Fotografie di Manuela Cassarà
2 set 2020
Il prequel di questo viaggio in Sardegna si è svolto tra dibattiti, ascolti e consigli, mentre giornali e tg delineavano scenari sempre più preoccupanti, con cluster di contagio proprio nella zona sopra Olbia, la nostra prima tappa. Da cui il ricorrente: "ma statevene a casa" degli amici più ansiogeni. Oppure : "Ma allora che fate poi, andate?" di quelli più discreti.
Ebbene sì, andiamo. Cauti e consapevoli, ma andiamo. Primo perché, ci siamo detti, se il terrorismo psicologico funziona come pare, saremo in pochi, molti rinunceranno. Secondo perché, essendo settembre, il mese è già una scrematura, stagionale. Terzo perché io la prostata non ce l'ho, Gianni la tiene d'occhio, e questo è una garanzia (ogni riferimento a Briatore è cronaca).
Dopodiché ci siamo attrezzati.
A, riducendo il numero delle tappe perimetrali che erano nove, quindi troppe.
B, concentrando i soggiorni con raggi d'escursione fattibili, max di 80 chilometri.
C, scegliendo alloggi a conduzione familiare, piccoli agriturismi con poche camere e buone recensioni sulle recenti profilassi anti-covid adottate. Poi,
D, abbiamo comprato due amache ultralight, da utilizzare in spiaggette deserte possibilmente dotate di qualche albero.
Con le amache non ho un buon rapporto, tendo ad avere qualche problema in entrata e in uscita, ma queste sono a due piazze, per cui ho più gioco. Sorge in questo momento il dubbio che, invece, la larghezza possa rivelarsi un ulteriore handicap. Lo scoprirò. Anche il conciliante fotografo ha con le amache un rapporto conflittuale; gli fanno venire il mal di mare. Si vedrà. E infine, E, metteremo in funzione lo zainetto da picnic a suo tempo regalatoci, per praticare il consigliato social distancing almeno a pranzo. Da ultimo F, il kit di disinfestazione: abbiamo con noi una nostra cospicua scorta di amuchina, spray disinfettanti, guanti e mascherine. Quasi partissimo con Medici senza Frontiere.
Per cui, dopo aver compilato il foglio della Regione, scaricato l'app medesina, aver rifornito la nostra Farmacia da viaggio di: termometro, tachipirina e pure di Gaviston, si parte. Paranoici o super efficienti? Paranoici non deficienti. Si parte. Carichi come solo una famiglia di emigranti d'antan, tanto si va in macchina. Compresa una inspiegabile attrezzatura fotografica, con tanto di cavalletto professional pesante come il plutonio, che manco per l' Islanda. I vicini avranno pensato ad un altro trasloco. Dopo una nottata a Livorno accompagnata da goduriosa cenetta fronte mare, ci imbarchiamo.
Traghetto della Grimaldi Lines, tempo dichiarato 8 ore di navigazione. Onore al merito. Prevenzione presa sul serio: misurata temperatura due volte, richiesta e ritirata autocertificazione, fatti imbarcare i non conducenti separatamente... Fin qui tutto bene, se non fosse per la frase "signora, lei ha problemi di deambulazione? Riesce ad imbarcarsi a piedi?" frase che, al ritorno, mi spingerà ad un immediato nonché drastico intervento sulla mia immagine.
Una volta a bordo, incontriamo un addetto con tanto di spruzzino, intento a disinfettare maniglie e corrimani e altri tre malcapitati, mentre subiscono il cazziatone di un supervisore con il dito impolverato da una ringhiera. Ovunque dispenser di gel disinfettanti e frequenti, stentorei, direi persino intimidatori , annunci di mantenere le mascherine nelle aree pubbliche. La maggioranza obbedisce, ligi e pavidi. Pure noi, sul ponte, tra folate simil bora. Quindi direi un bel 9 alla Grimaldi , perché la perfezione non è di questa terra. Nave semi vuota, qualche biker tedesco, alcune coppie. Sembra di viaggiare a novembre inoltrato.
Ci attende l'Hotel Grazia Deledda, Turismo Rurale. Un 3 stelle che io voglio definire di charme bucolico, arredato con mobili della nonna. Dove, però? Ma a Arzachena, cioè nell'occhio del ciclone. Si spera non in pieno tornado virale, essendo in zona Billionaire e dintorni. Posto all'apparenza piacevole, con colazioni casarecce e amorevoli dolcetti fatti in casa. Al bisogno, c'è pure il ristorante, quindi, dovessimo barricarci, sopravvivenza assicurata.
Lo sbarco, in ritardo come è consuetudine su qualsiasi traghetto, si è protratto in maniera surreale e caotica, tra urla di bimbi
inferociti e abbaiare di cani isterici, avendo il simpatico staff partenopeo stipato le stive genere cubo di Kubrik, pertanto districabili
solo da un genio. Dopo di che la Sp125 verso Arzachena, alle nove di sera, è un buco nero tortuoso, privo d'illuminazione. Data la location
d'élite, ci saremmo aspettati almeno dei catarifrangenti Swarovski.
(1 - continua)