L’opera di Stefano Sollima, del 2015, è tratta dall’omonimo libo pubblicato due anni prima da Carlo Bonini e Giancarlo De Cataldo, l’autore di “Romanzo Criminale”. Ispirata da reali fatti di cronaca degli anni immediatamente precedenti all’uscita nelle sale (la caduta del governo Berlusconi, le dimissioni di Papa Ratzinger, raccontate nel film), la pellicola presenta una Roma criminale e violenta, con strettissimi legami fra malavita e mondo della politica.
Mentre il Papa medita le dimissioni, a Ostia viene dato alle fiamme uno stabilimento balneare e a Roma viene ucciso un piccolo criminale per ordine di Samurai, un boss superstite della banda della Magliana. La vicenda principale del film ha inizio con la morte per overdose di una prostituta minorenne durante un festino organizzato da Filippo Malgradi, interpretato da Pierfrancesco Favino, un parlamentare amico, fin dai tempi degli anni di piombo, di Samurai, che sullo schermo ha il volto di Claudio Amendola. Per occultare il cadavere della ragazza verrà chiamato Spadino, un malavitoso affiliato a un clan di zingari di Roma est. Questo episodio scatenerà una serie di ricatti, con feroci lotte fra bande rivali e dure pressioni sul mondo politico, per fare approvare una legge sulle periferie che permetterebbe la realizzazione di un progetto chiamato Waterfront, una grande speculazione edilizia ideata per trasformare Ostia in una sorta di Las Vegas nostrana. L’improvvisa caduta del governo manderà provvisoriamente in fumo il piano.
Nonostante si tratti di un’opera di fantasia, sono chiari i rimandi alle vicende narrate in quegli anni da giornali e tv, relative al clan dei Casamonica e a quello degli Spada, oltre agli intrighi fra palazzi della politica, malavita, escort e droga. Il film ha avuto un buon successo di pubblico all’uscita nelle sale, tanto da ispirare la creazione di una omonima serie TV, a tutt’oggi in programmazione su Netflix.
Numerosi sono i luoghi e le zone di Roma ben riconoscibili nella pellicola. Si va dalla Casina Valadier al bar “La mela stregata” di piazza Pasquale Paoli, dal centro di via del Babuino e piazza sant’Andrea della Valle alla via Tiburtina del “Dubai Cafè” al bar del benzinaio Eni sulla via Salaria, all’altezza della zona dei concessionari, che nel film funge da ufficio di Samurai. Lo stabilimento di Ostia, che fa da location in diverse scene, è infine “La vecchia pineta”.
Sulla scia del grande successo de “Il marchese del Grillo”, uscito l’anno prima, il film di Sergio Corbucci del 1982, che ha per protagonista Enrico Montesano nelle vesti di un singolare conte di estrazione popolare, è un’altra storia che prende ispirazione da personaggi della memoria romanesca, a metà fra storia e leggenda. Quello del conte Tacchia è, molto liberamente, ispirato alla figura del conte Adriano Bennicelli, che alcune fonti ci dicono essere vissuto tra il 1860 e il 1925, divenuto famoso nella Roma umbertina soprattutto per il suo turpiloquio e i suoi modi sfrontati, che lo portarono spesso ad essere il protagonista di memorabili e pittoresche liti, finite anche in tribunale. Dato che i conti Bennicelli si erano arricchiti con il commercio del legname, i romani lo avevano soprannominato per l’appunto “tacchia”, cioè pezzo di legno.
Il conte Tacchia del film è invece di estrazione popolare, si chiama Francesco Puricelli ed è figlio di un falegname, interpretato da Paolo Panelli. È infatuato del bel mondo della nobiltà romana, che conosce grazie all’amicizia con il principe Terenzi, che ha il volto di Vittorio Gassman, un nobile ormai in decadenza e squattrinato, oltre che solo e senza amici né familiari, ma d’indubbia eleganza ed eloquio. Alla morte di questi, Puricelli riceverà in eredità i suoi titoli e il suo palazzo. Diviso fra due mondi, rappresentati simbolicamente anche dalle due donne, Fernanda la popolana ed Elisa la duchessina, da cui è attratto, il conte Tacchia si accorgerà presto della grettezza che si cela dietro a quel bel mondo fatto di titoli e ricche casate. Creduto erroneamente morto, ne approfitterà dunque per fuggire in America con l’amata Fernanda, per rifarsi lì una nuova vita.
