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Sgomberiamo subito il terreno. Il film vale soprattutto, se non esclusivamente, per la strepitosa interpretazione di Cate Blanchett che, da sola, vale il viaggio.
Lydia Tár (Cate Blanchett) è una famosa direttrice d’orchestra che ha conquistato la conduzione della Berliner Philharmoniker grazie alla sua tenacia, alla preparazione e alla intraprendenza. Il film racconta la sua discesa agli inferi, travolta dalle sue stesse ossessioni che si manifestano in un esplosivo mix di narcisismo, megalomania e mitomania.
In una intervista dichiara da subito di essere lesbica e monogama, per poi scoprire, cammin facendo, che la monogamia non è il suo forte. Vive in un lussuosissimo appartamento di Berlino con la sua compagna (Nina Hoss), a sua volta primo violino dell’orchestra, e la bambina di lei a cui Lydia è molto affezionata.
Un evidente sintomo di robusto disturbo Lydia (scopriremo poi che meno esoticamente in realtà si chiama Linda Tarr) lo manifesta terrorizzando una compagna di scuola della figlia di sua moglie. Poi infila una serie di tragici errori, persa dietro alla costruzione di un’immagine perfetta di se stessa.
Licenzia collaboratori, tra cui Francesca (Noémie Merlant) la sua paziente assistente, maltratta studenti, cerca di circuire una giovane orchestrale e, cinicamente, spinge al suicidio una sua allieva, troppo fragile per resistere alle provocazioni del “maestro”.
La quale, nei coinvolgenti momenti musicali, dirige con grande passione, competenza e ossessiva precisione la sua orchestra. Il repertorio è rispettoso massimamente dei classici: Mahler, Wagner, Verdi e Ciaikovskij vengono opportunamente visitati e interpretati.
Nella difficile coesistenza con se stessa, Lydia soffre di ricorrenti incubi notturni, apre cassetti e frigoriferi alla ricerca di rumori che sembrano disturbarla, litiga con la vicina di casa, cerca di spossare il suo corpo attraverso faticosi allenamenti in palestra e corse frenetiche nei parchi cittadini.
Esautorata a causa dei suoi eccessi caratteriali, il “maestro” Lydia Tár si ritrova a dirigere un’orchestra in un non meglio precisato paese del sud est asiatico per un pubblico di cosplayer, che sono quei personaggi che amano travestirsi come gli eroi dei fumetti. Per quanto riguarda il luogo, la citazione di un personaggio rimanda al set di “Apocalypse Now”, quindi alle Filippine.
Dirige Todd Field, autore in precedenza di soli due film non memorabili in anni ormai remoti, con una certa attenzione ai caratteri dei personaggi e al clima del mondo della musica classica. È attendibile però che sia Cate Blanchett a dirigere se stessa in un crescendo di malessere e di autodistruzione che solo una attrice di questo spessore può rendere con assoluta credibilità. I suoi tempi sono perfetti anche quando dirige l’orchestra ed è questo l’elemento più convincente di un film che racconta gli abissi della solitudine del potere.
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