«Quanto segue è ispirato a una storia vera. La storia vera è ispirata a una storia falsa. La storia falsa non è molto ispirata». In questa frase del film “Favolacce” è già contenuto il suo spirito: quello di un racconto cupo e ambivalente, dall’apparenza piana e tranquilla ma dallo sviluppo tragico e inquietante, come tragico e inquietante, sotto un apparente velo di normalità, appare il destino delle famiglie della piccola borghesia romana protagoniste della storia.
Realizzato nel 2020 dai fratelli Damiano e Fabio D’Innocenzo, con Elio Germano tra gli attori protagonisti, grazie al meccanismo narrativo della scoperta di un diario segreto, letto da una voce fuori campo, il film incrocia le storie di alcuni nuclei familiari, in un’apparente quotidianità banale e serena, dietro cui si nasconde l’insoddisfazione, il risentimento, con relazioni spesso anaffettive, con rabbie e tensioni che viaggiano sottotraccia, pronte ad esplodere in modo drammatico. In questo clima, le nuove generazioni di adolescenti e di bambini, simbolo del futuro, che provano ad adottare diverse tattiche per proteggersi dall’angoscia di quelle dinamiche relazionali, finiscono però per esserne agganciati e per fungere da detonatore all’esplosione del dramma.
A fare da cornice di quelle vicende è una Roma periferica, fotogenica nelle sue villette a schiera, se non anche nei suoi palazzoni, eppure profondamente priva di speranza. Il quartiere in cui vivono i protagonisti è quella Spinaceto, già citata al cinema da Nanni Moretti, in una famosa sequenza di “Caro Diario”, in cui Moretti smentiva la leggenda negativa, quella che voleva il nome di Spinaceto usato spesso, da molti romani, come sinonimo di quartiere brutto e deprimente. I D’Innocenzo, ribaltando Moretti, ne fanno nuovamente il quartiere asfissiante della leggenda, il palcoscenico di una storia nera, un luogo in cui la speranza, i rari sprazzi di bellezza, sono solo patina di superficie, che nasconde un buio profondo.
Diretto nel 1995 da Ettore Scola, è il racconto dello strano rapporto di amicizia e complicità fra due uomini: Vincenzo Persico, interpretato da Rolando Ravello, un giovane disoccupato laureato in lettere, frustrato e insoddisfatto, a causa del carattere apprensivo e opprimente della madre con cui lui continua a vivere, e l’anziano signor Bartoloni, interpretato da Alberto Sordi, a sua volta oppresso, ma dalla moglie, che un tempo era una bellissima soubrette dal nome d'arte di Karline Ananas, ma è ora invecchiata e, divenuta obesa e alcolizzata, nutre una patologica gelosia.
I due amici vivono nello stesso grande condominio romano, cominciano a frequentarsi sempre più spesso, con sempre maggiore intimità e, un po’ sul serio e un po’ per gioco, cominciano anche a chiedersi se non sia il caso di collaborare per uccidere le donne che causano le reciproche infelicità. Perciò, quando Karline verrà davvero trovata morta, poiché Bartoloni ha un alibi piuttosto solido, Persico verrà arrestato con l’accusa di omicidio, Nonostante molti indizi lascerebbero supporre la sua innocenza, il giovane non fa nulla per essere rilasciato, preferendo accettare la vita in carcere piuttosto che tornare a quella con sua madre.
Con la partecipazione di Isabella Ferrari, nel ruolo della fidanzata di Persico, con Mario Carotenuto, nella sua ultima apparizione cinematografica prima della scomparsa, con i cameo di Nathalie Caldonazzo, nel ruolo della giovane Karline, e di Barbara D’Urso, il film è quasi interamente girato all’interno del Palazzo Federici, l’enorme complesso romano di viale XXI Aprile, in cui Scola ha ambientato anche “Una giornata particolare”.
Il film di Paolo Virzì, del 2018, è un mix d’invenzione e di ricordi autobiografici del regista livornese, giunto realmente a Roma dalla provincia, carico di speranze e di curiosità, come i tre protagonisti del racconto. Il tutto è mescolato ad una sorta di giallo che funge da leva narrativa. Siamo nell'estate del campionato del mondo di Italia ’90 e il 3 luglio, durante la semifinale fra Italia e Argentina, un noto produttore cinematografico, interpretato da Giancarlo Giannini, viene trovato morto nelle acque del Tevere. I principali sospettati dell'omicidio sono tre giovani aspiranti sceneggiatori, che, nel corso di quella notte in caserma, ripercorrono il loro viaggio di scoperta nel mondo del cinema italiano.
