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LA TRACCIA DI ODISSEO /
EOLO A MALTA





di ANGELO MASCOLO

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ISOLE MALTESI
Isole maltesi, veduta aerea

Il volo è stato più complicato del previsto a causa di una perturbazione. Appena atterrato, l’aeroporto di Malta mi appare alla stregua di un set uscito da un film di fantascienza. Una radura giallastra, circondata da arbusti bruciati, e una coltre di pietre e sabbia che si perde fino all’orizzonte. Il caldo feroce pare provenire direttamente dalle viscere della terra. Sono su un’isola ma il mare sfugge a qualsiasi tipo di contatto tanto che sono costretto a immaginarlo. L’elemento che subito si impone alla vista è la roccia. Malta è forgiata nella pietra. Rotoli di pietra che si snodano per autostrade e statali; pietre che danno forma a rilievi, montagne, moschee, minareti e chiese.

scogliere
Scogliere di Malta

Per chi, come me, l’ha vista dall’alto prima dell’atterraggio Malta ha le sembianze di una nave che giace nel mare. L’immagine della nave mi fa venire in mente qualcosa: una delle isolette che compongono l’arcipelago maltese risponde al nome di Gozo. E parrebbe che questo toponimo derivi dalla parola fenicia Gaudos che significa letteralmente «nave da carico rotonda». Se non si abbandona la prospettiva dall’alto, a volo d’uccello per intenderci, Malta e il suo arcipelago si presentano proprio come una flotta di navi di pietra in perenne navigazione tra il continente europeo e quello africano. Questa indicazione geografica è molto importante per individuare proprio in Malta l’isola su cui dimorava il dio dei venti Eolo.

otre di pelle
Un tipico otre

È uno degli episodi più famosi dell’Odissea ed è contenuto nel libro X. Eolo, impietosito dal racconto di Ulisse, decide di raccogliere tutti i venti sfavorevoli alla navigazione in un otre di bue. Un’idea che una volta di più permette di apprezzare l’enorme talento narrativo di Omero. Una caratteristica che oggi gli consentirebbe di dare filo da torcere a sceneggiatori per il cinema e la televisione. Naturalmente Omero non menziona nessuno di questi venti né indica una direzione del viaggio che lo ha portato alla corte di Eolo. Su quali basi, dunque, si fonda l’associazione Eolo-Malta?

cartina
Il Mediterraneo

Se si osserva la carta nautica del Mediterraneo, presupponendo la partenza di Ulisse dalla Piccola Sirte dove ha incontrato Lotofagi e Ciclopi, la corrente del mare sospingerebbe una nave dalla Sirte dapprima verso nord lungo l’attuale Tunisia e poi la corrente centrale del Mediterraneo di nuovo verso est in direzione di Malta. C’è però un altro dato che sembrerebbe confortare questa proposta. Ulisse e i suoi compagni giungono da sud-ovest (Sirte) e sono diretti a Itaca seguendo dunque direzione nord-est. Pertanto percorrendo questa rotta, tenuto conto delle correnti, è pressoché inevitabile che essi abbiano costeggiato il tratto meridionale di Malta.

Baia dello Scirocco

In questo punto dell’isola, dove arrivo seguendo lingue di strade bianche e polverose, la terra dà quasi la sensazione di volersi buttare in mare. Per la precisione mi trovo nella Baia della Scirocco che i locali chiamano Marsaxlokk. Ecco cosa dice Omero prima che Ulisse arrivi alla corte del re Eolo: «All’intorno un muro di bronzo infrangibile e liscia si leva un alto una scogliera».

Ho l’impressione di perdere un battito. Perché appena sono sul posto – dall’aeroporto alla Baia ho impiegato più di un’ora e mezza a causa del fondo stradale a tratti impraticabile – mi accorgo che queste rocce sono proprio quelle descritte da Omero. La somiglianza è impressionante. Rocce scure proprio come bronzo e soprattutto a strapiombo sul mare. In questo angolo di Mediterraneo non c’è nessun tratto di costa che assomigli al racconto omerico. Nemmeno la Sicilia, che da qui è a un tiro di schioppo, regge il confronto. La Baia dello Scirocco è l’insenatura più grande di Malta. Al suo interno, protetta dai venti e dalle tempeste, sorge il villaggio di Birzebbuga. Qui, in mezzo all’aria che sa di salsedine e macchia mediterranea, gli occhi si devono abituare a qualcosa di meraviglioso. Proprio al di sopra del villaggio, infatti, si elevano i resti delle imponenti mura difensive di Borg-in-Nadur, il più spettacolare complesso archeologico dell’isola.

