L'Enigma
e la Storia
Mao o Tao, amicizia e dissensi
tra Morante e Fofi
Una recensione di
VICHI DE MARCHI
Un incontro con Elsa Morante dentro e oltre la Storia. Forse è questa la ragione più profonda che ha spinto Goffredo Fofi a radunare in un unico testo lettere scritte e scambiate con la grande scrittrice. Sono lettere che, come recita il sottotitolo di "Cara Elsa" (Liguori editore), narrano la “Storia di un’amicizia” a tratti pacificata, più spesso turbolenta ma sempre percorsa da un forte sentimento di affetto che non si interromperà mai né mai verrà negato anche quando Elsa si rifiuta di rispondere alle telefonate di Goffredo Fofi o quando lui annuncia che le divisioni tra loro sono troppo radicali per potersi ancora parlare. E però continueranno sempre a cercarsi.
Forse uno dei pregi di questo scambio epistolare durato negli anni, oltre a farci percepire, intatto, lo spessore intellettuale di una grande scrittrice, è di farci rivivere un periodo storico, tra il '68 e il '71 dello scorso secolo. Lettera dopo lettera si avverte l’intransigenza morale e politica, la ricerca ossessiva delle ragioni del proprio agire, lo scavo dentro il conflitto. Vite piene e mai pacificate.
Mao o Tao? è uno dei motivi giocosi dello scambio epistolare tra Fofi e Morante. Credere, come faceva Elsa, alla supremazia del poeta o guardare alla vita dei proletari come voleva Goffredo Fofi, intellettuale di “Quaderni Piacentini” impegnato nei quartieri degli ultimi, tra Napoli e Palermo?
Cara Elsa -
Storia di un'amicizia
a cura di Goffredo Fofi
edizioni Liguori
Euro 11,39
Eppure la grande scrittrice non era certo disimpegnata. In una delle prime lettere chiede a Goffredo Fofi di mandarle una lista di indirizzi di adolescenti “squattrinati” cui regalare il suo “Il mondo salvato dai ragazzini”. Il 26 novembre del ’68 gli scrive: “Fino a che Einaudi non ascolterà il mio desiderio di pubblicare i libri a L. 150 – l’unico rimedio per me sarà di regalarli personalmente io ai lettori”, in particolare quelli per cui scrive. E ancora: “Ho deciso di investire d’ora in poi almeno una parte dei miei diritti d’autore nella diffusione gratuita dei miei libri…”.
Elsa Morante confessa a Fofi la sua vera tragedia esistenziale: “… io non vorrei arrivare al Nirvana né alla Gerusalemme celeste o a quella terrestre; vorrei tornare all’Eden. E se qualcosa è impossibile è proprio questa”, gli scrive un lunedì sera, senza data. È il cruccio del poeta, vagheggiare una meta irraggiungibile, mentre Fofi incarna una generazione che è completamente dentro la Storia, vive nel conflitto e agita le proteste. Un po’ la Morante ammira e invidia questa fiducia nella Storia. Eppure vi dissente, vive la sua epoca come un continuo e lacerante “enigma”, lei così impegnata in quegli anni a scrivere la Storia, il suo romanzo più grande.
E proprio negli anni attorno al 1970, di Pasqua, pensando a Goffredo Fofi, scrive “Piccolo manifesto dei comunisti (senza classe né partito)” per cercare di spiegare le sue convinzioni. Quel manifesto Fofi lo ebbe da Carlo Cecchi, amico di una vita della scrittrice, solo dopo la morte della Morante, avvenuta nel 1985. In esso l’autrice di L’Isola di Arturo elenca 13 punti e sul Potere concentra le sue conclusioni: “Una folla consapevole che afferma la libertà dello spirito è uno spettacolo sublime. E una folla accecata che esalta il Potere è uno spettacolo osceno”. Del resto lei, anche da famosa, dal potere si era sempre tenuta distante.
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