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MINIERE E GRANDI VETTE
LA RISCOPERTA
DELLA VAL D'AYAS


di

GABRIELLA DI LELLIO

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Pensare la Valle d’Aosta come un’isola non è del tutto errato. Un’isola alpina con omogeneità morfologica, un territorio poco esteso con le cime più alte d’Europa e una popolazione che scarseggia. La valle centrale è l’unica in grado di ospitare strada, autostrada, ferrovia, il fiume e la città, circondata da sette valli laterali a nord e a sud.

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Il film Le otto montagne – dal libro di Paolo Cognetti, Premio Strega 2017 – è stato girato in Valle d’Aosta e in Nepal, ma è la Vallée a far da regina sul set e non a caso con la Val d’Ayas, forse l’unica dove c’è tanta storia di una volta. Una vera e propria riserva di bellezze naturali e di leggende nate attorno a laghi e pietraie, pascoli e forre, rocce e ghiacciai, ponti e castelli, che raccontano le paure di contadini e pastori nella lotta quotidiana contro l’ostilità dell’ambiente.




Da sempre zona di confine e di passaggio, in epoca romana, qui la Via delle Gallie si biforca per raggiungere da un lato l'Alpis Pœnina (colle del Gran San Bernardo) e dall’altro l'Alpis Graia (colle del Piccolo San Bernardo). Nel medioevo, nella valle del Gran San Bernardo, a Etroubles, fu fatta passare la Via Francigena.

La valle attraversata dal torrente Evançon(il torrente delle acque chiare) è detta val d’Ayas nella parte alta (dopo Brusson) e valle di Challant nella parte bassa, dal nome dei conti che dominarono la zona per oltre quattro secoli. La cartografia precedente la denominava Val Challant o Val de Challant-Ayas.

Ha inizio alle spalle di Verrès con un imbocco stretto e impervio dalla caratteristica sezione a U delle valli glaciali primarie, e si apre in ampie pianure verdeggianti, fino alle pendici della catena del Monte Rosa, (in lingua walser Gletscher) con cime che superano i quattromila metri. Il nome del massiccio non deriva dal colore rosa delle vette al tramonto, ma da "rouja" che in patois, il dialetto francofono della regione, significa ghiacciaio, noto in passato come Monboso, così lo definì Leonardo da Vinci dopo la sua salita nelle regioni alpine (Angelo Recalcati in Raccolta Vinciana, vol. XXXV, 2013). La presenza di grandi ghiacciai ha consentito la formazione di numerosi laghi, meta di escursioni. I più famosi sono i laghi di Palasina e il lago Blu, a monte di Saint-Jacques-des-Allemands nella frazione di Ayas: uno specchio d'acqua dai colori tropicali per la presenza di limo glaciale o léem (per indicare un deposito argilloso-sabbioso a grana finissima grigio cenere o giallo bruno, prodotto dell’azione erosiva dei ghiacci sulle rocce sottostanti).




Il Breithorn (4165 mt), il Polluce (4090 mt) e il Castore (4225 mt) sono le tre vette che si affacciano sulla val d’Ayas con i numerosi clapey - in lingua locale - mucchi di pietre con blocchi abbastanza grandi, a spigoli vivi. Solo pietre, né terra né piante, al massimo un po’ di lichene. Nella zona intorno al monte Castore è stato girato 'Le otto montagne', con immagini del rifugio Mezzalama che si intravede in qualche scena. Nella parte opposta, sul versante occidentale della valle, si trova il colle superiore delle Cime Bianche, attuale oggetto di discussione per una proposta di realizzazione di impianti sciistici da parte della Regione, nonostante i vincoli ambientali di ZPS (Zona a Protezione Speciale).

In epoca medioevale l’alta val d’Ayas fu la prima via di collegamento e di commercio con il territorio degli Elvezi e per questo una delle testimonianze storiche più ricche della Valle d’Aosta. I tradizionali stadel o rascard dell’antica colonizzazione germanica walser sono stati conservati nel tempo nel villaggio di Mascognaz, nelle valli di Gressoney e nelle terre piemontesi della Valsesia. Gli stadel erano composti da una parte inferiore in pietra adibita a cantina e stalla, accanto alla quale vi era la Wohngade, la zona abitativa riscaldata in inverno dal calore del bestiame. La parte superiore, impiegata come granaio, veniva ricavata da tronchi di legno incastrati alle estremità. Le terre walser della Valle d’Aosta sono dei luoghi incontaminati che vale la pena di scoprire. Tale bellezza non passò inosservata alla Regina Margherita che a Gressoney St-Jean decise di far costruire il Castel Savoia, la sua residenza estiva che è aperta al pubblico tutto l’anno.




Dall’imbocco della valle si susseguono numerosi abitati: Challand St. Victor, Challand St. Anselme, Graines, Brusson e Ayas, ognuno dei quali comprende diverse frazioni. Il capoluogo della valle è Ayas (1709 m), in passato "Canton des Allemands", al cui nome non corrisponde un nucleo specifico ma 35 villaggi sparsi che formano l’attuale territorio comunale. I centri più conosciuti e popolosi sono Champoluc e, più in quota, Saint Jacques e Antagnod. Quest’ultimo è stato inserito tra i “borghi più belli d’Italia” per le tradizioni locali e per l’artigianato che sopravvivono ancora oggi, come la produzione dei sabots, le tipiche calzature in legno.

Nella vicina valle del Lys si trova Gressoney-la-Trinitè, dove merita una sosta l’Ecomuseo Walser e la chiesa seicentesca della Santissima Trinità con un altare maggiore in legno policromo. Da non perdere l’assaggio della tipica toma di Gressoney, il formaggio d’alpeggio prodotto con latte vaccino. Champoluc, invece, è un crocevia estivo e invernale e punto di partenza per escursioni, arrampicate e salite alla rete sciistica del Monte Rosa.




Per secoli una risorsa fondamentale di economia della regione sono stati i giacimenti minerari di ferro, rame, oro, argento, manganese e carbone. Negli anni 1970/80 tutte le miniere hanno chiuso i battenti. Restano le cave di pietra ollare, di macine di marmi e altre pietre da costruzione. La miniera di Chamousira è attrezzata per visite guidate in sicurezza perchè era articolata su sette livelli con uno sviluppo interno di oltre 1.500 m. Oggi si può visitare su prenotazione.

Nella prossima estate, intorno a Graines (Grana, nel film) partiranno delle escursioni guidate nei luoghi de 'Le otto montagne.






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