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La memoria
che sconfigge
il trauma

Una madre, una figlia
e quel terribile segreto

Una recensione di
GABRIELLA DI LELLIO

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Mantenere un antico, angoscioso segreto. Proteggere le persone che si amano. “L’età fragile” in Einaudi, ultimo romanzo di Donatella Di Pietrantonio, scrittrice e medico abruzzese che ha ambientato quasi tutti i suoi libri nella terra di origine, si sviluppa tra intrecci familiari e cronache drammatiche di un Abruzzo remoto. È la storia di due donne, una madre e una figlia, entrambe segnate - a 30 anni di distanza una dall'altra - dall'incontro con il Male.

Lo spunto del libro è un episodio di cronaca degli anni ‘90 nel cuore dell'appennino abruzzese, quando sui sentieri del monte Morrone due ragazze vennero uccise da un pastore. Una terza sopravvisse e scappò. Questa scintilla narrativa ci condurrà nella fragilità e nella vulnerabilità della vita, di ogni diversa fase della vita. Le debolezze della madre si intrecceranno con quelle della figlia che prova a costruirsi il futuro nel pieno di un presente incerto. Entrambe alle prese con il proprio trauma.



(Il Morrone)


Amanda è la figlia. Ventenne, universitaria, tornata in Abruzzo da Milano poco prima della chiusura totale per pandemia, con uno degli ultimi treni che partivano verso sud prima del lockdown. A Milano è completamente cambiata, dall'entusiasmo dell'adolescenza appare adesso chiusa e scontrosa, senza più il desiderio di fare né di 'sentire'. Ma la pandemia è solo lo sfondo della sua introversione. Isolata nella stanza, parla poco e mangia ancora meno. La madre si accorge del malessere che la divora, teme di perderla ma si sente impotente, avverte che le sta afuggendo il contatto con la vita della figlia.

La voce narrante è proprio lei, Lucia, donna separata, divisa tra suo padre e Amanda. Il primo le chiede di accompagnarlo nell’ultimo tratto dell'esistenza, per decidere le sorti di un terreno di famiglia che fa gola agli speculatori; il terreno ospita ancora i resti di un campeggio, dove tanti anni prima accadde quel crimine terribile. La figlia, a sua volta, chiede aiuto per ritrovare fiducia nel mondo. Lucia vive una grande stanchezza interiore, non ce la fa più a pensare a tutti continuando a non pensare a sé, al fardello di quel dolore della giovinezza che ha preferito rimuovere, piuttosto che affrontarlo. Ma solo rielaborando ciò che accadde in quei luoghi troverà infine la pazienza per comprendere Amanda, e lasciarle percorrere strade diverse da quelle che aveva progettato per lei.


L'età fragile

di Donatella Di Pietrantonio

Einaudi editore
euro 18

Un bosco, la faggeta del Dente del Lupo, è l'altro personaggio di questo romanzo, che è insieme saga generazionale e favola nera. Se all’inizio del racconto la condizione di fragilità sembra appartenere alla figlia, si percepisce andando avanti come ogni periodo della vita possa essere esposto all’inciampo, alla caduta e alla sofferenza. Non esiste un'età senza paura. La scrittrice scardina lo stereotipo della giovinezza come età della forza e dell'onnipotenza, con la sua capacità di far sentire il peso di un’occhiata, il suono di una domanda senza risposta e il dolore delle persone 'ordinarie'. Frasi brevi, quasi lapidarie, come fra i montanari poco avvezzi a lunghi discorsi.



(La Majella)


L’episodio di cronaca spunto del romanzo, come si accennava, è il delitto del Morrone (20 agosto 1997), una delle pagine più brutali della montagna abruzzese. Tre ventenni, in escursione alle pendici della Majella con l’intenzione di raggiungere la cima del Monte Morrone, in località Mandra Castrata vennero brutalmente aggredite da un pastore macedone al quale poco prima avevano chiesto informazioni. Due di loro furono uccise. L’assassino non fuggì, né si preoccupò di occultare le prove. Venne individuato la sera stessa, nei paraggi dello stazzo di Campotosto (AQ), dove viveva in totale solitudine e in condizioni igienico-sanitarie critiche.



(Donatella Di Pietrantonio)


Sui passi della memoria, lo scorso 18 giugno, la Diosa (un’associazione di professioniste che fornisce supporto alle donne) e il CAI di Sulmona sono tornati a quel sentiero per ricordare e commemorare. Il libro è uscito in un momento in cui l’attenzione è molto viva attorno violenza di genere: sono pagine che si leggono in apnea, e che scavano nelle anime fragili, che il tempo spesso non riesce a fortificare.




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