Borg-in-Nadur

Il sito risale all’età del Bronzo e risulta fondato intorno al 1500 a.C. e frequentato fino al 700 a.C. Passeggiando tra le sue rovine ci si imbatte in strutture degne di un palazzo reale. Mura possenti e maestre, disparati ambienti di rappresentanza e soprattutto ceramiche che ci parlano di un mondo fatto di cultura e potere. Non solo: le stesse evidenze archeologiche sono state rinvenute anche a Tas-Silg, a pochissima distanza dal Borg-in-Nadur, dov’è documentato anche un tempio di Astarte, l’equivalente fenicio della dea Giunone. Scoperte che hanno portato gli archeologi ad affermare che il distretto Borg-in-Nadur/Tas-Silg certifica l’esistenza dell’unico insediamento costiero fenicio presente sull’isola.

Borg-in-Nadur, mura
case troglo
Tunisia

Non sapremo mai chi regnava sull’altura di Borg-in-Nadur. Ma questi spazi monumentali sono senz’alcun dubbio degni di un re e risulterebbero molto coerenti con il racconto di Omero che a proposito della reggia del dio dei venti parla di «una città e dei rinomati bei palazzi di Eolo». Bisogna inoltre registrare un’altra importante circostanza: a differenza della terra dei Ciclopi, dediti a una vita primitiva fondata sulla pastorizia e ignara dell’agricoltura, sull’isola di Eolo Ulisse trova una corte raffinata dedita a gustare cibi succulenti e a godere di musica soave. Insomma due mondi diametralmente opposti che in modo coerente sembrano rispondere ai due siti proposti per i Ciclopi ed Eolo: da una parte le grotte verticali di Matmatah in Tunisia; dall’altra le rovine regali di Borg-in-Nadur.

Grazie all’otre avuto in dono da Eolo e al vento favorevole, dice Omero, Ulisse navigò ininterrottamente dall’isola del dio «verso la terra dei padri e già vedevamo gli uomini tener vivi i fuochi: eravamo vicini». Tuttavia i suoi compagni, credendo contenesse tesori, aprirono anzitempo l’otre spingendo la nave lontano da Itaca e facendo riapprodare Odisseo sull’isola di Eolo. Probabile che i venti sfavorevoli rispondessero al moderno Grecale che spira dalla Grecia in direzione nord-est sulla costa ionica della Calabria e della Sicilia fino alla zona di mare a sud di Malta. Per questo la tempesta non poté che sospingere lo sventurato Ulisse nuovamente da Eolo, ovvero nella Baia dello Scirocco, che rappresenta il primo approdo di chi (come l’eroe omerico) giunge a Malta da est, dalla Grecia nello specifico.

Isola di Gozo, nelle maltesi

L’otre che «il custode dei venti» dona ad Ulisse per consentirgli di navigare fino ad Itaca. Si tratta di sola fantasia o c’è dell’altro? L’archeologia, ancora una volta, ci racconta una storia sorprendente. Otri rigonfi in pelle sono attestati proprio a partire dall’epoca omerica. Essi infatti sono rappresentati come veri e propri «salvagente» su rilievi assiri in Mesopotamia dal IX al VII sec. a.C. Servivano come galleggianti o ad attraversare fiumi e sono testimoniati, ancora oggi, in diverse parti del Tigri e dell’Eufrate, e anche nel Punjab indiano e in Albania. L’Eolo omerico, dopo aver scuoiato un bue di nove anni, chiuse la pelle con cuciture strettissime perché «non ne sfuggisse un soffio, anche per poco». L’otre di Eolo poteva essere dunque un sacco con la funzione di salvagente, un dono non banale per chi affrontava un viaggio in mare. Un oggetto sconosciuto ai Greci, cosa che avrebbe poi suscitato tanta curiosità ei compagni di Ulisse.

grottsa di Malta
Una grotta di Malta

Appare evidente, a questo punto, che nel racconto omerico di Eolo siano confluite notizie e racconti diversi. Da una parte le testimonianze ricavate dagli scambi continui tra Greci e Fenici (ampiamente documentati), che ben si adatterebbero alle minuziose descrizioni che Omero fa di Malta; dall’altra la coerenza così incredibile tra il viaggio di Odisseo e le rotte mediterranee antiche, indice di una civiltà che proprio nei decenni in cui l’Odissea è stata scritta si stava affacciando sulle terre a ovest della Grecia, nuove ed inesplorate. Come per altri passi dell’Odissea, l’aedo è stato in grado di combinare in un meccanismo perfetto verità storica (costituita da oggetti, reperti e siti archeologici), testimonianze dirette di coloni e naviganti e quella fervida fantasia che ha reso il suo poema uno dei pilastri della cultura occidentale.




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