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Treni
e coincidenze

Dal finestrino
un Novecento
d'autore

Una recensione di
SILVIA GARAMBOIS
(foto da Pixabay)

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Ma che c’avranno mai in comune Sherlock Holmes e Virginia Woolf? O Guido Gozzano, quello delle “buone cose di pessimo gusto”, con la durezza dello sguardo sul mondo di Grazia Deledda? La risposta è quasi a sorpresa: ma il treno!

Un treno che di volta in volta, dalla penna di Pirandello a quella di Matilde Serao, da Italo Svevo a Marcel Proust o Mark Twain – per citarne solo alcuni – è una suggestione, un fischio udito da lontano, il teatro di un assassinio (ecco Arthur Conan Doyle), un viaggio lungo la Francia goduto da un finestrino o patito attraverso le lentezze della Sardegna, o ancora l’occasione per rapidi amori, per immaginare le vite degli altri…


Dell'andare in treno
e altre coincidenze

di Francesca Cosi
e Alessandra Repossi

illustrazioni di Luca Terenzi

Ediciclo edizioni
20 euro

Si intitola “Dell’andare in treno e altre coincidenze” (Ediciclo editore, euro 20,00) la curiosa antologia curata da Francesca Cosi e Alessandra Repossi – che sono anche le traduttrici dei testi – con la prefazione di Romano Vecchiet e ingentilita, come usava un tempo, dalle belle illustrazioni di Luca Terenzi.

Verrebbe d’istinto definirlo un libro da viaggio, racconto dopo racconto; non è solo così. Nei repentini cambi di tono, di prospettiva, di scrittura, si riconosce la stessa ispirazione, quell’accidenti così normale che conosciamo: il cambio di binari, che fa sussultare il treno (e cadere un cadavere), un fischio in lontananza, che resta lontanissimo ma può cambiare le speranze di vita, e quindi la vita, dalla stanza grigia animata solo di numeri di un contabile al ricordo o alla fantasia di posti lontani, lontanissimi, improvvisamente raggiungibili. O ancora una fermata troppo lunga in una stazione senza anima, dove compare una fanciulla da amare, che cambia i destini del viaggio, impone fermate e delusioni; o quell'altra per la quale invece non scendiamo dal vagone, ma conoscere la venditrice di latte - che s'accosta ai finestrini per vendere le colazioni - resta un desiderio da inseguire.





Sono tutti racconti scritti a cavallo tra le fine dell’Ottocento e gli anni Venti del secolo passato: un dato importante perché si riconoscono dettagli ed elementi che fanno sorridere: non è solo la lentezza del viaggio, il fatto che le pause-pranzo di quelli più lunghi si facessero alle mense delle stazioni, ma proprio un'atmosfera perduta. Un esempio: i viaggiatori, da Marcel Proust a Virginia Woolf, hanno con sé le uova sode. Come per le escursioni in montagna. Oggi si gira con le bottigliette d’acqua, una merendina, un frutto. Ma l’uovo sodo è nutrimento puro, sono i gusci che vengono aperti in viaggio, raccolti, un accenno appena al mondo che fu.





Poi, sia chiaro, c’è il vero racconto di viaggio, paese dopo paese, luoghi della storia e della tradizione, da Mark Twain incantato ma tediato dallo scorrere del paesaggio francese (“infinitamente più divertente”, ci avverte, la traversata in diligenza dal Missouri alla California) a Matilde Serao che protesta dalla prima all’ultima riga per il suo viaggio da Jaffa a Gerusalemme, così scomodo, “senza raccoglimento, senza silenzio e senza divozione”, una forma “frettolosa, affaccendata e seccata” per arrivare alla città dei Patriarchi e dei profeti. E poi c’è Grazia Deledda, che si è ripromessa di raccontare lo scorrere della natura e dei centri abitati dall’isola di Tavolara a Nuoro (dove si arriva “più morti che vivi”). “Mi ero ripromessa – avverte – di descrivere solo qualche paesaggio sardo, senza dilungarmi ad esporre i bisogni profondi dell’isola”: ma non ce la fa! E denuncia il “pessimo servizio ferroviario” dove “il treno da Golfo degli Aranci a Cagliari, per percorrere 307 chilometri, impiega dodici ore e mezzo, e altrettante ne occorrono per giungere a Nuoro”.





In mezzo, la sorpresa, l’inatteso, la fantasia: H. G. Wells (l’inglese Herbert George Wells, quello della “Guerra dei mondi”) è tanto divertente con il suo elenco di notabili quanto sorprendente Virginia Woolf che immagina la vita della sua compagna di viaggio, e le crea intorno personaggi, sorelle, cognati, nipoti, il vecchio cane bianco spelacchiato, persino i commessi viaggiatori che bussano alla porta con i loro bottoni colorati. Finché dura il viaggio...




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