Le gole di Celano, tra i Comuni di Celano, Aielli ed Ovindoli all’interno del Parco Regionale del Velino-Sirente, fanno parte dei siti di interesse comunitario d’Abruzzo. Nel Medioevo erano note come "gole delle Foci" o "gole del Foce": un notevole fenomeno di erosione dell’Appennino centrale, scavato per più di quattro chilometri dal Rio La Foce, tra il monte Sirente (2348 mt) e il monte Velino (2487 mt), separando il massiccio della Serra di Celano (Monte Tino) dal Monte Etra.
Il lavorìo millenario del torrente risale ai tempi miocenici, e ha scavato un canyon con pareti che oggi raggiungono centinaia di metri in altezza. All’interno delle gole esiste un habitat rupestre dove si insedia la vegetazione e nidificano alcune specie di avifauna: il grifone reale, il gufo reale, il falco pellegrino. In primavera il torrente che attraversa il fondo del canyon è ricco di acqua, per questo è consigliabile percorrerlo d'estate o a inizio autunno. All’interno delle Gole si origina un fenomeno atmosferico particolare: la temperatura dell’aria aumenta salendo di quota, anziché diminuire, per cui nella parte più alta si trovano le specie che prediligono un elevato grado di insolazione, mentre in quelle più basse si trovano le specie che hanno bisogno di maggiore umidità e temperatura più mite
.
Le gole hanno due accessi; bisogna solo decidere se si preferisce salire o scendere. La parte più alta presenta maggiori difficoltà tecniche, quella più bassa è un canyon spettacolare, anche se scomodo, tra massi levigati e pozze; con accortezza, può essere percorso da tutti. Si può partire da Ovindoli (imbocco a monte), a circa 40 km dall’Aquila, e dirigersi verso la località La Pinetina, seguendo le indicazioni per la Val d’Arano - Gole di Celano. Se si accede invece da Celano (imbocco a valle), occorre uscire al casello autostradale per Aielli-Celano della A25 (a metà strada tra Roma e Pescara) a soli 60 km da L’Aquila. Dopo un paio di chilometri dall’uscita, c’è un cartello sulla destra che indica la località "Foci" su cui proseguire lungo una sterrata che conduce ad un piazzale per parcheggiare.
Dal piazzale si segue il sentiero 12, ben segnalato dal CAI, e dopo una radura si inizia a salire all’interno di una pineta di Pino nero (Pinus nigra). Nei lembi di terra che emergono dal greto del torrente crescono piante e fiori. Si cammina su un tappeto di foglie e di edera in mezzo al quale si trovano piante di ciclamino selvatico (Cyclamen hederifolium), Lunaria e tronchi di pini sradicati ricoperti di muschio. Il percorso prosegue tra le pareti di roccia che si stringono e si allargano fino a raggiungere un'insenatura nei pressi della pineta dove si trova la Fonte degli Innamorati (1029 m), una grotta dal cui soffitto sgorga l’acqua. L’unica precauzione è prestare attenzione a dove si mettono i piedi. La traversata si conclude con l'arrivo al margine meridionale dell'altopiano di Ovindoli, presso la Valle D'Arano.
Nelle gole, tra la boscaglia, una deviazione conduce ai resti dell'eremo di San Marco alla Foce, un complesso celestiniano tra i più antichi d'Abruzzo i cui resti sono visibili e visitabili grazie ai lavori di bonifica e pulitura dei soci CAI della Sottosezione di Celano.
Tipo percorso con accesso da Celano
Trekking per escursionisti, Difficoltà E - Media (Facile fino alla cascata)
Segnaletica: bianco-rossa (CAI)
Tempi di percorrenza: per Cima 3,30 h. salita e discesa dalla cascata, 6h per salire a Ovindoli e tornare.
Punto di Partenza: parcheggio della riserva.
Per salire lungo le gole si consiglia l’uso di un casco per proteggersi eventualmente dalla caduta di sassi nei punti
più stretti delle gole e di percorrere l'itinerario in estate e a inizio autunno, nel periodo di magra del torrente.
Meno nota è l’antica Via Romana di età medio-repubblicana, che taglia a mezza costa il versante orientale delle gole, ben segnata dalla sezione CAI di Celano (sentiero 12A). Il tracciato permetteva di raggiungere la Valle d’Arano e l’Altopiano delle Rocche. Collegava la via Valeria (l’attuale Tiburtina) con la strada antica che da Alba Fucens portava ad Aveia, l’attuale Fossa, nella Valle dell’Aterno vicino L’Aquila. La strada, ricavata in gran parte nella roccia, ora ridotta a sentiero, permetteva il passaggio di un carro per volta (m. 2,10) e per questo nelle grandi curve si allargava (m. 4,20) in modo da aumentare la possibilità di transito a due carri.