Cucina italiana
miti
e menzogne
Giù la maschera
da pizza, carbonara
e parmigiano
Una recensione di
FABIO ZANCHI
Da una parte c’è la leggenda, a lei si oppone la verità storica. Tra l’una e l’altra c’è sempre stato conflitto, in ogni campo. Figuriamoci se in ballo ci sono le tradizioni alimentari. Difficile scegliere tra l’una e l’altra. Un grande direttore di quotidiani, fra i tanti che ho conosciuto, risolveva il dilemma così: “Vietato rovinare una bella storia con la verità”. In tempi di fake news le cose si sono fatte più complicate. Una guida ci vuole. Ma ci vuole anche un fisico speciale, per sfatare un mito. E bisogna amare una vita spericolata.
La cucina italiana non esiste
Bugie e falsi miti sui prodotti e i piatti cosiddetti tipici
di Alberto Grandi
e Daniele Soffiati
Mondadori editore
19 euro
Alberto Grandi, che di professione insegna Storia economica e Storia dell’alimentazione all’università di Parma, da anni si è assunto l’onere di smontare le bufale che girano intorno alla cucina italiana. I lettori di foglieviaggi.com lo conoscono bene: oltre ai numerosi articoli pubblicati sul nostro sito, ha pubblicato più di una cinquantina di saggi e monografie in Italia e all’estero, insieme a libri come “Denominazione di origine inventata” e “Parla mentre mangi”. Insieme a Daniele Soffiati, per Gedi, conduce un podcast dal titolo “Doi, denominazione di origine inventata”, che ha l’obiettivo di smontare le bugie del marketing sui prodotti italiani, come il libro da cui trae spunto.
Con l’ultimo prodotto editoriale (“La cucina italiana non esiste”), scritto insieme a Soffiati, Grandi ha deciso di buttare ancor più il ferro a fondo in quest’opera di demistificazione. Ne è venuto fuori un libro che può essere letto come un romanzo, oppure come un serio e rigoroso manuale di storia. Ben scritto, ricco di informazioni, capace di smontare frottole e fake news che hanno consentito, negli anni, la costruzione di un racconto forse inebriante, ma del tutto inattendibile.
Ce n’è davvero per tutti, in queste 276 pagine. Andiamo per assaggi. La cucina italiana, come da titolo, non esiste. È un’invenzione del marketing che ci nasconde la realtà: la sua origine è americana, poi giapponese, africana, francese, spagnola e tedesca. È modernissima e tecnologica, altro che tradizionale e antica. La dieta mediterranea fu codificata negli Anni ’50 dal fisiologo americano Ancel Keys, l’inventore della “razione K” in dotazione ai soldati americani che sbarcarono in Italia. E ancora: insensato parlare delle ricette “della nonna”, poiché tutti sanno, per esperienza diretta, che le nostre nonne sapevano cucinare due o tre piatti al massimo.
Andiamo ancora indietro nel tempo. La pizza è anch’essa un’invenzione americana. Ed è falso, falsissimo che la Margherita si chiami così in onore della regina Margherita per cui fu ideata. Ed è falso il documento che ne attesta la nascita in data 11 giugno 1889 esposto a Napoli alla pizzeria Brandi. In realtà quello è un apocrifo realizzato negli anni Trenta. Quanto alla regina Margherita, pace all’anima sua, nel 1889 era già morta da cinque anni. La leggenda è insidiosa, ma la storia è implacabile.
Insiste Grandi, attribuendo pesanti responsabilità, oltre che al marketing, a veri mostri sacri come Mario Soldati, che a cavallo tra il 1957 e il 1958 fu autore del “Viaggio nella valle del Po” per una televisione italiana che allora contava appena 320mila abbonati, e come l’enologo Luigi Veronelli “con la sua esaltazione di una enogastronomia rurale immaginaria”. La realtà è assai distante dalla leggenda. Contro Veronelli, sostenitore della tesi secondo cui “il peggior vino del contadino è migliore del miglior vino industriale”, Grandi arriva a una sentenza definitiva: “Il vino del contadino è una schifezza”. Sono soltanto alcuni esempi della schiettezza con cui gli autori smontano miti e panzane.
Nella ricostruzione del processo che ha fatto sedimentare tante falsità, non si dimentica nessuno. Una rilettura rigorosa che, passando da Tasso a Collodi, da Dumas a Matilde Serao, riporta a una realtà italiana molto distante dalle versioni mitizzanti di un Paese ricco e generoso cui attribuire ogni meraviglia culinaria.
Questo libro è importante perché, in tempi in cui si sta passando dal gastrolocalismo al gastronazionalismo, soprattutto per responsabilità di un governo alla ricerca della glorificazione del “prodotto italiano”, rimette le cose al giusto posto. Le tesi di Grandi, in un primo tempo, hanno sollevato polemiche a non finire. Di fronte ad affermazioni che mettevano in discussione l’origine della carbonara e trasferivano nel Wisconsin la ricetta del Parmigiano, la prima e più diffusa reazione è stata di indignazione, a causa dell’orgoglio nazionale ferito. Con il passare del tempo, anche grazie alla tenacia del professore mantovano, si è fatta strada una diversa consapevolezza. Forse il segno che sulla leggenda, per merito di libri come questo, sta prevalendo la storia vera. Anche perché Grandi viene ormai intervistato da tutti i media, dal Financial Times al Gambero rosso, e invitato ovunque in tv, da “Splendida cornice” di Geppi Cucciari a “Faccende complicate” di Valerio Lundini. Una vera star del debunking.
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