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STINTINO, LA PELOSA E I GIOVANI D'OGGI


di MANUELA CASSARÀ e GIANNI VIVIANI

Fotografie di Gianni Viviani

8 set 2020

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Non pensavo di vivere per raccontarlo, ma siamo sopravvissuti ad una strepitosa Zuppa Gallurese, che ha riscattato il soggiorno al Grazia Deledda di Arzachena. E pure a due bicchieroni di Mirto casareccio, che si era fatto bere con troppo piacere, non assomigliando lontanamente a quello imbottigliato. Comprate due bottiglie. Per regalarle agli amici. Certo, certo...


Provati dalla nottata, ieri giornata di trasferimento a dieta liquida, e mi riferisco all'acqua, malpensanti. Barra verso Stintino, prendendo la strada più corta che però era la più lunga. Tempo di percorrenza come sempre variabile; sono anni che me lo chiedo, ma se il navigatore ti dice 2 ore e 16" per 148 km, perché ce ne mettiamo 3 e 20"? Perché quell'ora in più, sempre, viaggio che vai, macchina e navigatore che trovi? Mistero ricorrente e irrisolto.

Il navigatore, come spesso fanno i navigatori per un loro inspiegabile disegno, pareva divertirsi a scegliere improbabili stradine assolate, tortuose e isolate e ci ha regalato un panorama di rocce scolpite dal vento, boschi di sughero e macchia mediterranea a perdita d'occhio. Non abbiamo incrociato un umano, solo qualche mucca e nemmeno una pecora. Non un negozio, un bar, un paesino, una pompa di benzina; niente e nessuno fino a Porto Torres, che abbiamo bypassato, senza poter evitare, invece, la zona industriale in tutta la sua bruttezza.

A Stintino la scelta è caduta su Amaremare, un piccolo B&B con vista su questa incredibile insenatura turchese, motivo che mi aveva fatto digerire le tante regole anticipate via mail; alcune di sicuro funzionali al Covid, altre forse determinate da una propensione al controllo. Il posto è TV free, ma ha questa splendida terrazza e un frigo dove, a parte la prima sera in astinenza, troverà posto anche il nostro Mirto, per farci compagnia mentre ci illumineremo d'immenso.

Gestito da una giovane coppia, tempo cinque minuti di chiacchiere e avevamo un plico di bigliettini di ristoranti, ognuno firmato per garantirci lo sconto del 10%. Fiduciosi e pigri abbiamo optato per il Chiringhito, nome che con noi funziona sempre, evocativo di tramonti e spuntini sfiziosi, e che si è fatto onore: cucina gustosa, tavolino con vista, trattati come principini grazie alla raccomandazione.

Stamattina, previa prenotazione sul sito omonimo seguita da esborso di €7, indossato il braccialetto color fuchsia , eccoci spiaggiati a La Pelosa. Acqua di cristallo, sabbia lattea, una meraviglia, se la guardi con lo zoom e non il grand'angolo. "Mi ricorda proprio Phi Phi Island" dico io, entusiasta. "E allora Anegada? - m'incalza l' incarognito fotografo, disturbato e, credo, pure preoccupato da quella masnada di corpi - e allora la Digue che ci ha pure le rocce, e Tulum che ci ha le tartarughine? E Caio Largo, che ci ha il mojito, allora?" Sto concretizzando il sospetto di aver sposato uno snob. Lato finora nascosto. "Ma qui siamo in Italia, questa, è nostra, è vicina, è autarchica." IMG_20200907_121503jpg (foto di Gianni Viviani)

foto di Manuela Cassarà

E l'autarchia ci fa gioco in questi tempi di Covid: non a caso siamo qua. Noi come le altre migliaia di persone che, sfatando le mie previsioni idiote, hanno ridotto a un carnaio questo posto pure a Settembre, pure di lunedì. Facciamo due conti in tasca al gestore dei lettini: a spanne, stima molto prudente, saranno un centinaio. Moltiplichiamo i €30, che è un costo sorprendentemente democratico, da queste parti, per 2 sdraio e un ombrellone, e poi moltiplichiamo il totale giornaliero per i giorni della stagione, deduciamo i costi demaniali e di gestione e, voilà, direi che trattasi di un buon business, persino quest'estate che ha messo a dura prova tutte le attività turistiche. Ma non qua, mi dicono, "in Sardegna c'è stata una bella ripresa. Fino a quando non hanno incominciato a trattarci da appestati. A noi, che il contagio l'abbiamo subito, mica procurato!"

Eppure, almeno oggi, i corpi accatastati sulla spiaggia libera, attrezzati per il pranzo con borse termiche a mo' di pic nic di Pasquetta, saranno almeno qualche centinaio. Solo un 70% scarso indossa l'inutile braccialettino, gli altri si sono semplicemente infiltrati, scendendo dai tanti accessi tutti privi di controllo. Per la verità, due addetti vestiti di verde, aria severa da tutori della legge, gironzolano tra gli accampati, eseguendo sporadici e casuali controlli. Ogni tanto qualche sprovvisto, sfortunato, spudorato, malcapitato, viene beccato, ma non vedo nessuno multato o tanto meno cacciato.

Ora passerò anch'io per la snob che sono sicura di non essere, ma non posso non notare una burinaggine diffusa. Soprattutto tra i giovani: un codice estetico che li accomuna. D'accordo dicesi Moda, e dovrei saperlo.

Maschietti ricoperti di tatuaggi, sofferti a caro prezzo, genere maori polinesiano o hell's angels, talvolta in mix, la testa scotennata fa quel taglio che non dona, c'è poco da fare, a nessuno! Senza un pelo, palestrati.

Le ragazze sembrano groupies di rapper tamarri: boccolute, imbronciate, chiappe al vento,abbronzatura vellutata e qualche discreto tatuaggio su una coscetta o sul coccige. Si respira sesso e esibizionismo, anche quando il selfie è tra due amichette che fanno boccuccia, si fotografano reciprocamente il culetto in pose ammiccanti. Imbarazzanti.

(6 - continua)

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