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Roma
la faccia nascosta

In un libro-guida
storie poco note
e personaggi dimenticati

Una recensione di
VITTORIO RAGONE

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C’è una Roma en plein air, alla portata di ognuno, celebrata nei cataloghi del turismo internazionale, e nel mondo: il Colosseo e la via Sacra, Piazza di Spagna e Monti, i Musei vaticani e i capitolini, gli obelischi e le statue, Pasquino e Giordano Bruno, Caracalla e la Fontana di Trevi. Ci si mette in fila e via. C’è poi una Roma meno nota, cancellata dalle memorie o letteralmente sepolta nelle cavità del sottosuolo, o abbandonata in archivi inaccessibili. Ritrovarne un pezzo, per chi non sia di mestiere storico, architetto o urbanista (e magari anche per loro) può rivelarsi una sorpresa gratificante.



(L'Eternale, rendering)


Facciamo degli esempi. Chi sapeva che in una certa strada dell’Aventino, nella piazza del tempio di Diana, sotto un tombino a dieci metri di profondità, c’è una domus di Traiano, completa di volte e affreschi? Ci abitò quando non era ancora imperatore. Che privilegio, fare due passi nelle case di un augusto. E quanti ricordano che il palazzo di Propaganda fide, a pochi metri da piazza di Spagna, fu il campo di una delle disfide fra Borromini e Bernini? Si sbeffeggiarono a vista, il primo costruendo irridenti finestre a orecchio d’asino di fronte alla casa del rivale, che viveva proprio lì vicino; l’altro opponendogli dalle sue terrazze un gigantesco fallo di marmo che è andato perso nei secoli.

Ma ciò che vale per ieri vale anche per oggi: alzi la mano chi sapeva che GRA non vuol (solo) dire Grande raccordo anulare, ma è un cognome, quello dell’ingegnere che progettò la circonvallazione esterna di Roma. Si chiamava Eugenio Gra ma era vivo quando fu realizzata l’opera, così non ebbe diritto a una citazione ufficiale nella toponomastica della capitale. L’omaggio finì nascosto dietro un acronimo.

Correspondence Album Cover


La Roma che non sai -
Viaggio nei segreti
della città eterna

Fabio Isman

edizioni Il Mulino
Euro 16

Ci propone un nuovo fil-rouge, per attraversare questa seconda Roma celata e negletta, un giornalista di grande esperienza e lungo corso, Fabio Isman, per decenni inviato del Messaggero, ottimo conoscitore della capitale e appassionato dei suoi giacimenti culturali. ‘La Roma che non sai - viaggio nei segreti della città eterna’ (Il Mulino, 196 pagine) non si presenta come un’opera omnia sui misteri della capitale. Anzi. Isman premette, citando uno degli ‘esploratori’ celebri della città, Silvio Negro, che per conoscere Roma “non basta una vita”. Con quest'atto di umiltà, rende anche omaggio alla vastissima, precedente manualistica e narrativa che ha descritto fantasmi del passsato, capolavori inesplorati e leggende sepolte fra le mura.



(Il GRA)


Il libro invoglia alla lettura, come si usa dire, d’un fiato. È una miniera di scoperte grandi e piccole dentro e fuori dalla Ztl. Spinge non solo il turista ‘esterno’, ma anche il romano a scarpinare fra viuzze e chiese cercando quella fontana berniniana su cui nessuno posa mai lo sguardo (Antamoro, zona Trevi) quell’affresco che sembra ritrarre un Pinocchio di 1800 anni fa (necropoli sull'Aurelia), quel singolare palazzo contemporaneo nato dall’intesa fra un’architetta e un celebre psichiatra (via di San Fabiano).

Anche dal punto di vista narrativo Isman aiuta il lettore, scegliendo 35 casi raggruppati per tipologie: i piccoli capolavori da non mancare, i luoghi da non perdere, i personaggi dimenticati, le date da ricordare, le perdite dolorose. Una organizzazione dei materiali - scegliere è sempre un merito - che aiuta a districarsi, calata poi dentro un linguaggio semplice e una accattivante capacità descrittiva.



(Un Pinocchio ante litteram, necropoli sull'Aurelia)


A Roma la storia già di suo parla in presa diretta, e ogni angolo offre lapidi cardinalizie, testimonianze di poeti, rimanenze di pietre antiche. Di questo immanente diorama Isman mette a fuoco alcuni angoli meno illuminati e personaggi finiti nell’oblio. Con una certa, particolare attenzione alle vicende interne della storia vaticana. Come è ad esempio nel racconto su Paride de’ Grassis, maestro delle cerimonie pontificie di Giulio II della Rovere e Leone X Medici, che nel suo diario annotava giorno per giorno ogni gloriosa e minuscola incombenza: siamo così informati su un grande evento artistico, la genesi delle Stanze di Raffaello, ma anche della pessima opinione che Giulio aveva del predecessore (quasi predecessore, in mezzo ci furono i 26 giorni di Pio III) Alessandro VI, nato Roderic Llançol dei Borgia, definito con disprezzo davanti al cronista-notaio un “marrano, ebreo e circonciso”.



(Sirene di guerra sui tetti)


Alla stratificazione di stili, manufatti e opere pubbliche “La Roma che non sai” aggiunge dunque un catalogo di aneddoti e ritrovamenti che, come se fossimo degli Indiana Jones urbani, siamo chiamati a sfogliare sfuggendo agli stilemi dei circuiti convenzionali.


A pagina 91, capitolo XVI, troverete la storia dell’architetto Mario Palanti e del suo Eternale, titanico progetto di grattacielo italico che fece innamorare Mussolini, il quale aveva già apposto il suo consenso e un roboante ‘alalà’: un grattacielo di 330 metri per ottanta piani, che avrebbe dovuto torreggiare su Monte Citorio. Fu fermato da Marcello Piacentini.



(L'ultima fontana di Bernini, zona Trevi)


A pagina 113, capitolo XXI, potrete, saltando al secolo prima, appassionarvi alla storia del ‘Michelangelo americano’, Costantino Brumidi, pittore romano de Roma che qualcosa propose e produsse sotto Mastai Ferretti, ma - come spesso capita - in patria non sfondò. Fu anzi costretto a fuggire, graziato dal Papa dopo una condanna per complicità con la Repubblica romana, e sbarcò negli Stati Uniti, dove trovò infine fama e gloria dipingendo la cupola sì di un Campidoglio, ma quello di Washington.


E a pagina 67, capitolo XI, in una carrellata storica che parte da Villa Stuart, la 'clinica degli sportivi', apprenderete quanti tesori, fra palazzi, ville e giardini, Roma abbia perso dal ‘400 ai giorni nostri. Così come le chiese, che oggi sono 500. Ce n'erano oltre millecento, 630 sono sparite.

In compenso, su ventisei lastrici solari di altrettanti palazzi, sopravvivono malmesse e arrugginite le sirene di guerra. Caso forse unico in Italia. Ma siamo a Roma, e sono eterne pure le sirene.




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