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Genova
e il suo doppio

Dai carrugi al mare
quelle foto
come una favola

Una recensione di
MASSIMO RAZZI

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Da tempo, attraverso i social, il magico obiettivo di Roberto Orlando scalda il cuore e gli occhi degli amici genovesi. Soprattutto di quelli lontani, come me, che tornano troppo di rado a Genova ma che la loro città ce l’hanno attaccata all’anima e alla pelle. È quindi un regalo bellissimo questo “Genova Infinita” (Edizioni Termanini) che Orlando ci ha fatto con i testi appropriatissimi di Stefano Termanini.


Genova Infinita

di Roberto Orlando
e Stefano Termanini

Edizioni Termanini
19 euro

Una Genova che ti sorprende, anche nei luoghi che conosci benissimo, per i colori, i tagli, le luci usati per raccontarcela. Perché quella Lanterna in copertina con dietro le montagne innevate, onestamente, non l’avevo mai vista e non pensavo potesse esistere. Ma anche il Forte Sperone visto dall’alto e una Madonna della Guardia da cime tempestose, o un apparentemente banale taglio di piazza De Ferrari col Palazzo della Borsa che sembra immerso nella fontana, sono cose belle e poco immaginabili. E il monumento di Quarto con i nomi dei garibaldini in primo piano come caratteri mobili di una tipografia, non lo ricordavo e non me l’aspettavo.



(La città dall'alto del forte Sperone)


Sono 140 pagine cui Roberto e Stefano hanno dato un andamento, come dire, dicotomico, individuando dualismi che raccolgono e danno ordine alle diverse immagini: Mare e montagne, Palazzi e chiese, Musei e monumenti, Presente e futuro, Botteghe e mercati, Salite e discese, Strade vicoli e piazze, Estati e inverni, Giorni e notti.



(Gruppo scultoreo al cimitero di Staglieno)


Anche i luoghi più noti, visitati e frugati dall’occhio meccanico di Roberto Orlando, prendono vite diverse e inaspettate. Come la mareggiata invernale alla Motonautica di Corso Italia o l’immagine autunnale del parco del Peralto, o l’incredibile taglio della galleria Cristoforo Colombo utilizzata come un cannocchiale con alle spalle Piazza Dante e, in fondo, attraverso la luce rossastra che illumina la volta semicircolare del tunnel, i palazzi di Via Macaggi e via Ippolito d’Aste. Una vita che ci passi e ne senti la voce fastidiosa (le gallerie “gridano” rumori ai pedoni che le attraversano) ma non pensavi si potesse “raccontare” così.



(Lo scoglio di Quarto da cui partirono i Mille)


Ci sono i vicoli, i farinotti, i colori (e ti sembra di sentire anche le voci e i rumori) del Mercato Orientale, il Bar degli Specchi e interni di palazzi fantasmagorici che, a volte, i genovesi si dimenticano di avere e di visitare e ci sono le funicolari che permettono di salire e scendere i diversi piani di questa città aggrappata tra mare e monti. E sfruttando queste ardite discese, Roberto ci consegna immagini di strade e vicoli che scendono vertiginosamente verso il mare: incredibili “creuze” fra ali innaturali di edifici che nemmeno a San Francisco.



(Il cortile di palazzo Tursi e la torre dell'orologio)


Ci sono i palazzi nuovi che si specchiano nei chiostri antichi ed è un altro effetto della città “a strati” e poi le torri di Porta Soprana che le guardi e pensi che così nitida e, nello stesso tempo, spettrale, non l’avevi mai vista e un po’ capisci perché e come i genovesi si facessero temere e rispettare nel mondo medioevale.



(Funghi porcini freschi al mercato orientale)


E, quasi in fondo, la foto teatrale e spettacolare della mareggiata a Boccadasse. Difficile staccarne gli occhi tanto è precisa e dettagliata con le case, scolpite nei loro colori, il cielo nero come di più non può essere e il mare che fa il suo dovere fino in fondo per farci paura e si prende tutta la spiaggia. Paura? Sì, a quello serve la mareggiata, ma, non so come, Roberto quasi ce la sdrammatizza con la precisione, i colori, la bellezza. Troppo bella, forse, per essere cattiva.



(La storica vettura 1 della cremagliera di Granarolo affronta la salita)


E alla fine, con la mente e il cuore pieni di Genova, non ti resta che ringraziare Roberto e Stefano. Per questo regalo impagabile. E m’immagino Orlando, con la sua macchina fotografica, che ti spiega le sue foto come in una favola (lo fa sempre sui social) e ti racconta vicende tragiche e terribili come quella del Ponte Morandi attraverso la crescita di una piantina sul davanzale di una casa abbandonata sotto il Morandi. Perché Roberto è giornalista di razza: siano parole o immagini c’è sempre una storia da raccontare.




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