"Nessuno, fratelli, mi ha accecato! Nessuno!".
Sono queste le parole che Omero mette in bocca al ciclope Polifemo subito dopo il famoso accecamento per mano di Odisseo (libro IX, Odissea). Sull’episodio è superfluo soffermarsi. Chi lo ha studiato a scuola, chi lo ha visto al cinema o dipinto su qualche vaso di età greca. Tuttavia quello che intendo sottolineare in questa nuova tappa del viaggio di Ulisse è provare a fare chiarezza, lì dove possibile, sulla localizzazione della Terra dei Ciclopi. Dove si trovava? A dire il vero Omero non fornisce alcuna indicazione in merito. Tuttavia qualche informazione possiamo provare comunque a dedurla. .
In considerazione del fatto che in antichità la navigazione avveniva sfruttando esclusivamente i venti e le correnti, e soprattutto non perdendo mai di vista la costa, la mitica terra dei Ciclopi non dovrebbe trovarsi a gran distanza dal paese dei Lotofagi (precedente tappa del viaggio, da localizzare con ogni probabilità nei pressi di Djerba).
Da una parte, quindi, l’isolotto di Djerba a delimitare il confine orientale dei Ciclopi e dall’altra il Golfo di Gabés, nel cuore dunque della Tunisia più meridionale. Ad avvalorare questa tesi, come sostenuto dal professor Armin Wolf nel suo 'Ulisse in Italia', le preziose – e sparute – notizie lasciateci da Omero. Odisseo, dopo essere sfuggito alla furia di Polifemo, navigò fino a raggiungere un’isola bassa. Così dice l’aedo: "Là navigammo noi… nella notte buia… Nessuno scorse l’isola con i suoi occhi. E non vedemmo le ondate lunghe rotolare sul lido, prima che le navi urtassero sul fondo".
Non solo: dice Omero che quest’isola non era "né troppo vicina né troppo lontana dalla terra dei Ciclopi". Un dato impreciso che lascia aperta la questione se si potesse trattare delle isole di Knais o di Kerkennah, entrambe nel golfo di Gabés, e soprattutto ambedue compatibili con la descrizione fatta dal poeta. L’altro aspetto che accomuna le due isole, così come l’intera area geografica, è che esse si trovano perfettamente allineate alle correnti nord-est sulla rotta che dalla Sirte si muove in direzione di Malta.
Seguendo lo schema delle correnti e il racconto di Omero sarebbe fondato a questo punto vedere nella Tunisia la terra dei Ciclopi. Anche le "cime degli alti monti" menzionati sempre nel IX libro, si potrebbero riferire ai contrafforti orientali della catena dell’Atlante. Ma il mito del Ciclope da dove ha preso origine? La questione è complessa. Un dato interessante, e assai stimolante, è che la terra montuosa a sud di Tunisi risulta essere abitata dall’uomo fin dall’età preistorica. Proprio in questa regione sono stati rinvenuti sistemi di caverne e abitazioni sotterranee di dimensioni imponenti, ciclopiche verrebbe da dire.
Un esempio di queste mirabili costruzioni si è conservato in uno dei cuori pulsanti della civiltà berbera: Matmata. Alcuni la ricordano perché ha fatto da set a 'Guerre Stellari'. Tuttavia questo sito, attrazione per milioni di turisti, costituisce l’unione perfetta tra uomo e deserto. Le pietre consumate dal vento e dalle tempeste di sabbia stanno lì a testimoniare la lotta perenne che la civiltà ha dovuto ingaggiare per sopravvivere in un ambiente così ostile.
Queste caverne si aprono sui pendii delle colline argillose. Sono costituite da un pozzo verticale di circa 8-12 metri di diametro e 7-10 metri di profondità. Al centro del pozzo un cortile aperto verso l’alto. Se le si guarda da lontano, all’altezza della costa, l’apertura superiore sembra avere la forma di un cratere, talvolta coperto di alberi. Anche la caverna del Ciclope sembra presentare caratteristiche simili: essa è coperta di alberi con un sistema di caverne laterali con recinti per agnelli e capretti. Nel presentare il Ciclope Omero dice che, di ritorno dal pascolo con il gregge, buttò giù nella caverna un carico pesante di legna secca. Un gesto che non solo atterrì i compagni di Ulisse, facendoli scappare per i diversi corridoi laterali della caverna, ma che lascia supporre l’esistenza di uno spazio aperto verso l’alto per permettere alla stazza del gigante di muoversi liberamente.
Se si dà però una rapida occhiata a Matmata, ci si accorge che il sito è assai distante dal mare e quindi sarebbe del tutto incompatibile con le parole di Omero che situano la caverna del Ciclope proprio "nei pressi del mare". Esistono tuttavia altri siti di caverne preistoriche diffuse in tutta la regione; tuttavia è curioso che solo a Matmata si trovino caverne così somiglianti alla descrizione contenuta nell’Odissea. Forse si può pensare che il sito in età antica si trovasse più vicino al mare e se ne sia allontano a seguito di una mutazione della fascia costiera? La questione rimane. .
In conclusione, una suggestione. Gli antichi, in particolare Tucidide e Euripide (nel celebre e divertentissimo dramma satiresco intitolato appunto 'Il ciclope') collocavano la terra dei Ciclopi in Sicilia, uno dei primi e grandi approdi della colonizzazione greca in Occidente. Forse nelle testimonianze di questi autori confluirono vecchi racconti tramandati da generazioni di marinai? Come ad esempio la vista di massi imponenti tra Aci Trezza ed Acireale che sembrano essere stati scagliati in mare con una forza sovrumana? Oppure l’essersi imbattuti, secoli e secoli prima, in crani di elefanti nani (che hanno effettivamente popolato la Sicilia in epoca preistorica come dimostrano i ritrovamenti recenti dalla Grotta di Spinagallo a Siracusa) che al centro della fronte (all’altezza della proboscide) presentavano un foro assai simile all’unico occhio di Polifemo? Può essere dunque che i Ciclopi e il loro mito siano nati mescolando le grotte ai piedi dell’Atlante e gli elefanti nani di Sicilia in un unico racconto trasmesso per secoli?
Non lo sapremo mai.
Sappiamo però che una leggenda non è mai solo una leggenda. E che la verità, molto spesso, si nasconde nelle pieghe più misteriose, ed affascinanti, dell’immaginazione.
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