Tra un colpo al cuore e un colpo di fucile decide sempre “Un colpo di fortuna”. “Coup de chance” è il cinquantesimo film scritto e diretto da Woody Allen, vegliardo mai domo impegnato a esorcizzare la fine dei giochi - ha 87 anni - con quello che sa fare al meglio per il piacere di un pubblico fedele, più numeroso in Europa che in patria. L’ha girato a Parigi, con attori francesi, è una storia di tradimenti e possessività, delitti e bugie, filtrata da uno sguardo piuttosto melanconico sulla natura umana (ne ha ben donde, peraltro, anni fa è stato accusato ingiustamente e assurdamente dall’ex Mia Farrow di molestie sessuali ai danni di una figlia adottiva dell’attrice), una commedia che mixa al romanticismo in salsa parisienne un plot giallonero di precisione millimetrica, senza però la magica levità e i dialoghi affilati di tanti altri suoi film in perlustrazione dei delitti e delle pene dell’anima. Comunque, dopo il moscetto “Rifkin’s Festival”, stavolta il menu complessivamente soddisfa, c’è ritmo, c’è suspense ben dominata, in ovvio crescendo.
Parigi, autunno, gran foliage nei parchi squadrati della capitale e una coppia ancora giovane d’alto bordo. Lui è Louis (Melvil Poupaud), finanziere coi denti aguzzi, impegnato a “far diventare i ricchi ancora più ricchi”, lei è Fanny (Lou de Laâge), fascinosa, impiegata in una casa d’aste molto chic. Morbida la vita, oceanico l’appartamento in un arrondissement del centro, con cameriera, autista e spicciafaccende a servizio, quando, vedi il Caso (sarà anche Fortuna?), Fanny incrocia in avenue Montaigne un compagno di liceo, Alain (Niels Schneider), scrittore belloccio, da sempre innamorato di lei e dotato di mansarda galeotta. Si danno appuntamenti, tra molte chiacchiere complici e pranzetti in uno di quei bistrot carezzevoli che il mondo invidia a Parigi, e succede l’inevitabile data la vaga insoddisfazione dell’inquieta Fanny, solidamente e fin troppo ben accasata dopo qualche burrasca sentimentale. Alain coglie solo un frutto ormai maturo. Lo chiamano Amore, è anche appuntamenti rubati, bugie, sogni di fare reset.
Louis è un pedante abituato a tenere tutto sotto controllo, compresa la moglie-trofeo che esibisce volentieri in serate eleganti. Si è fatto strada dal nulla o poco più, sta ferocemente attaccato alle sue conquiste e, miccia che accende “Coup de chance”, sembra celare nel passato ombre nerissime, eliminazione di un socio compresa. “Io la fortuna la provoco”, ha spesso modo di sottolineare: gli antichi greci chiamavano hybris questa tracotanza onnipotente, Shakespeare ci ha insegnato il potere del Caso e il rovinoso ruzzolare del Destino. Louis, a un certo punto sospettoso della piacente consorte, riuscirà a schivarlo? A poco altro, pena spoileraggio, si può accennare, Alain sparisce d’un botto, Fanny ha il cuore a pezzi ma rientra sollecitamente nei ranghi e addirittura progetta di figliare con Louis, la mamma di Fanny (Valérie Lemercie) s’inventa detective e arriva a passeggiare sul filo del rasoio.
Pescando nella sterminata filmografia alleniana si rinvengono alcuni parenti stretti di “Coup de Chance”, giocati sia nella culla newyorchese che in “esilio”. Quanto al bilico della sorte ecco “Match Point”, (2005) ascesa via matrimonio di un istruttore di tennis nell’alta società londinese, pronto all’omicidio di un’amante divenuta scomoda pur di non perdere il nuovo status, un thriller, accompagnato dalle musiche di Verdi e Rossini, di implacabile tensione hitchockiana. Il recidere una vita per un vivere quieto è al centro di “Crimini e misfatti” (1989), splendido apologo sulla colpa che occupa l’anima dell’ebreo Judah Rosenthal (Martin Landau) e sull’ethos delle scelte capitali, una commedia tragica di stupendo nitore, potente, universale, una delle prove migliori di talento drammaturgico del Woody Allen maturo, “emancipato” dai bozzetti familiari, dalla commedia buffa con l’abbondante lievito madre di mille folgoranti battute, dall’autoironia ebraica e dal gioco dei sentimenti all’ombra di Manhattan, talvolta nostalgico ma dolce, che hanno regalato capolavori come “Io e Annie” e “Zelig”.
Ecco, se qualcosa manca davvero in “Coup de chance” sono le incursioni nel grottesco e qualche venatura di umorismo spiazzante. L’occhio di Allen è freddo/disilluso, da tempo non è più un ateo cui piace mettere in mezzo Dio e deridere Freud. Il Louis di Melvil Poupaud, infantile coi suoi trenini elettrici e calcolatore a un tempo, resta un po’ in superficie, mentre spiccano i saliscendi emotivi di Fanny, una Lou de Laâge a tratti conturbante. Woody sa trarre grandi profitti dalle sue attrici, da Diane Keaton (Io e Annie”) a Scarlett Johansson (“Match Point” e “Scoop”, altra commedia-thrilling) alla tormentata Ginny di Kate Winslet in “La ruota delle meraviglie”. Fino alla strepitosa Cate Blanchett, Oscar per “Blue Jasmine”, parabola agra sui ribaltoni della Fortuna - sempre lei - che fanno precipitare una sophisticated lady nell’indigenza per colpa di un marito truffatore, film arricchito - com’è tipico del miglior Allen - da un ricco contorno di comprimari ottimamente disegnati, un asset strategico che in questa ultima opera latita. Naturalmente, un grazie sempre al signor Allan Stewart Königsberg, uno di quei registi che ti deliziano le serate al cinema e ti accompagnano per una vita intera.
Da segnalare la fotografia di un altro splendido irriducibile, l’ottantatreenne Vittorio Storaro, tanto misurato nelle scene urbane quanto scatenato in quelle di campagna, dai colori vibranti. Distribuisce Lucky Red.