I grandi piatti della tradizione culinaria regionale stanno tutti dentro una precisa categoria: quella detta “come lo faceva la mia mamma, nessuno”.
Lì sta ovviamente anche la cassoeula, il tipico piatto della cucina milanese.
Quello che vedete qui sotto è il foglio sul quale mia mamma, classe 1921, ha trascritto la “sua” ricetta: il vero disciplinare della cassoeula milanese. Attenzione: milanese, cioè come la si cucina a Milano e non in altre parti della Lombardia che pure conoscono il piatto.
É un documento storico, ma anche un saggio di filologia, di arte culinaria e di molto altro ancora.
Vediamolo in dettaglio.
La data
Mia mamma scrive il pezzo il primo novembre del 2014: lei ha 93 anni compiuti. Ma lo scrive su un foglio di una vecchia agenda del 2008, che lei ha conservato perché non si butta via mai niente: se trà via mai nagott.
Approfittiamone per notare la scrittura: una vera calli-grafia di una signora che aveva come titolo di studio i corsi di avviamento al lavoro dell’Umanitaria di quei tempi.
Il titolo
“Ricetta per la casola”. Il Cherubini lo scrive come “cazzoeura”; il dizionario milanese a cura del Circolo Filologico Milanese scrive invece “cazzoeula”. Nel parlato quotidiano contemporaneo si è poi affermata la versione “cassoeula”.
Mia mamma però, la furbetta, sa che sta scrivendo per i posteri colti e quindi pensa di nobilitare la forma in “casola”. Che è un orribile mostro – ne era ben consapevole – giustificato solo dalla paura di fare brutta figura, col dialetto che in realtà era la sua lingua madre.
La ricetta
- Battuto di lardo con uno spicchio d’aglio. “Battuto”, perché prendeva un bel pezzo di lardo e lo batteva sul “pestalard” – un ampio tagliere – servendosi di un coltellaccio dalla lunga, larga lama.
- “Con” uno spicchio d’aglio. Fondamentale: l’aglio non sta per conto suo ma viene battuto, tritato, insieme al lardo, mischiato col lardo.
- Aggiungere le costine, codino e cotenne. Qui non si scherza: quelle sono le uniche parti del maiale ammesse nella ricetta milanese.
- Lo so che altrove ci mettono la “lugànega” (salsiccia lucanica, per chi ha studiato il latino) o i verzini (insaccati freschi di maiale cotti nella birra). A Milano non se ne parla neanche.
- Dopo aver fatto rosolare ben bene il tutto, bagnare con vino barbera. E preciso, anzi precisa mia mamma, barbera del Piemonte, perché il, o, la Barbera è solo piemontese. Pare che ci siano coltivazioni di barbera autorizzate, con tanto di IGT, anche in Basilicata. Va bene tutto, ma siamo seri dice la mamma.
- Sciogliete del concentrato di pomodoro e traduco: un po’ di salsa, così a occhio, e aggiungetela in pentola.
- Mettete carote e sedano spezzettati e, dopo un po’, nel minor tempo possibile finire con le verze.
- Passaggio assai difficile. Dovrete aver preparato prima carote e sedano a pezzetti. Poi avete lavato ben bene le verze e le avete sfogliate, eliminando le foglie più esterne e più dure.
- A ‘sto punto buttate carote e sedano nella teglia. Parentesi: mia mamma usava quella di alluminio che vedete qui sotto.
- Lasciate giusto il tempo a carote e sedano di prendere un po’ di calore e poi avanti con le verze: nel minor tempo possibile, precisa la mametta. Fate pure una montagna di foglie di verza sopra la marmitta, vedrete che pian piano la montagna si smonta e le foglie di verza si accomoderanno tutte nella pentola..
- Piccola digressione. Alcuni sciagurati, per evitare di sbracciarsi con la montagna di foglie di verza fresche che coprono la pentola, le sbollentano prima a parte. Anatema su di loro e su di voi, se lo fate.
- Appena le verze si afflosciano nella teglia, piano piano ogni tanto rimestate aspettando che tutto giunga a cottura.
- La durata della cottura dipende dal gusto: ci vorrà meno tempo se le verze vi piacciono croccanti, un po’ di più se le preferite ben cotte.
- Diciamo che, comunque, ci vorrà ancora circa un’ora prima che possiate portare il tutto in tavola.
Ebbene, questa che vi ho appena descritto è la ricetta della cassoeula “come la faceva la mia mamma”.
Nell’orbe terraqueo circolano infinite varianti, ognuna delle quali sostiene di essere la ricetta “vera”.
Ma l’unica vera ricetta della cassoeula è questa qui. Così vi dirà ogni milanese autentico parlando della cassoeula come la cucinava la sua mamma.
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