Film a episodi del 1993, intimista e autobiografico, diretto e interpretato da Nanni Moretti. Nella prima delle tre parti in cui è divisa la pellicola, intitolata “In Vespa”, come un novello Gregory Peck di “Vacanze Romane” il protagonista gira per la città alla guida della sua due ruote. Quello che ne nasce è una sorta di Grand tour della Capitale e dei suoi quartieri, ricco di riflessioni, di commenti urbanistici e sociologici.
E’ soprattutto la zona sud di Roma quella che Moretti attraversa, dalla Garbatella a Casalpalocco, passando per Spinaceto, quartiere in cui Il regista si ferma per esplodere in una frase rimasta nella memoria di molti suoi fan e di molti romani: “Beh Spinaceto pensavo peggio, non è per niente male!”
Dopo un fortuito incontro, nelle vicinanze di Porta Metronia, con l’attrice Jennifer Beals, il tour del regista si conclude a Ostia, per l’esattezza all’Idroscalo, accanto al monumento dedicato a Pier Paolo Pasolini.
Meno noti e soprattutto molto meno capitolini i successivi due episodi: il secondo, “Le isole”, è girato alle Lipari, mentre il terzo, “Medici”, è l’amaro racconto del suo rapporto con la medicina (anzi con le medicine, inclusa la medicina orientale), per diagnosticare e curare un tumore. Da notare, nel film, i diversi “cameo” di attori di livello che in questa pellicola hanno il semplice ruolo di comparse o di figuranti: dalla già citata Jennifer Beals nella parte di se stessa a Moni Ovadia e Marco Paolini, per finire col regista Carlo Mazzacurati.
«Via Cassia 1043», comprensorio Le Isole, un’oasi di calma e serenità”, è questa la location segnalata da una voce fuori campo all’inizio del film di Marco Risi, del 1998, in cui si svolgono gli eventi; un luogo descritto con dovizia di particolari, persino indicandone il numero civico.
In realtà le cose non stanno esattamente così. In via Cassia 1043, che corrisponde più o meno all’altezza dello svincolo per il Grande Raccordo Anulare, poco prima di via Volusia, non esistono palazzine così alte come quelle che si vedono nel film. In quella zona ci sono solo palazzine di pochi piani, però Marco Risi, pur ricostruendo la location in studio, ha voluto comunque mantenere le indicazioni urbanistiche presenti nel libro da cui il film è tratto: “L’ultimo capodanno dell’umanità” di Niccolò Ammaniti, in cui si descrive questo immaginario comprensorio, all’interno del quale si dice siano anche un cinema, una discoteca, campi da tennis e addirittura una piscina olimpionica, ovviamente inesistenti in quel punto della via Cassia.
La Roma, anzi la Roma Nord, descritta in questo film grottesco, surreale, divertente ma a tratti persino inquietante, è vista dall’angolazione di un mondo borghese falsamente sereno e tranquillo, ricco invece di rancori, di meschinità, di segreti che esplodono tutti nella serata di Capodanno, facendo letteralmente saltare in aria le apparenze. Tutt’attorno, ruota un’ulteriore umanità fatta di piccoli arruffoni, malavitosi da due soldi, millantatori, gigolò, squillo, tossicomani, anch’essa coinvolta nel delirante andamento di quella notte di festa. Gli eventi della serata, faranno sì che tutte le diverse vicende giungeranno a concentrarsi e a deflagrare nell’immaginario condominio romano.
Nel ricco cast del film troviamo tra gli altri Monica Bellucci, Alessandro Haber, Marco Giallini, Claudio Santamaria, Ricky Memphis, Giorgio Tirabassi, Beppe Fiorello, Angela Finocchiaro, Iva Zanicchi, Adriano Pappalardo, Riccardo Rossi, Maria Monti. Le poche scene ambientate fuori dal fantomatico comprensorio, forse per rendere più credibile l’ipotetica location indicata all’inizio del film, sono effettivamente girate non troppo distante dalla via Cassia, tra Ponte Flaminio e corso Francia, nel distributore di benzina dirimpetto a quello che verrà reso successivamente famoso dalle cronache, per via delle vicende legate a Mafia Capitale e a Massimo Carminati.
Dopo il successo del precedente film “Un giorno in pretura”, nel 1954 Nando Mericoni, il fortunato personaggio interpretato da Alberto Sordi, torna sul grande schermo, sempre con la regia di Steno, per dare vita a quella che sarà una delle più divertenti commedie italiane della storia del cinema: “Un americano a Roma”. Il film è una satira di costume sull’esterofilia post bellica, su un’America sognata e immaginata ma conosciuta solo attraverso la visione di film e fumetti, o l’ascolto di musiche d’oltreoceano.
Il film è anche una raffica di esilaranti sequenze rimaste nella memoria, dal fosso della Maranella al gatto mammone, dalla fuga sui tetti di Roma all’indimenticabile scena degli spaghetti, oltre che di modi di dire falsamente anglofoni, entrati nell’uso popolare: “Orrait”, “Polizia der Kansas City”, “Auanagai”, “Maccarone io ti distruggo”.
