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ISCHIA / 3
AFRODITE
NEL MARE
DI CITARA

di ANGELO MASCOLO

Il sole sembra squagliarsi all’orizzonte. Il giallo si perde lungo la linea immaginaria che separa da sempre lo sguardo dall’infinito irraggiungibile. Da questa tavolozza di colori e sogni impossibili mi appare la spiaggia di Citara. Mi trovo in uno degli angoli più appartati dell’isola di Ischia. La spiaggia, lunga e assolata, ricade interamente nel territorio del comune di Forio e si estende fino in località Panza, dove l’isola verde muta assumendo tratti più ostici e selvaggi. Citara è una lingua di sabbia e ombrelloni, un mare limpido da cui spuntano denti di roccia che punteggiano al largo questo tratto di costa. Tutt’intorno la corona del promontorio di Punta Imperatore ad abbracciare una vegetazione fitta e placida.



Più che una spiaggia questo mare disegna su tutti i lati una conca, un bacino di natura e fantasia dove l’animo e il corpo possono non solo riposare ma anche ritrovare un nuovo equilibrio con il creato. Questa sacralità appartiene a Citara sin dalla notte dei tempi. Una sacralità che si fa mito e dunque racconto e tradizione. Pare che la spiaggia debba il suo nome al ritrovamento nelle vicinanze di una statua di Afrodite Citerea, da cui il toponimo Citara, che doveva essere parte di un sacello o di un vero e proprio tempio che i romani consacrarono alla dea della passione amorosa. Ma perché il nume tutelare dell’amore recava questo appellativo? Perché secondo il mito la dea, dopo la nascita dalla spuma del mare, sarebbe approdata prima a Citèra (odierna Cerigo nel mar Egeo) e poi nelle altre isole egee.



La stessa leggenda però non è concorde nello stabilire se l’approdo sia avvenuto a nuoto o sulla stessa conchiglia che aveva dato i natali alla dea. Tuttavia Afrodite, cui è sacra questa spiaggia, non è l’unica divinità a rubare la scena. A contenderle il monopolio è Poseidone, dio del mare per antonomasia, al quale sono dedicati gli omonimi giardini, il complesso termale più rinomato dell’isola. Piscine termali e naturali, articolate in terrazze, dove sacro e mitologia, benessere e natura, si sono fusi in un unico abbraccio. Tuttavia la dedica a Poseidone è un fatto recente. Una trovata pubblicitaria che ha permesso di lanciare e imporre il termalismo ischitano a livelli mondiali. Esiste, al contrario, una tradizione più antica che si ricollega alla dea regina di questo tratto di mare ischitano: Venere, appunto. Una leggenda che vorrebbe la sorgente termale di Citara, quella che sgorga nei Giardini, alimentata ancora oggi dalle lacrime di Venere. Secondo il mito, infatti, la dea disperata per la morte del suo amato Adone, sbranato dai cani, avrebbe chiesto intercessione presso Zeus di restituirlo alla vita. Nel frattempo Persefone, moglie di Ade e regina degli Inferi, invaghitasi del giovane non voleva restituirlo alla sua amata. Giove allora arrivò a una decisione: lasciare Adone per sei mesi nel regno dei morti mentre nei restanti sei mesi ritornare tra i vivi. Colta dallo sconforto, si racconta, Afrodite avrebbe spiegato le vele verso Ischia alla ricerca di consolazione. E sull’isola, proprio dove oggi sorge la spiaggia che di lei porta il nome, avrebbe pianto tanto a lungo da sciogliere la terra sotto i suoi piedi e scavare una nuova sorgente. La sorgente di Citara.



Tuttavia la spiaggia di Citara, nel farsi mito continuo e sempre in movimento, ci restituisce altre storie. Pare che proprio da queste parti sia passata la nave dei Feaci con Ulisse, in direzione di Itaca. Tuttavia, per una punizione inflitta da Poseidone, che avversava il distruttore di Troia per avergli accecato il figlio Polifemo, la nave dei Feaci venne trasformata in uno scoglio. Una delle tante rocce che emergono dall’acqua cristallina di questo mare. E sempre secondo il mito alcuni degli scogli al largo apparterrebbero a due uomini dell’equipaggio dei Feaci che provarono a fuggire per evitare la collera del dio.

Non si saprà mai se Afrodite in questo pezzo di isola abbia trovato conforto al suo tormento d’amore o se Ulisse sia riuscito a vincere la tentazione di non mollare i marinai Feaci per inseguire nuove scoperte e avventure. Forse una sola cosa si può affermare con certezza: in questo fazzoletto di terra uomini e dei continuano a rincorrersi e a cercarsi da millenni. Condannati a non afferrarsi mai. Proprio come la linea che all’orizzonte taglia fuori il mare di Citara da ogni umana comprensione.

(Continua/3)

(Leggi la prima puntata)

(Leggi la seconda puntata)

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