A differenza di altri film dal tema analogo (a partire dal prima citato “il marchese del Grillo”) le scene del conte Tacchia sono realmente girate nei vicoli e nei palazzi di Roma. C’è il Foro di Traiano della passeggiata notturna di Gassman e Montesano, c’è la splendida Villa Medici, coi suoi giardini, oltre al laghetto di Villa Borghese, il Colosseo, Villa Pamphili, la piazzetta di Santa Maria della Pace, Porta San pancrazio. La villa dei conti Savello è Villa Giovanelli-Fogaccia, su via di Boccea, costruita su progetto dell’Architetto Marcello Piacentini e usata come location in numerosi film. La scena del duello è ambientata al Castello di Roccarespampani, a Monte Romano, in provincia di Viterbo. Gran parte delle scene si svolgono in piazza Capizzucchi, al centro di Roma, poco distante dal Ghetto. Nella piazza è collocata la bottega di falegname del protagonista e Palazzo Capizzucchi è il palazzo cinquecentesco di proprietà prima del principe Terenzi e poi del conte Tacchia.
È un curioso film collettivo del 1976, dalla struttura originale, diretto da Age, Leonardo Benvenuti, Luigi Comencini, Piero De Bernardi, Nanni Loy, Ruggero Maccari, Luigi Magni, Mario Monicelli, Ugo Pirro, Furio Scarpelli ed Ettore Scola, riuniti nella cosiddetta “Cooperativa 15 maggio”. Si tratta della parodia di un'immaginaria giornata televisiva, con inchieste giornalistiche, sceneggiati, telefilm, quiz, trasmissioni per ragazzi, spot pubblicitari e un telegiornale (il TG3, che all'epoca ancora non esisteva) che funge da filo conduttore. Ne risulta una rappresentazione paradossale e satirica, al tempo stesso comica e di denuncia, grottesca ma con un fondo di realismo, della società dell’epoca, del suo mondo politico e degli altri principali poteri: l'esercito, la chiesa, i media.
Con Marcello Mastroianni nel ruolo di anchorman televisivo, preso anche da vicende sindacali e private e da un flirt con la bella assistente nel bel mezzo della sua diretta, il film vanta un cast di tutto rispetto di cui fanno parte, tra gli altri, Vittorio Gassman, Paolo Villaggio, Adolfo Celi, Ugo Tognazzi, Nino Manfredi, Senta Berger, Gabriella Farinon, Mario Scaccia, Carlo Croccolo, Monica Guerritore.
Se alcuni degli episodi in cui è frammentata la pellicola sono girati a Bracciano, a Napoli e a Milano, la maggior parte presenta chiaramente scorci romani. Si va dal Villaggio Olimpico e da una piazza nelle vicinanze di via La Spezia nell’episodio intitolato “La bomba” a un bel palazzo dei primi del Novecento accanto a viale del Policlinico, che funge da ambasciata nella “Lezione d’inglese”, a una villa dell’Olgiata a piazza Montecitorio, dove ha luogo l’intervista di Mastroianni a un ministro corrotto.
Col titolo rubato a una famosa canzone di Antonello Venditti, il film di Fausto Brizzi del 2006 è il ritratto di una generazione, quella che andava al liceo nella seconda metà degli anni ottanta, l’epoca dei paninari, dei Duran Duran, del rampantismo, un periodo visto con gli occhi di un gruppo di adolescenti che si stanno preparando alla vita e, soprattutto, al proprio esame di maturità. Tra gli interpreti della pellicola troviamo Giorgio Faletti (il professor Martinelli), Nicolas Vaporidis (Luca), Cristiana Capotondi (Claudia).
A incorniciare le vicende dei protagonisti, coi loro patemi amorosi, le loro trovate creative e bislacche per superare il temuto esame, le loro piccole e grandi difficoltà, è la Capitale con le sue molteplici facce. Si va dalla scalinata della chiesa dei santi Pietro e Paolo, all’Eur alla villa della mega festa in cui ha luogo il fatale incontro fra Luca e Claudia, una vera villa capitolina che è in via Caetana, all'incrocio con via dei Metelli; alla terrazza panoramica di Monteverde, che funge da abitazione di Luca, al bar di Monti dove i ragazzi si incontrano spesso per chiacchierare; al barcone sul Tevere, oggi affondato, nei pressi di Ponte dell’Industria, che nella pellicola funge da balera; alla casa del professor Martinelli, in centro, per la precisione in via Sant’Agata dei Goti. Il liceo classico che frequentano i protagonisti del film non è in realtà un liceo ma è la sede della Facoltà di Ingegneria dell’Università La Sapienza.