Roma è rappresentata non solo nello spirito dell’epoca, di una generazione di romani che aveva vissuto in gioventù i liberatori, arrivati in città nel ’44, quasi come se fossero dei supereroi di qualità superiore, ma anche attraverso le immagini dei suoi angoli famosi e nascosti: dai tetti di via Margutta su cui Mericoni fugge seminudo al Portico d’Ottavia, dove avviene il suo incontro col gatto, al Colosseo, dove il protagonista si arrampica minacciando di buttarsi se nessuno lo aiuterà a partire per il “Kansas City”.
«Tre soldi nella fontana», titolo originale “Three coins in the fountain”, è un film americano del 1954, diretto da Jean Negulesco. Nato sulla scia del successo di “Vacanze romane”, film uscito l’anno precedente, riuscirà ad essere una delle commedie più amate degli anni Cinquanta, sia in America che nel nostro paese. Il titolo prende spunto da una nota leggenda che vuole che chi getta delle monete nella Fontana di Trevi potrà rivedere Roma.
Come nel precedente film con Audrey Hepburn e Gregory Peck, in “Tre soldi nella fontana” si narrano le vicende romantiche di alcuni americani in visita nel Belpaese. Non solo Roma, ma inizialmente anche Venezia fa da meta e da sfondo alle storie. Le protagoniste della vicenda sono tre segretarie americane che lavorano temporaneamente nella capitale italiana: Anita, Maria e Frances. Le tre sembrano destinate a rientrare negli Stati Uniti ma alla fine, dopo il lancio delle monete nella Fontana di Trevi, quasi per magia è proprio nella Città Eterna che troveranno l’amore e si accaseranno. Anita convola a nozze con il collega Giorgio (interpretato da Rossano Brazzi), Maria conquista il principe Dino Dessi, Frances si sposerà con Shadwell, il suo datore di lavoro.
Il brano musicale omonimo, che funge da colonna sonora, ottenne il premio Oscar quale migliore canzone. Una curiosità: il nome di uno dei personaggi, il Principe Dino Dessi futuro sposo di Maria, nella versione originale in inglese era diverso. Si chiamava infatti Prince Dino Di Cessi. Nella versione italiana, per evidenti motivi legati al significato della parola cessi, quel nome fu opportunamente modificato.
«Nella migliore tradizione della commedia italiana, quella capace di unire con perfetto equilibrio la comicità e la critica sociale, il film di Ettore Scola del 1974 è il grande affresco di una generazione, quella passata dalla guerra agli anni Settanta, attraverso trent’anni di storia italiana. A fare da cornice, ma anche da coprotagonista della vicenda, è la città di Roma dove i personaggi vivono e dove sono ambientate la maggior parte delle scene.
Il film è anche un omaggio al cinema e alla televisione, ricco di citazioni che vanno da “Ladri di Biciclette” a “Lascia o Raddoppia”, da Michelangelo Antonioni alla Nouvelle Vague francese. La morte di Vittorio De Sica, che avverrà proprio durante la lavorazione del film, farà anche sì che Scola dedicherà esplicitamente al regista scomparso la propria pellicola, oltre a inserire una sua intervista all’interno del racconto. La citazione più esplicita ed evidente è però quella fatta nei confronti della “Dolce Vita”, con un’intera sequenza ambientata durante le riprese della famosa scena del bagno alla Fontana di Trevi e con Federico Fellini e Marcello Mastroianni che, in un cameo, interpretano se stessi.
Protagonisti della pellicola di Scola sono Nino Manfredi, Vittorio Gassman, Stefania Sandrelli, Stefano Satta Flores, nella parte di vecchi compagni ai tempi delle lotte partigiane, persi poi di vista e ritrovati dopo tanti anni, con destini ormai molto diversi e ruoli sociali in contrasto coi vecchi sogni e con l’antico spirito cameratesco. Da rimarcare, in ruoli minori, anche le interpretazioni di Aldo Fabrizi e di Giovanna Ralli, oltre alle apparizioni di Mike Bongiorno (nel ruolo di se stesso) e di Ugo Gregoretti.
Nel film compare spesso la Roma degli anni Settanta, in cui i personaggi si ritrovano e raccontano le proprie vite, raffigurata da Piazza del Popolo (all’epoca un enorme parcheggio di autovetture) a Piazza di Spagna, dall’Aventino a San Michele a Ripa, dalla Garbatella (dove ha sede la scuola davanti alla quale, nel film, si svolge il sit-in) a Piazza Caprera, da Fontana di Trevi a San Giovanni. La grande villa di Aldo Fabrizi, il palazzinaro senza scrupoli, poi ereditata da Gassman, è una vera villa romana, spesso location di opere cinematografiche, tutt’ora esistente all’Olgiata, sulla Cassia, nella zona nord della città. Allo stesso modo la trattoria “Dal re della mezza porzione”, citata nel film e in cui i protagonisti si fermano a mangiare, era una vera trattoria romana, ubicata in centro e precisamente a Piazza della Consolazione, e all’epoca delle riprese risultava ancora attiva proprio con questo nome.