DAGLI IGNOTI ALLE FATE

CENTO FILM PER RACCONTARE ROMA — 5

31 gennaio 2021

(21) Romanzo Criminale

di Michele Placido

Il film di Michele Placido del 2005, tratto dal romanzo di Giancarlo De Cataldo, racconta le vicende di oltre due decenni di storia romana e italiana visti attraverso gli occhi della famigerata Banda della Magliana, quella che viene considerata a tutt’oggi la più potente organizzazione criminale che abbia mai operato a Roma. Il successo del film permetterà di dare vita anche a un’omonima e altrettanto fortunata serie televisiva, che ha avuto inizio nel 2008.



Le vicende narrate nella pellicola partono dalla metà degli anni Sessanta, quando quattro piccoli delinquenti di strada, sulla spiaggia di Castelfusano, decidono di darsi dei nomi di battaglia: da allora si chiameranno il Libanese, il Dandi, il Freddo e il Grana. La storia si concluderà negli anni novanta, dopo gli attentati mafiosi che hanno sconvolto l’Italia di quegli anni e l’inizio della cosiddetta “seconda repubblica”.

Del cast del film fanno parte Pierfrancesco Favino, Kim Rossi Stuart, Claudio Santamaria, Riccardo Scamarcio, Jasmine Trinca, Stefano Accorsi, oltre allo stesso regista Michele Placido e allo scrittore Giancarlo De Cataldo, che appare in alcune scene nella veste di giudice. Non tutte le vicende narrate hanno un’adesione con i reali fatti che hanno visto protagonista la banda criminale. Quello che Placido vuole mettere in scena non è infatti un film storico, ma la rappresentazione di un’atmosfera, delle logiche vigenti in quella Roma criminale che ha a lungo contribuito a determinare l’andamento, anche politico, della vita cittadina e nazionale.

La città che viene ripresa nel film, nonostante il riferimento alla Magliana che farebbe supporre delle location per la maggior parte periferiche, è invece soprattutto quella del centro storico, con numerose scene girate a Trastevere, a Piazza di Spagna, oltre che a Monteverde (dove è la casa-bordello di Patrizia, la prostituta amata dal Dandi), al Gazometro e sulla spiaggia di Ostia. Come in “C’eravamo tanto amati”, la villa del Libanese è una vera villa dell’Olgiata, anche se diversa da quella usata nel film di Scola, mentre quella del personaggio di Trentadenari è a Casalpalocco.



(22) Fantasmi a Roma

di Antonio Pietrangeli

«Film diretto nel 1961 da Antonio Pietrangeli, su sceneggiatura di Ennio Flaiano, con un cast di tutto rispetto che comprende Marcello Mastroianni, Eduardo De Filippo, Tino Buazzelli, Sandra Milo, Vittorio Gassman, è una favola dal sapore surreale, che narra le vicende delle anime di alcuni personaggi deceduti da diversi secoli, ma che ancora vagano per le vie e i palazzi della Capitale. Come spesso accade nelle commedie italiane di quegli anni, il tema funge anche da pretesto per aprire uno squarcio sulle trasformazioni urbanistiche e sociali avvenute nella città.



Questo appare molto evidente nella scena in cui Mastroianni e Buazzelli, ovvero Reginaldo e Fra' Bartolomeo, si spingono fino al neonato quartiere del Quadraro, allora in costruzione, alla ricerca dell’anima del pittore seicentesco Giovan Battista Villari, detto il Caparra, interpretato da Vittorio Gassman, che vive in piazza dei Consoli, in un’antica torre di campagna, oggi sede di un centro anziani. Il Caparra narra allora le vicende legate ai suoi frequenti spostamenti di domicilio, dovuti alle trasformazioni urbanistiche subite nei secoli dalla città, lasciando trasparire un’evidente critica nei confronti dell’eccessiva urbanizzazione capitolina, una città che proprio in quegli anni vedeva crescere forsennatamente la propria popolazione e i propri metri cubi di cemento.

