Napoli
avanti
adagio
Lentezza e proverbi, una guida
nella città del cuore
Una recensione
di
GIGI SPINA
Vedi Napoli e poi … cuori.
Anzi, cuoricini, quelli che metterei a questa guida, Napoli Adagio, se fosse un post su facebook. Francesca Amirante l’ha curata con grande sapienza e passione, coinvolgendo anche esperti davvero competenti.
L’Adagio del titolo potrebbe essere interpretato in vari modi.
Il primo è una modalità del camminare, forse la prima intuitiva prescrizione, per inverare il sottotitolo: Alla scoperta della città dei contrasti.
Il secondo è un tempo di esecuzione musicale
(meglio verificare sulla Treccani on line):
Treccani: adagio.
ad agio, con comodo. Un tempo più lento dell’andante - quello a
cui ti costringerebbe la frenesia del camminare napoletano, non
frettoloso come quello milanese (l’editore ha sfornato anche un
'Milano Adagio', di Teresa Monestiroli, che dirige la collana degli
Adagio), ma sicuramente concitato - e più mosso del largo,
quell’interminabile sospensione del tempo alla fermata dell’autobus
o della metropolitana, quando davvero senti muoversi tutto il tuo
apparato nervoso che sta per esplodere. Ad agio, inoltre, non è
misura universale, ma individuale: come piace a te, a tuo comodo.
L’ultima pagina, la 255, infatti, è uno spazio bianco a righe: 'La
mia Napoli Adagio'. Proverò a riempirne qualcuna alla fine di questa
presentazione
Il terzo modo è più sapienziale, e forse è l’adagio che preferiscono i napoletani: è la sentenza, il proverbio, e questa volta c’è dietro il verbo latino aio, dico, parlo, magari straparlo. Dunque un visitare Napoli seguendo le indicazioni dei tanti proverbi che ne accompagnano la storia, come del resto ho fatto all’inizio io stesso, arrivando alla conclusione che siamo un po’ tutti parte-nopei: non a caso lo rivela l’avvocato Franco Toffoletto, un testimonial parte-veneto, che sfata il pregiudizio della pericolosità napoletana ( pp. 166-168).
Chi vuole, dunque, utilizzare questa guida, anche se conosce Napoli o addirittura ci ha vissuto per qualche anno o ci vive ancora, può scegliere modi e significati, dal “cuoncio cuoncio” - adagio, appunto - al random lento, fino al percorso proverbiale.
Napoli adagio - alla scoperta della città dei contrasti
di Francesca Amirante
Enrico Damiani editore
Euro 17,00
Perché 'Napoli Adagio' non è una guida tradizionale. Basti guardare la ripartizione in capitoli e paragrafi. Si parte da una suddivisione di forme, e non perché l’Autrice abbia un drone che le individui dall’alto, come ormai fanno per contratto le soap o le serie televisive ambientate nel sud Italia: forme circolari, forme chiuse, forme diritte e forme a zig zag; si divide poi il fuori dal dentro; si passa alle storie e giustamente, solo alla fine, a buon cibo, buon bere e bello stare; non solo per comprare e uno alla volta.
In questi capitoli si dipana la Napoli riscoperta con la modalità dell’adagio, magari evitando l’adagio costretto, addirittura la paralisi assoluta, quando, come nei giorni di festa, i decumani si riempiono fino all’inverosimile.
Luoghi ben noti e luoghi inediti sono distribuiti, grazie al tocco personale dell’Autrice e secondo un nuovo, affascinante inventario, nei vari capitoli. Consiglio a chi vorrà comprare e adottare il libro come guida di sfogliare l’indice dei luoghi, che ritroverà nei singoli capitoli e paragrafi.
Potrà vedere o rivedere monumenti, vie e vicoli, bar e salumerie, squarci impensabili di mare, parchi, musei, chiese. Ognuna di queste tappe è descritta con lessico familiare, con curiosità, con semplicità.
Ed ecco, ora, la mia "Napoli Adagio", che correderò con qualche foto personale e con qualche ricordo, anche per integrare, con discrezione, alcune inevitabili assenze.
Non senza aver prima applaudito:
-
alla menzione del presidio del Marxismo, 7bello, il bar all’angolo fra
via Benedetto Croce e via San Sebastiano (p. 26), se non altro perché
abbastanza vicino a Scaturchio, del quale, per fortuna, non si consiglia
il caffè (opinione del tutto personale). Io consiglierei, visto che è
vicino, di fare un salto al bar Mazzaro, all’inizio di via dei Tribunali
partendo da Piazza Miraglia. … de gustibus
- alla menzione di un
caro amico, Attilio Wanderlingh, che scommise su Piazza Bellini con
Intra Moenia, un caffè letterario ancora attivo e consigliabile (p.
150);
- al
chiostro di San Gregorio Armeno, nascosto e non invidioso di quello di
Santa Chiara, sicuramente bello di una bellezza propria (p. 30 ss.).
E ancora, ma sempre molto adagio, mi piace suggerire:
- le rampe
Paggeria, una breve scalinata a gomito che sale da piazza Plebiscito a
piazzetta Salazar per poi, a metà di via Solitaria, raggiungere il
Pallonetto di Santa Lucia (p. 17 ss.);
- la variegata dimensione
posillipina, dalle ville nascoste e inaccessibili al volgo alla
Posillipo popolare e antica, che Maria Civita continua a ricordare nei
Racconti di Giuseppone;
https://www.facebook.com/raccontidigiuseppone/
- l’Officina
dei Papiri Ercolanesi, ai piani alti della Biblioteca Nazionale, che non
si può non visitare (p. 93);
- una delle tante discese napoletane, e non solo fatta a scale, come
quella che scende da Porta Piccola di Capodimonte e arriva a via Foria,
insomma, il Moiariello, con sorprese a ogni curva (p. 104 ss.).
E per finire, Caravaggio e il Pio Monte della Misericordia (p. 224 s.).
Un po’ di anni fa avevo proposto ai vertici dell’Università di invitare
Roberto Benigni a tenere una delle sue orazioni civili sotto il quadro
della Madonna della Misericordia, per farne un evento internazionale.
Non se ne fece nulla.
Però, come direbbe il Principe parte-nopeo: Oddio, l’idea a me piace! E quindi insisto, grazie anche a questa guida!
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