Sono gli anni in cui il grande cinema italiano del secondo dopoguerra, sebbene molti dei suoi protagonisti, da Fellini ad Antonioni, fossero ancora vivi, è in forte fase di declino. Ed è questo declino che Virzì ci narra, visto attraverso gli occhi di quei tre giovani cinefili, pieni di illusioni. Ne risulta una Roma grottesca e a tratti patetica, col suo mondo dello spettacolo che pare quasi la parodia di se stesso: “La realtà che osservai quando arrivai a vent’anni - ha dichiarato il regista in un’intervista - era molto più eccessiva di quella che racconto, tra sublime e volgarissimo, ma fu la cosa che mi fece dire: Roma voglio stare qui tutta la vita!”
Il tutto è narrato con sullo sfondo quell’incontro Italia-Argentina, perso dall’Italia ai rigori, che funge quasi da metafora della storia, riprendendo in questo, traducendola in chiave italiana, l’analoga scelta di usare i mondiali del ’90 quale simbolo, fatta alcuni anni prima dal film tedesco “Goodbye Lenin”. Molto curata la fotografia, che permette di dare un tocco davvero “magico”, parafrasando il titolo del film, alle immagini di una Roma che è sì da cartolina, ma non banale, resa con immagini dei suoi panorami, spesso colti al tramonto o all’alba, ricchi perciò di luci suggestive ed evocative, che aggiungono un tocco di poesia alla narrazione.
When in Rome, titolo originale di quello che in Italia è stato conosciuto come “La fontana dell’amore”, è un film del 2010, diretto da Mark Steven Johnson e interpretato da Kristen Bell e Josh Duhamel. Riprende, aggiornandole ai tempi, le storie e lo stile delle commedie romantiche americane degli anni cinquanta, di ambientazione romana, quelle come “Vacanze romane” e soprattutto come “Tre soldi nella fontana”, di cui sembra quasi un remake.
Però stavolta Fontana di Trevi, che pure appare in diverse scene del film, non è la protagonista segreta, quella che fa scattare l’idillio d’amore fra i protagonisti. La fontana di cui si parla nel titolo è infatti una piccola fontana in stile neoclassico, totalmente di fantasia e collocata dagli scenografi in piazza della Fontanella Borghese, appositamente per le riprese. La leggenda narrata nel film vuole che, prendendo delle monete gettate in quella fontana, gli originari proprietari di quelle monete si innamoreranno di chi le ha raccolte.
È quanto accade a Beth, la protagonista, giunta a Roma da New York per partecipare al matrimonio della sorella e che, da quel momento, sarà importunata da una serie di improbabili corteggiatori, che avevano lanciato le proprie monete in quella fontana leggendaria. Fra i corteggiatori c’è anche Nick, di cui lei è innamorata, ma di cui Beth respingerà le avances, credendo che il suo interesse dipenda solo dal meccanismo magico della fontana. Ovviamente, nell’immancabile happy end, Beth scoprirà che Nick non ha mai lanciato nessuna moneta e che è davvero innamorato di lei. Il tutto, incorniciato dalle belle immagini di una Roma solare, romantica e turistica, coerente con l’atmosfera del film.
Nel 1963, un anno dopo “Il sorpasso” di Dino Risi, la coppia Vittorio Gassman e Jean Louis Trintignan viene riproposta al cinema, per tentare di bissare il successo di quel film. E “Il successo” è per l’appunto il titolo della pellicola, la cui regia è firmata da Mauro Morassi, anche se buona parte delle riprese furono dirette proprio da Dino Risi, il cui nome però non appare accreditato nei titoli. Del cast fanno parte anche Anouk Aimée, nel ruolo di Laura, la moglie di Vittorio Gassman e Riccardo Garrone, nei panni di Giancarlo, ex fiamma di Laura.
Giulio Cerioni (Vittorio Gassman) è un intellettuale, amico di Sergio (Jean Louis Trintignan). Cerioni appare felicemente sposato con Laura (Anouk Aimée) ma è un uomo insoddisfatto, che cerca di realizzare una scalata sociale, provando a partecipare a una grossa speculazione edilizia in Sardegna. Non avendo il denaro necessario, Giulio chiede dei prestiti ad alcune vecchie conoscenze. Per farlo finirà però per perdere ogni dignità. Quando riuscirà ad ottenere il denaro che gli serviva, scoprirà di non avere più attorno né familiari né amici, quelli che avevano apprezzato e amato il vecchio intellettuale squattrinato e non il nuovo Giulio, benestante ma freddo.
Il film è quasi interamente girato a Roma e nei suoi dintorni, da Fiumicino, a Ostia, sullo stabilimento Kursaal, ad Anzio, dove è curiosamente collocato il nuraghe sardo oggetto della speculazione edilizia, che nella realtà è l’antica Torre delle Caldane. Nelle immagini non c’è tanto la Roma più centrale e turistica, quanto piuttosto i quartieri bene della Capitale di quegli anni, sia quelli di Roma sud, come l’Eur, dove Gassman ha il suo ufficio e dove avrà anche la sua villa, una volta ottenuto il successo economico, sia quelli di Roma nord, da Parioli al quartiere Africano e Trieste, fino al Polo Club di via dei Campi Sportivi, un circolo d’equitazione romano a tutt’oggi esistente.