L’espressione “invelle” è potente e programmatica. Contiene elementi contemplativi e persino speculativi che la rendono perfetta per dare titolo a questo vigoroso film d’animazione di Simone Massi.
Il regista, al suo primo lungometraggio, è da oltre vent’anni autore autorevolissimo di quel mondo a parte che viene considerato il cinema d’animazione di qualità, che stenta spesso a trovare una sua collocazione specifica nell’attenzione degli spettatori, anche per carenza di distribuzione adeguata.
L’animazione di Massi, realizzata secondo tradizione con l’uso di matite, carboncini e gessetti graffiati con puntesecche, è potente ed evocativa. Predilige i toni del grigio e del nero in cui a tratti prorompono inserti di colore stranianti.
“Invelle” in lingua marchigiana significa “in nessun luogo”, quasi a segnalare l’inadeguatezza degli umani sforzi contro gli accadimenti della storia e della vita.
Il film racconta tre epoche emblematiche del ‘900 rivisitate attraverso le vicende di famiglie di contadini che hanno a che fare con una quotidianità grama e agra, fatta di fatica, privazioni e prevaricazioni da parte di coloro che detengono il potere.
Nel primo episodio, ambientato tra la fine della Prima Guerra Mondiale e l’avvento del fascismo, si descrive la povertà estrema di una famiglia che per necessità impedisce a una bambina di frequentare la scuola. Rabbia e rimpianto per una evidente ingiustizia che colpisce come sempre i ceti più deboli.
Nel secondo episodio, collocato subito dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, va in scena la brutalità della guerra secondo la malvagia violenza di nazisti e fascisti ai quali si contrappongono gli aneliti di libertà e di giustizia della lotta partigiana.
L’ultima vicenda si sviluppa narrativamente durante il periodo del rapimento di Aldo Moro e della sua conseguente uccisione. Questo tema, negli anni così detti di piombo, fa da sfondo alle rinnovate difficoltà economiche e vitali di una famiglia che deciderà di abbandonare la campagna per trasferirsi in città, con lo scopo di sopravvivere alle immutate e ataviche difficoltà di esistenza.
A dare supporto alla forza delle immagini, un testo quasi sussurrato che miscela parole riprese dall’immaginario alto con l’idioma di quella terra, secco e asciutto, musicalmente adeguato alla descrizione dei luoghi, dei paesaggi e dei caratteri delle persone.
Significativo poi che i personaggi principali siano bambini sotto gli occhi dei quali passano gli avvenimenti che vengono filtrati contemporaneamente dal candore dell’infanzia e dalla consapevolezza del ruolo, deboli tra i deboli, vulnerabili e indifesi.
A interpretare i testi una compagine straordinaria di attori che conferiscono peso e senso alla storia raccontata. Ecco riecheggiare le voci di Marco Baliani, Ascanio Celestini, Mimmo Cuticchio, Luigi Lo Cascio, Neri Marcorè, Filippo Timi e Toni Servillo, mentre Giovanna Marini interpreta da par suo una ninna nanna, tra le più significative e struggenti del nostro patrimonio culturale popolare.
Dice Massi, nato e vissuto a Pergola nei pressi di Urbino, nelle sue note di regia: "Nel pezzo di terra dove sono nato e cresciuto non c’è niente di importante da vedere e da ricordare, niente che possa essere considerato degno di finire sui libri. Una sorta di 'invelle', un non luogo da cui la storia con la maiuscola ha preso e preteso tutto quello che voleva e poteva. In cambio abbiamo avuto le storie con la minuscola, quelle che o le tramandi a voce oppure si perdono".
E qui, grazie a Massi e ai suoi complici, le voci sono forti e potenti.
Presentato nella Selezione ufficiale della Mostra del Cinema di Venezia nel 2023, ora "Invelle” approda nelle sale dove sarebbe doveroso e meritorio dargli adeguata accoglienza. Senza dubbio alcuno, merita il viaggio.
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