In Georgia (USA) a fine ottobre il sole splende alto nel cielo e si gira in maniche di camicia. I paesaggi sono rilassanti, le aiuole e i giardini ben curati, le abitazioni confortevoli. Esattamente un anno prima, il calendario segnava il 25 ottobre, in una notte piovosa e ventosa si consuma un fatto di sangue che costituisce la base su cui il novantaquattrenne Clint Eastwood ha costruito il suo ultimo sorprendente film, "#Juror2", in italiano "Giurato numero 2".
Da un violento litigio di coppia (lei/lui) con abbondante tasso alcolico nel sangue, il destino cinico e baro si accanisce contro un innocente automobilista che, sembra per distrazione, investe la donna su un ponte e la scaraventa nel sottostante ruscello dove il corpo si sfracella. L’automobilista in assoluta buonafede è convinto di aver colpito un cervo, anche ingannato da un cartello stradale (“Deer Xing”, cioè a dire attraversamento di cervi). La giustizia, sommaria quanto mai, accusa il compagno della ragazza dell’omicidio, confortata da un riconoscimento indotto e da alcuni labili elementi di contorno.
Esattamente un anno dopo il fattaccio, dunque, si consuma il processo in cui il giovanotto super tatuato e poco raccomandabile verrà giudicato da una giuria popolare nella quale è chiamato a partecipare proprio l’automobilista assassino suo malgrado. Mentre i precedenti della coppia di fidanzati litigiosi vengono disegnati con pochi tratti, l’attenzione di Eastwood si concentra sull’automobilista, giovane giornalista alcoolista che sta tentando di riscattarsi un futuro, anche grazie alla sua compagna che sta per dargli una figlia.
Conclusosi il dibattito in aula, sostenuto civilmente da una pubblico ministero in carriera e da un empatico avvocato d’ufficio, la giuria si riunisce per emettere la sentenza. Va da sé che l’immaginario cinematografico richiama immediatamente il clima claustrofobico di “La parola ai giurati” (1957) in cui Sidney Lumet dipinge un perfetto spaccato di società americana dell’epoca (perbenista e razzista) che, ahinoi, sembra fare il paio con gli Stati Uniti odierni targati Trump. Tra i giurati prevale l’idea di colpevolezza dell’accusato, fatto salvo il tormentato tentativo del giovane automobilista di farle cambiare idea, per suoi stridenti problemi morali.
Correttezza vieta di rivelare ciò che accade alla fine del racconto. La giustizia busserà mai alla porta del vero assassino? “Giurato numero 2” è un film con la F maiuscola, abbonda di tensione e di ritmo, malgrado in gran parte costretto in un’aula di tribunale, descrive le psicologie dei personaggi con memorabile precisione, sottopone agli spettatori dilemmi laceranti sulla giustizia, sulla moralità e sulla capacità di porre questioni di profonda natura filosofico/antropologica in cui raramente il cinema si cimenta con attendibilità.
Con la sua ultima opera Clint Eastwood, classe 1930, rappresenta una pagina di lucida coscienza collettiva che si innesta perfettamente nella dubbia moralità del mondo di oggi, dove il cinismo sembra prevalere e vincere a man bassa. Ottimo cast con eccellenze come Nicholas Hoult, Toni Collette, J.K.Simmons e Kiefer Sutherland. Francesca Eastwood, figlia di, è la giovane vittima. Sorprendente per sagacia l’omaggio ad “American Gothic” di Grant Wood, dipinto iconico degli anni ’30 che rappresenta alla perfezione l’America provinciale e rurale. Vietato impigrirsi sul divano di casa, un film assolutamente da vedere e di cui si riparlerà presto in profumo di Oscar.
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