Dal film, visto il buon successo di pubblico e anche di critica incontrato fin dalla sua uscita, sono state tratte altre opere cinematografiche e televisive: Nel 2007 è uscito il sequel “Notte prima degli esami - Oggi” dello stesso regista; nel 2008 è stato realizzato un remake francese della pellicola intitolato "Nos 18 ans", diretto da Frederic Berthe; nel 2011 Rai Fiction ha prodotto una miniserie in due puntate, dal titolo “Notte prima degli esami '82”, ambientata nel periodo dei mondiali di calcio vinti dall’Italia.
Ciò che per Roma negli anni Sessanta è stata “La dolce vita”, nel nuovo millennio è “La grande bellezza”, il film di Paolo Sorrentino del 2013, vincitore del premio Oscar quale miglior film straniero. Le analogie fra le due pellicole sono davvero molte, a partire dallo stile cinematografico, con un Sorrentino che esplicitamente cita il Fellini di cinquant’anni prima in diverse riprese, oltre che nell’atmosfera di fondo che accompagna il film, per proseguire con la prospettiva dalla quale viene raccontata la Città Eterna, che nell’uno e nell’altro film è quella della mondanità capitolina. E poi ancora la durata, che in entrambe le pellicole rasenta le tre ore. Ma, soprattutto, entrambi i film hanno fatto nascere dei modi di dire universali, con i loro titoli che sono, in un certo qual modo, divenuti dei veri e propri sinonimi di Roma. Curioso che queste due pellicole, cioè quelle che maggiormente simboleggiano l’Urbe nel mondo, siano entrambe opere di registi che romani non sono, se non di adozione.
Protagonista assoluto del racconto è Jep Gambardella, interpretato da Toni Servillo, giornalista, esattamente come il Marcello Rubini de “La dolce vita”, scrittore e critico teatrale, un uomo che, come il suo predecessore felliniano, attraversa le interminabili notti di una Roma tanto bella quanto cinica e vacua, quasi senza speranza, una città alla quale sente di somigliare. Attorno a lui ruotano numerosi altri personaggi, ciascuno con la propria palese o segreta insoddisfazione e solitudine, interpretati da un cast che comprende Carlo Verdone, Sabrina Ferilli, Carlo Buccirosso, Iaia Forte, Pamela Villoresi, Galatea Ranzi, Isabella Ferrari, Roberto Herlitzka, con dei cameo di Antonello Venditti e Fanny Ardant nel ruolo di loro stessi.
Su tutti i personaggi e le vicende narrate aleggia al tempo stesso un’eleganza delle forme e un gran vuoto nella sostanza, un’aura di fallimento, che rimane sullo sfondo per poi essere esplicitata nella famosa frase pronunciata dal protagonista: “Io non volevo solo partecipare alle feste, volevo avere il potere di farle fallire”. Tutto accade in un costante presente senza progetti, senza un vero domani. Anche la musica di Raffaella Carrà, nella versione rimixata da Bob Sinclair, che fa da tormentone durante la scena della festa, è stata scelta dal regista in questa ottica, come ha detto lo stesso Sorrentino in un’intervista, dichiarando che quel brano “è un continuo ripetersi che non porta da nessuna parte”.
Tutto questo si proietta su Roma, che è la vera grande protagonista del film, raffigurata nella sua bellezza con immagini mozzafiato dei suoi angoli noti e meno noti: dal Fontanone del Gianicolo a Villa Spada, dai Cavalieri di Malta e Santa Sabina, sull’Aventino, a piazza Navona, dal Lungotevere alla Fontana di Trevi, dalla chiesa dei Santi Domenico e Sisto, sotto la Torre delle Milizie, tra salita del Grillo e via Panisperna, ai giardini di Villa Medici. E poi San Pietro in Montorio, il Parco degli Acquedotti, Villa Giulia, le Terme di Caracalla. Infine le terrazze, quella con vista Colosseo e quella del Palazzo dell’Ina di via Bissolati, da cui è visibile l’insegna pubblicitaria del Martini. La grande bellezza di Roma c’è nella sua interezza in questo film: immutabile e immortale nonostante la sua decadenza.