Il processore
che ci avvicina
al Tutto
Un romanzo fra anni di piombo
e rivoluzione tecnologica
Una recensione
di
ROBERTO ROSCANI
Inizi a leggere il libro e ti ritrovi immerso in un clima che non esiste più: lotta politica, scuole occupate, autogestione, l' insidiosa sfida sull’egemonia di un movimento caotico. Insomma siamo nel 1977, e sbuca lo spettro della lotta armata, delle riunioni semi clandestine che si muovono nello spazio grigio tra estremismo e terrorismo. Al centro un ragazzo che non ci sta, che non vuole imboccare la china autodistruttiva ma non sa come fare. Di contorno, dentro il magma del liceo Morgagni di Monteverde, un paio di personaggi non di fantasia, Vittorio Foa, leader sindacale di formazione azionista e sempre inquieto, e Luigi Pintor, direttore del Manifesto, giornalista e comunista. Poi la situazione precipita: c’è l’irruzione della polizia in un covo di Prima Linea, due terroristi vengono uccisi…
E qui ti dici: siamo in un romanzo sugli anni di piombo, le carte e le storie ci stanno tutte. Ma cambi capitolo e ti trovi dentro una discussione puntuta su Ludwig Wittgenstein e sul suo Tractatus logico filosofico, uno dei testi più criptici del pensiero moderno, destinato ad esser compreso solo in un tempo diverso da quello che l'autore ha attraversato. E a questo punto credi di esser caduto in un romanzo filosofico. Ma non sei neppure qui, il cuore del libro deve ancora arrivare.
Questo romanzo di Fabrizio Funtò, “Il ricatto del gambero” (La Lepre Edizioni), è un po’ labirintico. E non potrebbe essere che così, visto che in uno dei tanti “corridoi” che lo compongono si parla anche del Minotauro e della ricostruzione attraverso giochi di laser dei mostri che abitavano la mitologia antica (quella di tutte le culture, perché ciascuno ne aveva di propri) e che sono talmente potenti ed evocativi da essere assunti anche a popolare la moderna psicoanalisi. Il cuore, quello vero, del libro però è ancora un altro ed è insieme “fantastico” e estremamente realistico. Perché Arturo – proprio il personaggio che avevamo lasciato nel ’77 in fuga per non subire la vendetta dei terroristi che lo accusavano, sbagliando, di aver fatto la spia – dopo quarant’anni torna in Italia e qui trova non solo un giudice che indaga su strani e anacronistici fatti di terrorismo, ma anche l’ispirazione per materializzare un progetto, forse un sogno, che insegue da anni. Questo sogno si chiama “processore culturale”.
Il ricatto del gambero.
Dai ribelli del '68
ai mostri del Metaverso
di Fabrizio Funtò
La Lepre edizioni
Euro 24,00
Che cosa è il processore culturale? Difficile raccontarlo, è probabilmente anche esso un mostro ma buono, che vive non negli antri ma nel cloud. È, meglio dire sarà, un potentissimo processore che usando l’intelligenza artificiale è in grado di raccogliere l’intera conoscenza umana, aggregarla e rintracciare, come fanno le sinapsi del nostro cervello, tutti i nessi che esistono tra i “fatti”, non gli oggetti. Una “macchina” capace di modificare il modo di apprendere, di permettere a chiunque, in qualunque lingua parli, qualunque sia la sua cultura, di condividere e di interagire con tutto ciò che gli uomini hanno pensato prima di lui; e, insieme, di modificarlo.
C’è nel libro di Funtò – che per tutta la sua vita è stato un logico, appassionato di Wittgenstein e autore di saggi ma insieme anche un uomo molto pratico capace di lavorare con ruoli di guida in grandi multinazionali del mondo dell’immaginario come i videogame, il cinema, la realtà aumentata – un’aria un po’ da ragazzi. Lui parla della nascita dell’uomo nuovo, di una invenzione che è destinata a cambiare il mondo più di quella della stampa, lui tra Rousseau e Hobbes sceglie il buon selvaggio e non l’homo homini lupus. E il processore è lo strumento di questo cambiamento.
Ma allora la domanda successiva è: stiamo parlando di fantascienza? Diremmo proprio di no. Il libro sembra al contrario costruito proprio per convincerci che questa idea ha i piedi per terra, che mettendo insieme le conoscenze che abbiamo potremmo trasformare presto questo sogno in una realtà. Architettato in forma di romanzo, in qualche pagina può sembrare un saggio su come questo passaggio di paradigma nella vita umana potrebbe avvenire, persino nelle sue forme societarie. Perché Arturo – dopo tanti anni di America – conosce bene la forza e insieme l’avidità dei grandi fondi di investimento, ma conosce anche l’inefficienza della macchina pubblica italiana ed europea. E cerca di metter rimedio a tutti e due i peccati, distribuendo pacchetti azionari e costruendo regole e garanzie col supporto dei grandi studi legali. Insomma l’autore tiene a farci capire che l’elaboratore culturale se non dietro l’angolo è collocato in un futuro prossimo ed è, insieme, una gigantesca possibilità ma anche un grande rischio. Però, come dicevamo, Funtò è un ottimista. E si spinge persino a raccontare una Europa che, sotto la spinta di queste innovazioni, si libera della sua burocratica pigrizia e trasforma l’utopia di Altiero Spinelli in una plausibile realtà, almeno in embrione.
In tutto il romanzo si avverte una tensione tra passato e futuro: quegli anni Settanta delle prime pagine torneranno a inseguire Arturo, a minacciarlo e a cercare di spezzare i suoi progetti. Ma dal passato arriva anche un amore, e la possibilità di ricostruire la propria vita che negli anni del suo girovagare per il mondo sembra sia stata sospesa, come messa in stand by dal lavoro. E il titolo allude proprio a quel “ricatto del gambero”, ovvero al ritorno del passato che minaccia il futuro.
Non ho gli strumenti per prevedere se nel nostro personale futuro ci sarà il processore culturale. Certamente gli spazi che si stanno aprendo attraverso l’intelligenza artificiale e le strabilianti capacità di calcolo introdotte dalle tecnologie (strana parola anche questa che esiste da poco meno di due secoli ma che si è andata modificando nel tempo smettendo di essere un puro sinonimo di tecnica per diventare qualcosa di molto più complesso) ci avvicinano a mutamenti radicali. Comunque questi mutamenti si manifesteranno – se come ce li descrive nel suo romanzo Funtò o in maniere diverse – sarà bene cominciare a pensarci da oggi, per le tante domande che ci pongono. E il romanzo è una guida a comprenderne la prospettiva.
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