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HANOI
GOOD MORNING
VIETNAM

Good Morning Vietnam. Ora il titolo del famoso film mi è più chiaro: già alle cinque di mattina, incuranti dei semafori rossi e di ogni altra segnaletica orizzontale e verticale, col dito schiacciato sul tasto del clacson, i Vietnamiti, braccia, gambe e capo coperti per difendersi dalle ingiurie del sole, cavalcano i loro motorini stracarichi di merci, figli, coniugi e talvolta animali, formando sciami disordinati e sorridenti (o almeno così ci sono sembrati quelli di loro che non indossano anche una mascherina) di indaffarati lavoratori. Poi, verso le diciotto, si riversano in strada con familiari e amici, a consumare, su sedioline che sembrano quelle dei nostri bambini, un frugale pasto serale in uno dei tantissimi locali che dispensano, in cambio di pochi dong, street food e discutibili condizioni igieniche. Dopo le ventidue per strada ci sono solo operatori ecologici (per lo più donne), turisti e i citati gestori dei locali di street food intenti a lavare - con risultati alquanto dubbi - sul marciapiedi le stoviglie, le tazze e le bacchette utilizzate per il servizio. I Vietnamiti vanno a letto presto e si svegliano all’alba.


(Motorini)


Ma cominciamo dal principio. Gianni e Angela, i nostri storici amici e compagni di viaggio, quest’agosto sono rimasti bloccati da problemini vari. Rinviato al prossimo anno il progettato periplo dell’Islanda con gli amici, Mujer e io pensiamo di azzardare, in barba ai nostri pregiudizi giovanili e in ossequio alla sopravvenuta consapevolezza dei limiti imposti dagli acciacchi dell’età, un viaggio organizzato. Non siamo mai stati in Oriente e di quella parte del mondo, non so perché, più che Cina e Giappone, m’intriga l’Indocina. Mujer approva e prenoto, per una volta in Agenzia, un tour organizzato di due settimane in Vietnam e Cambogia.

Come sempre, pochi giorni prima della partenza scorro una guida turistica dei luoghi che visiterò e cerco, nella fornita biblioteca di casa, un romanzo ambientato da quelle parti. Trovo “L’Amante” di Marguerite Duras, un centinaio di pagine molto interessanti, sia per la particolarità della storia, peraltro vera, sia per la tecnica narrativa adottata dalla scrittrice. