antonelliana di Torino – al quale abbiamo già dedicato un servizio che puoi leggere a questo link: "Alpinisti" sulla Mole di Novara, una visita alla Indiana Jones .



Il mio Virgilio, per così dire, che qui a Padova mi conduce alla scoperta del significato recondito di uno dei più importanti affreschi ciclici del Trecento, è don Gianandrea Di Donna, docente di liturgia alla facoltà di teologia del Triveneto, del Pontificio istituto orientale di Roma e della Pontificia università della Santa Croce a Roma, nonché delegato del vescovo Carlo Cipolla (ispiratore e regista dell’operazione di riqualificazione) per il Battistero.

La premessa è storica: il Battistero risale al IX secolo, era più basso di come lo si vede ora ed era probabilmente coperto da un tetto a capanna. La famiglia dei Da Carrara, Principi di Padova, ma soprattutto la moglie di Francesco il Vecchio, Fina Buzzaccarini, decide nel 1375 di far aggiungere un tamburo sul quale innalzare la cupola che sarà poi affrescata da Giusto de’ Menabuoi.



Il Paradiso di Giusto dallo scorso anno è uno degli otto capolavori padovani entrati a far parte del patrimonio dell’umanità Unesco. Un altro di questi, tanto per darti idea della portata delle opere, è l’affresco di Giotto nella Cappella degli Scrovegni. I restanti li puoi scoprire acquistando un biglietto di Urbs Picta, che dà accesso a tutte le altre meraviglie medievali patavine. E sono: la chiesa dei santi Filippo e Giacomo agli Eremitani, il Palazzo della Ragione (che bel nome), la Cappella della Reggia Carrarese, ovviamente la Basilica e il convento di Sant’Antonio, che è uno dei luoghi della cristianità più visitati al mondo, l’oratorio di San Giorgio e l’Oratorio di San Michele.

Il Battistero del duomo non si è mai visto così prima d’ora. Nel percorso di circa 45 minuti proposto da Kalatà, dopo una breve introduzione video che inquadra il monumento e la sua storia, una serie di illuminazioni programmate e sincronizzate con l’audioguida indirizza l’attenzione del visitatore su ciascuna delle vicende raccontate nel monumentale affresco. Un faro si accende sulle Nozze di Cana, un altro sul volto di Francesco Petrarca, il quale era canonico della cattedrale al tempo della realizzazione dell’affresco ed è stato anche consigliere teologico dell’autore. Una luce si dirige sui mostri terrificanti dell’Apocalisse e un'altra illumina le scene del diluvio universale e via di questo passo - in ordine di certo non così sparso come te lo sto raccontando qui - dalla Creazione al Giudizio Universale. Ma ciò che colpisce al primo impatto è il Cristo Pantocratore che ti osserva da lassù quando entri nel Battistero Ed è proprio sotto il suo sguardo, non lontano dalla vasca battesimale, che ho avuto il colloquio con il mio Virgilio.



Don Gianandrea, qual è il significato di questa opera così particolare nella storia dell’arte?

“La Chiesa - spiega don Di Donna - con questa operazione di riqualificazione che sotto il nome di Domus Opera comprende anche la cattedrale, il palazzo vescovile e il museo diocesano, non mette semplicemente in mostra le bellezze che vede intorno a sé in questo luogo. La cosa che a noi non deve mai sfuggire è che la bellezza dell’arte di ispirazione cristiana ha la sua radice nella potenza del mistero di Cristo, che è l’assunzione della carne degli uomini da parte del figlio di Dio, del Verbo che si incarna, che entra nella storia dell’umanità. E entrandovi ne assume i tratti magnificenti che stanno all’origine della Creazione”.

Quindi l’opera non ha intenti didascalici o di catechesi?

“La bellezza è una qualità non estrinseca al mondo, al Creato. Essa manifesta, rende visibile la qualità di ciò che Dio ha fatto uscire dalle sue mani. Non è un caso che questo affresco, secondo la teologia di ispirazione arcaica, patristica, giochi tutto sulla relazione tra la prima Creazione cha sta nel tamburo della cupola e la nuova Creazione che sta nella redenzione di Cristo. Questo edificio, non dimentichiamolo, è un battistero: e pertanto questa ricchezza pittorica, questa abbondanza di scene dell’Antico e del Nuovo Testamento non è interpretabile meramente con la favoletta della ‘Biblia pauperum’, questa storiella che il popolo era ignorante e allora.... Queste sono considerazioni banali. La prova provata è che se lei porta qui un fedele cattolico adulto che abbia una discreta conoscenza della fede e lo pone di fronte a una scena che non sia la crocifissione ti dice: ‘Boh, cos’è?’. Quindi l’idea che questa raffigurazione sia didatticamente, didascalicamente, pedissequamente la storiella sacra di Gesù è sbagliata”.



Ma perché? Il valore didattico dell’arte medievale ha una sua ragione ed è opinione diffusa.

“Perché il didatticismo non si sposa con la liturgia: un battistero non nasce come luogo di catechesi. Qui si celebrano i divini misteri, noi qui celebriamo i battesimi dei bambini e, nella notte di Pasqua, quello degli adulti. Il vescovo viene qui in processione durante la veglia pasquale e battezza gli adulti. E sotto la cupola della Pentecoste (che si trova nella piccola abside del battistero, ndr) li cresima. Questo monumento pertanto è interpretabile soltanto nella logica di un’edificazione, così gloriosa, così potente, sopra la vasca battesimale. Nella quale il catecumeno viene immerso, viene reso partecipe della morte di Cristo, con l'apnea, e della sua risurrezione con l'uscita dall’acqua e la ventilazione. Ecco, l’uomo entra come in un grembo materno, nel quale l’agente vivificatore è la morte o meglio la comunione con la morte di Cristo. Allora il battezzato, colui che è immerso nella morte di Cristo e che con Cristo risorge a vita nuova, è ciò che la madre Chiesa partorisce da quel grembo. In qualche modo, sotto questa cupola tutta la storia della salvezza, dal 'Fiat lux' a 'Io sono con voi sino alla fine dei tempi, io sono l’Alfa e l’Omega nell’Apocalisse', si ricapitola nella Pasqua del Signore che è il filo rosso di tutte le vicende che nell’affresco si possono riconoscere. Ecco allora che la bellezza non è una fruizione estetica gratificante, didascalica, ma è veramente un’immersione dove la vita di Gesù di Nazareth mi avvolge e si proietta come uno zenit da quella mandorla centrale della cupola, da cui tutti restano così colpiti. Cioè dalla roteazione dell’empireo in cui de’ Menabuoi raffigura le schiere degli angeli, dei santi, dei cherubini e dei serafini. La Madre di Dio sta dentro quella mandorla come il fermaglio di un collier medievale di perle e Cristo glorioso seduto alla destra del Padre è esattamente allo zenit sulla vasca battesimale. Questo genera una relazione spettacolare tra l’azione liturgica e l’arte. E la diocesi di Padova ha voluto impegnarsi in questa operazione non tanto perché avvenga una fruizione di tipo museale dei beni artistico-culturali, ma perché qui la Chiesa mostra il suo tesoro più prezioso: il mistero della fede”.



Il Battistero della cattedrale di Padova si può visitare ogni giorno dal martedì alla domenica secondo orari prefissati. Info e prenotazioni online a questo indirizzo: www.kalata.it/esperienza/battistero-padova .






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