Il contrasto fra una nobiltà antica della città e la foga materialista delle nuove generazioni, figlie del boom economico, è rappresentato metaforicamente anche dal passaggio di consegne che avviene nel palazzo nobiliare in cui vivono i fantasmi, situato in pieno centro, a via della Pace, dopo la morte del suo vecchio proprietario. Il palazzo viene ereditato dal rampollo Federico di Roviano, interpretato sempre da Mastroianni, deciso ad abbatterlo per farne un ben più redditizio e moderno supermercato. Il progetto verrà però sventato, con un espediente, dall’astuzia dei fantasmi. Oltre al palazzo di via della Pace e al quartiere del Quadraro, numerose altre location romane, soprattutto della parte storica della città, appaiono nel film: dal Convento di San Giorgio (a piazza San Salvatore in Lauro) a Ponte Cestio, a via Lancellotti, dove è il night in cui il fantasma di Reginaldo bacia una bella cantante, che poi si rivela essere un uomo.



(23) Nell'anno del Signore

di Luigi Magni

Primo film della trilogia dedicata al risorgimento romano, che proseguirà con “In nome del Papa Re” e “In nome del popolo sovrano”; diretto nel 1969 da Luigi Magni “Nell’anno del Signore” prende spunto da alcuni fatti storici realmente accaduti, con la condanna a morte, avvenuta a Roma nel 1825, dei carbonari Targhini e Montanari, rei di avere tentato una insurrezione contro il Papa in città. L’episodio è però solo uno spunto per una sorta di affresco capitolino e di racconto popolare, in cui numerose sono le licenze che il regista si prende rispetto ai reali accadimenti.



Con Nino Manfredi quale protagonista principale e un cast di cui fanno parte Claudia Cardinale, Alberto Sordi, Ugo Tognazzi, Enrico Maria Salerno, Robert Hossein, Renaud Verley, Enzo Cerusico e un allora poco noto Pippo Franco, il film ben rappresenta lo spirito ambivalente dei romani, quel loro oscillare fra menefreghismo e impegno sociale, fra volgare indolenza e nobiltà d’animo, fra grande altruismo e meschino servilismo nei confronti di un potere politico sempre ben presente e radicato in città. Uno spirito romano rimasto quasi immutato nei secoli e ben raffigurato dal personaggio (immaginario) intrepretato da Nino Manfredi, un ciabattino detto Cornacchia, all’apparenza un rozzo analfabeta, nella realtà un fine pensatore, segretamente autore delle scritte che nottetempo appaiono sulla statua di Pasquino.



Data l’ambientazione storica delle vicende, collocate ai primi dell’ottocento, tutte le location del film sono scorci del centro di Roma. Si va dall’Isola Tiberina, dove avviene il tentato omicidio da parte dei carbonari nei confronti della spia Filippo Spada, a piazza Capizzucchi, dove nella finzione scenica viene collocata la statua di Pasquino, dal Gianicolo alla Loggia dei cavalieri di Rodi, dove nella pellicola abita il cardinale Rivarola interpretato da Ugo Tognazzi, fino alla fontana di piazza Trilussa.



(24) I soliti ignoti

di Mario Monicelli

«Questo film, diretto nel 1958 da Mario Monicelli, uscito nelle sale come una semplice commedia comica, è ormai unanimemente considerato uno dei capolavori assoluti del cinema italiano. Merito della sceneggiatura, della regia e delle interpretazioni di Marcello Mastroianni, Vittorio Gassman, Totò, Renato Salvatori, Tiberio Murgia, Claudia Cardinale, Memmo Carotenuto, Carla Gravina e Carlo Pisacane, ovvero il mitico Capannelle. E merito di una Roma che fa da cornice e da ulteriore protagonista.



Si narrano le vicende di un gruppo di piccoli ladruncoli, dalle vite incerte e dalla scarsa perizia anche nel compiere le proprie malefatte, che decide di mettersi insieme per organizzare il “colpo del secolo” e svaligiare una banca. Tra numerosi imprevisti, contrattempi, clamorosi errori di programmazione e di esecuzione, il furto non andrà però a buon fine. Quello che ne risulta è un film divertentissimo che è anche lo spaccato di un’umanità sempre precaria e ai margini, vista però con sguardo ironico, pur senza negare anche momenti di riflessione sociale, che attraversano tutto il film più o meno sottotraccia. È questa miscellanea fra battute irresistibili e serietà di stampo quasi neorealista che prenderà il nome di Commedia all’italiana, un genere cinematografico di cui “I soliti ignoti” è il film capostipite.

Roma compare quale protagonista fin dalla prima scena, quando il film si apre con Cosimo (Memmo Carotenuto) e Capannelle (Carlo Pisacane) che tentano di rubare un’automobile in via

Alesia, una strada non distante da via Gallia. I grandi casermoni periferici nei quali Capannelle cerca di rintracciare Mario si trovano invece in via Tonale, all’incrocio con via Monte Taburno, non distanti dal mercato del Tufello. La casa di Capannelle è un piccolo complesso di baracche, oggi non più esistente, dalle parti di Via Collatina. Una delle scene più famose del film, quella in cui Totò istruisce gli amici sulle tecniche di scasso, è stata infine girata in un palazzo di Casal Bertone, oggi abbattuto. Ma sono molte altre le zone della città che fanno la loro comparsa nel film: da via Gregorio VII al Foro Italico, da Monte Testaccio alla Batteria Nomentana, dalle Mura Vaticane all’Università del Sacro Cuore, a Porta Portese, a via delle Tre Cannelle, al Gianicolo, in un tour di Roma decisamente non da cartolina turistica, ma proprio per questo molto più interessante agli occhi di un romano.



25) Le fate ignoranti di Ferzan Ozpetek

(25) Le fate ignoranti

di Ferzan Ozpetek

«È un film del 2001 diretto dal regista italo-turco Ferzan Ozpetek, incentrato sui temi dei rapporti di coppia e dell’omosessualità - basato anche su vicende autobiografiche realmente vissute dal regista - che ha per attori protagonisti Margherita Buy e Stefano Accorsi. La Buy interpreta Antonia, una donna serenamente sposata e mediamente agiata, dottoressa specializzata nelle cure contro l’AIDS, che pare vivere un’esistenza personale e di coppia piuttosto tranquilla finché suo marito Massimo non muore travolto da un’autovettura. Tra gli oggetti che il marito scomparso lascia nel suo ufficio Antonia scopre un quadro dal titolo “Le fate ignoranti”, su cui è presente una dedica che lascia sospettare l’esistenza di un’amante segreta.



Comincia così per la donna una serie di ricerche che la porterà a frequentare la strana casa in cui vive Michele (Stefano Accorsi) insieme a una sorta di curiosa famiglia allargata multietnica, che si ritrova spesso lì in modo conviviale, soprattutto sulla grande terrazza, che viene animata quasi ogni giorno da una comunità variopinta composta da un gruppo di omosessuali, una transessuale, alcuni esponenti della comunità turca di Roma e da altri personaggi. Saranno loro che a poco a poco faranno scoprire ad Antonia realtà da lei sempre ignorate, inclusa l’omosessualità del marito Massimo, che lui aveva tenuto segreta durante tutta l'esistenza.

Il film è interamente girato nel quartiere Ostiense, altro elemento autobiografico inserito nella storia dal regista Ozpetek che da anni abita in quella zona e che, come i protagonisti del film, ha raccontato di avere spesso l’abitudine di riunire in casa propria un variopinto gruppo di amici e parenti. La terrazza che appare nella pellicola, che mostra sullo sfondo il Gazometro, si trova proprio a Ostiense, in via dei Magazzini Generali. Altre immagini di esterni sono girate in via del Porto Fluviale e in via della Piramide Cestia. Il museo dove la Buy entra, in una delle scene, è un museo vero presente nel quartiere: la Centrale Montemartini di via Ostiense. Infine, la festa sul fiume alla quale la protagonista partecipa è stata girata su un barcone accanto al ponte dell’Industria, nel quale, per tutti gli anni Novanta e i primi anni del Duemila, era realmente attiva una discoteca sul Tevere molto frequentata dai romani. Il barcone fu poi affondato da una piena del fiume nel 2007 e oggi è stato rimosso.

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