Giappone
partire
e poi tornarci
Viaggio in un paese
da capire (forse) poco a poco
Una recensione di
MARCELLA CIARNELLI
Capita ad ogni viaggiatore. Dopo qualche giorno in un qualunque Paese, sembra di averne compreso a fondo cultura, misteri, stili di vita. Di esserci già stati, colpevoli in questo caso le ambientazioni dei film o delle serie televisive. Di poter mettere i ricordi e le sensazioni del viaggio nell’archivio in cui ognuno di noi conserva gli itinerari che si ritengono esauriti. Poi però succede di tornarci dopo qualche anno e si scopre che niente si era capito di quei luoghi, di quella realtà.
A leggere il libro di Edoardo Lombardi Vallauri “Non capire il Giappone” (Il Mulino) ci si rende conto subito che, se mai dovesse capitare di andarci, sarà meglio non peccare di superbia. Il Giappone è la cartina di tornasole del viaggiatore inadeguato. E sembra chiaro, dalle duecento pagine del libro, che al visitatore occidentale serviranno più e più visite (e una grande umiltà, appunto) per illudersi di aver compreso le sfaccettature di un Paese originale e isolato.
Per facilitare l’approccio con una realtà così diversa il professore-autore ha scelto la strada a lui più congeniale, con un prologo che sintetizza la sua esperienza d’approccio con Nihon, la parola con cui il 61 per cento dei giapponesi identifica la propria terra che, dopo un anno mezzo di permanenza distribuita in sette soggiorni, ancora non consente a Lombardi Vallauri di “emettere verità sul Giappone, perché continuo a non capirlo. Né le cose grandi, né i dettagli”. Si prosegue con trentadue storie di esperienza quotidiana e di curiosità legate ad oggetti, situazioni, feste, abitudini quotidiane in cui chiunque, viaggiatore superficiale o impegnato che sia, può inciampare cercando di svelare i segreti di una realtà che “per noi europei è il Paese più straniero che ci sia. Sono asiatici e per di più isolani d’Asia. Distano dalla media orientale che è già lontanissima da noi più di quanto gli inglesi siano sui generis rispetto alla media europea”.
Un glossario di più di quaranta termini, non spiegati nel testo, alla fine del volume prende per mano il lettore (e il viaggiatore) e li guida alla scoperta di altre parole e significati. Un passaporto in più per “entrare” in Giappone. Per scoprire attraverso luoghi comuni e miti, come quelli legati alla precisione, al rispetto delle regole o alla capacità di essere felici per davvero, verità comunque difficili da raggiungere. Anche quelle semplici.
Ogni Paese è quello che è o quello che a noi sembra. Quello che ti affascina o quello che ti respinge. A volte si camuffa compiacente, o sceglie di mostrarsi ostile e incomprensibile. “Io conosco soprattutto il Giappone moderno e urbano, e in particolare l’immensa Tokyo dove è un po’ compendiato tutto il mondo, come l’umanità è riassunta a New York lo è anche a Tokyo, ma con una prevalenza dell’Asia invece che dell’Occidente” avverte l’autore, che non disdegna la natura selvaggia del Giappone “rurale e tradizionale con la sua semplicità e il suo garbo leggero. Posso dunque - scrive - raccontare il mio Giappone ma non posso spiegarlo. Al massimo posso provare a spiegare qualche dettaglio qua e là, qualche meccanismo minore. Né posso mettere in ordine le cose veramente importanti da dire”.
"NON CAPIRE IL GIAPPONE"
Edoardo Lombardi Vallauri
Edizioni Il Mulino
16,15 euro
Ecco alcuni degli argomenti e delle curiosità. Si comincia con la bussola, indispensabile per orientarsi in una città di milioni di abitanti le cui strade non hanno nomi tranne pochi boulevard, assi portanti della viabilità che l’autore affronta come un vero e proprio esploratore indossando un gilet da pesca multitasche che può accogliere di tutto ma può anche nasconderlo così bene da non fartelo trovare più. In Giappone i tombini sono asimmetrici e qualunque oggetto, da una semplice maglietta ad una penna a basso costo, sono perfetti. Lì non esiste il concetto che una cosa che costa poco deve valere poco.
Ci sono poi i treni, superlativi. Con le poltrone orientabili per stare sempre nel verso del viaggio, corridoi larghi, panorama assicurato. I cessi sono postazioni di pilotaggio dove un’elettronica sofisticata controlla non solo la temperatura di preriscaldamento della tavoletta ma anche la direzione, temperatura, pressione e raggio di schizzi dei getti d’acqua. Postazioni avveniristiche con una parte superiore semplice. Uno sciacquone la cui acqua è utilizzabile in modo elementare per lavarsi le mani dopo le abluzioni con lo spruzzo. In sovrappiù ci può essere un modello che ha come addobbo un giardinetto di plastica.
E poi ci sono i meravigliosi fiori dei ciliegi generosi nella fioritura ma di breve vita e il bambù durissimo ed elastico che viene usato per fare le impalcature nei cantieri. Noi usiamo il metallo, loro i ponteggi per costruire palazzi di decine di piani li fanno con il bambù.
E c’è la firma che non è fatta a mano da chi deve sottoscrivere un atto o una compravendita. Le cartolerie espongono sul proprio marciapiede una teca rotante con strani bastoncini di plastica che all’estremità hanno degli ideogrammi in rilievo. Sono dei minuscoli timbri con cui puoi firmare un atto d’acquisto, comprarti una casa o una macchina. Il valore identificativo della persona, in caso di contestazioni, è evidentemente collegato solo al fatto che nel paese in questione “non è contemplata l’ipotesi che qualcuno possa ordire una truffa”.
'Mai in ritardo' è un’altra certezza di questa realtà. “Per i giapponesi è chiaro quello che non è chiaro a noi” per le piccole e ancor più per le grandi cose, cioè: il ritardo è un venir meno alla parola data, quindi un danno e una mancanza di rispetto. E rispetto c’è anche se ti accade che ti arrestino.
Si potrebbe continuare ad elencare gli scritti-fotogrammi di Lombardi Vallauri. Ma farlo brucerebbe la possibilità di scoprire, attraverso le pagine del libro, quali stimoli e curiosità questo lontano Paese può riservare a chi si avventura nella sua tradizione e nella sua modernità. A chi, appena ripartito, pare abbia già voglia di tornarci. Per verificare se lo ha compreso o per farsi stupire ancora.
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