Se ne va il Rosso da Sesto San Giovanni e non si parla della politica, ma della Campari che dopo 120 anni trasloca definitivamente a Milano. “Quando siamo arrivati nella nuova prestigiosa sede progettata da Mario Botta e Giancarlo Marzorati nel 2009 eravano 250, oggi siamo 600 e presto saremo 800” si giustificano alla direzione aziendale. “E obiettivamente la nuova sede a due passi dal Duomo ha molto prestigio, tanto più che Sesto San Giovanni si è fermata”, dicono alla direzione aziendale.
In realtà era stato Davide Campari nel 1903 a trasferire a Sesto San Giovanni la sua azienda, acquistando la Casa Alta che era stata dei marchesi Arese Lucini e nella quale il fascinoso Ugo Foscolo aveva soggiornato e sedotto sotto gli occhi del nobile marito la proprietaria Antonietta, per la quale aveva scritto i versi dell’”Amica risanata”. Davide aveva il negozio in Galleria Vittorio Emanuele, proprio davanti al Duomo, e per anni il laboratorio sotto quei locali. Ma il successo del Cordial e del rosso aperitivo richiedevano ormai la nascita di una vera e propria fabbrica. Anche perche`Davide aveva inventato la pubblicita´moderna di qualita´ per affermare i suoi prodotti. Aveva contrattato i migliori pittori e cartellonisti, i poeti di successo per propagandare un nuovo modo di bere, che divenne moda e dunque trasformo´una parte del giardino che aveva visto passeggiare Antonietta e Ugo in una struttura industriale capace di sfornare Campari e Cordial che hanno invaso piu´Paesi di quelli rappresentati all’Onu.
Il penultimo salto di qualita`era avvenuto all’inizio del 2000. L’azienda aveva iniziato una politica di acquisizione di marchi in Italia e in tutto il mondo. La vodka Sky, la più popolare negli Usa, il rum giamaicano Des Antilles comprese le piantagioni, il Gran Marnier e lo champagne, la tequila El Espolon e il bourbon Wild Turkey, Zedda e Piras e il Braulio, Biancosarti ed Averna, Aperol e in Argentina Bols, adesso il Courvoisier. Ma allora era entrata in scuderia la Cinzano con l’Asti spumante ed era stato neessario costruire una fabbrica nella zona di quel vino, a Novi Ligure. Cosi si decise che lì si sarebbe prodotto anche il Campari, abbandonando Sesto San Giovanni.
L’Amministrazione comunale si trovò davanti al pericolo che in una città già pesantemente segnata dalle grandissime aree industriali dismesse se ne aggiungesse un’altra e per di più in centro. Iniziò una trattativa dura, anche se rapida, al termnine della quale si ottenne che al posto della vecchia fabbrica sarebbe arrivata la direzione nazionale, allora in via Turati a Milano, e quella internazionale, che era a Montecarlo. Si ottenne che ci fosse una trattativa sindacale per risolvere il problema dei 170 lavoratori, e che venisse aperto al pubblico il giardino degli Arese Lucini. Uno scontro si ebbe con l’allora amministratore delegato che voleva abbattere la facciata e l’edificio storico. “Dà una patina di vecchio al nostro prodotto”, sosteneva. L’Amministrazione comunale ribatteva che quello era un logo della azienda e anche della città, al punto che per i sestesi quel quartiere era “il Campari”. Alla fine vinse il Comune e l’edificio è diventato uno dei musei d’azienda più visitati e importanti d’Italia con i capolavori di Depero, di Dudovich, di Nizzoli e di tanti altri, meta anche delle annuali visite del Fai.
Adesso però la Campari se ne va da Sesto San Giovanni, “tra tre anni” spiegano alla Direzione, in un edificio a due passi dal Duomo che deve essere ristrutturato e alzato di un piano. Tra l’indifferenza della attuale Amministrazione comunale che mentre i giornali e i social sono pieni di un dibattito su cosa stia sucedendo, non ha trovato nemmeno il tempo di chiamare la Direzione per capire che cosa avverrà.
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