Il trenta marzo di sei anni fa eravamo davanti a
quell’impressionante muraglia di ghiaccio che è il
Perito Moreno. Sei anni che sono volati, con gli
ultimi due che sappiamo tutti come sono andati, come
stanno andando. Come potrebbero andare è meglio non
pensarci e tenere le dita incrociate.
C’eravamo fatti l’Argentina Coast to Coast; in Patagonia eravamo già
stati a San Carlos de Bariloche, saremmo arrivati fino a
Ushuaia, ma solo dopo un’ultima tappa a El Calafate;
un’ora e quaranta di volo da Bariloche, punto di
partenza per due escursioni indimenticabili e
imperdibili: quella al Fitzroy e quella per il Perito
Moreno, il più importante ghiacciaio del Parque National
Los Glacieres.
Una breve digressione sul Fitzroy, già che eravamo da
quelle parti. Detto anche Cherro Chalten; in lingua
indigena significa “montagna che fuma”, un nome non casuale,
perché è sempre ricoperto da nuvole. Riuscire a
vederlo è un terno al lotto; lo era stato anche per noi.
Alla fine, dopo un’infruttuosa sfacchinata di quattro
ore per raggiungere la Laguna Capri, sferzati da un
vento impietoso, il Fitzroy ci aveva regalato una fugace
apparizione, manifestandosi in tutto il suo maestoso
splendore, illuminato da un ultimo, pallido, lampo di
sole, nello specchietto retrovisore del nostro pulmino.
Per raggiungere il paesino omonimo, un piccolo
villaggio di baite e birrerie, paradiso dei trekkers,
avevamo fatto una breve sosta a La Leona, un affollato
posto ristoro preso di mira da turisti, ciclisti e
torpedoni. Tappa indispensabile; primo perché da El
Calafate a El Chalten ci sono quattro ore di macchina e
perché qui c’è l’unico bagno; poi perché si fanno
sostanziosi spuntini; ma soprattutto perché La Leona ha
una storia, a partire dal nome, che ci riporta a quel
Perito Moreno di cui prima o poi arriverò a parlare.
Si chiama, infatti, così perché il Sig. Francisco
Perito Moreno, esploratore, collezionista e politico
argentino, nonché colui che diede i natali al suddetto
ghiacciaio, esattamente qui, venne aggredito da un puma
(leona in idioma locale) e si salvò per miracolo. Ma non
solo.
Il bello, per i mitomani come me, viene ora.
Indovinate chi passò parecchio tempo, mantenendo un
profilo molto basso, qui nel nulla patagonico de La
Leona? Nientedimeno che Butch Cassidy con gli
inseparabili Sundance Kid, e Ethel Place. Quelli veri,
quelli in fuga dopo la rapina del 1905 alla banca di Rio
Gallegos. Cinque anni dopo li avrebbero fatti fuori in
una sparatoria in Bolivia. O almeno così si dice nel
film con Paul Newman e Robert Redford. Nella vita reale
le cose potrebbero essere andate altrimenti.
A un certo punto era sembrato che volesse
restituirgliene una parte. Stanno ancora aspettando.
Potremmo aprire diverse penose parentesi su altri che se
la sono comprata a pezzetti, la Patagonia. Doug
Tompkins, fondatore di Esprit e North Face, aveva
acquistato migliaia di ettari nella parte Cilena. Lui,
se non altro, con l’intento di preservarla. Ted Turner,
ex marito di Jane Fonda e fondatore della CNN, aveva
mire più egoistiche quando si era accaparrato 5000
ettari nel Parco Nazionale Nahuel Huapi, più a nord,
nella provincia di Rio Negro, non lontano da Bariloche:
starsene in pace a pescare con la mosca, senza nessuno
tra i piedi.
Va poi precisato che, pur essendo in
Argentina, questa non è la Pampa; la pampa, da queste
parti ci tengono a precisare, sta su al nord, dove ci
sono i pascoli e le coltivazioni. Questa è la Steppa,
dove cresce poco e nulla. Ci "pascolano" gli struzzi,
che si confondono con la vegetazione e gli adorabili
guanaco, simpatici animaletti, con i quali negli anni
'70, e mi spezza il cuore ricordarlo, ci facevano le
coperte, molto in uso nelle garçonnières dei seduttori
bon ton. Se ne parlava, ai miei tempi. Per fortuna se ne
incontrano ancora tanti, di guanaco; ma è difficile
vederli. Sono timidi, velocissimi e dello stesso colore
della steppa.
Arriviamo a El Calafate, nostra base e nostro punto
di partenza nella provincia di Santa Cruz, a 50 km
scarsi dal Parco Los Glacieres. Quattro casette di
legno, alle quali si aggiungono, facendo le debite
proporzioni, almeno 24 negozi di abbigliamento outdoor,
18 ristorantini e 6 agenzie che offrono tour al Perito
Moreno e a El Chantel. Amo questi posti che nascono nel
nulla e che conservano, anche quando sono ben tenuti
come questo un che di frontiera. E amo scoprirli
girovagando a caso, dimenticandomi di quello che
scrivono le guide, che sono sempre una gran delusione.
Diretta verso una laguna che prometteva visioni di
fenicotteri e volatili vari, ero arrivata per puro caso
all’unico museo, una casetta qualunque, gestita da una
coscienziosa e giovane ragazza dall'aria seria e
gentile, che assieme al modico biglietto, mi aveva
offerto un matè caliente; perché il matè, mi aveva
spiegato, è una bevanda rituale, che mica si ordina al
bar.
Il matè si condivide e farlo è un gesto di
fratellanza; il matè si succhia da una stessa cannuccia
di metallo, preposta a filtrare questa poltiglia
amarognola alla quale si aggiunge l'acqua un poco alla
volta. Si può avere anche dolce, ma è roba da signorine,
secondo me. Il processo può andare avanti per ore:
aggiungere nuova acqua, chiacchierare, succhiare,
chiacchierare, risucchiare… Un modo rilassato di gustare
questo tè, che lascia un piacevole gusto di pulito in
bocca. Tra i reperti di quelle poche, buie, stanzette
c’era l’enorme scheletro di un bestione peloso,
il Megatherium Americanum - parente dello Yeti, mi
verrebbe da dire. Nonostante l'aria feroce, ai suoi
tempi, 10.000 anni fa, era un bonaccione vegetariano,
contemporaneo dei primi esseri umani, ai quali non
torceva un capello.
Il Parco Parco Nacional Los Glacieres, finalmente ci
siamo arrivati, è una propaggine del Campo de Hielo
Patagonico Sur, la terza riserva di acqua dolce del
nostro pianeta dopo i Poli; un sistema glaciale lungo
500km, condiviso e conteso con il Cile e protetto
dall’Unesco.
350 km quadrati; due laghi, il lago
Viedma e il lago Argentino; 250 ghiacciai in tutto, di
cui una quindicina visitabili. Per arrivare al Perito
Moreno, principale attrazione, bisogna calcolare altri
28 km dall’entrata del parco. Costo del biglietto,
l’equivalente di circa 20€.
Lungo trenta km, largo
cinque km, alto anche 70 metri, ai quali vanno aggiunti
altri 80/100 metri sott’acqua, il Perito Moreno non si
ritira; anzi cresce di un paio di metri al giorno, in
controtendenza con gli squilibri climatici ai quali
stiamo assistendo impotenti. Pare che il segreto del suo
equilibrio sia il suo non essere flottante. Il ghiaccio
prodotto nelle montagne limitrofe va ad alimentare il
ghiacciaio, ancorato stabilmente sul fondo, grazie alla
sua gravità. Si crea una specie di loop, se ho capito bene
Il lato sud si può visitare in barca, a doverosa distanza,
come avevamo fatto noi; solo un paio di giorni prima,
per un fenomeno chiamato calving, si era staccato un
enorme pezzo della parete e aveva sollevato uno tsunami
d’acqua. Anche senza questi eventi, il ghiacciaio era
spettacolare di suo. Nonostante il nevischio, il freddo
intenso, il vento e i vestiti inadatti, dopo aver
seguito per qualche chilometro un saliscendi di
passarelle e scalinate, eravamo arrivati fin quasi a
toccarla, quella muraglia di ghiaccio di cui non si
vedeva la fine; alta come un palazzo di 15 piani, lunga
14 km, una parete di cristallo acquamarina, con
trasparenze turchesi, preziosa come un gioiello. In
alternativa, i più avventurosi e aggiungo i più giovani
e i più allenati potevano, con 160 euro circa, fare
trekking sul ghiacciaio, ramponi ai piedi e cuore in
gola.
A noi, agli over 65 male in arnese, non era dato
di farlo. Personalmente non ne sento la mancanza. Io
casco dai marciapiedi, figuriamoci.
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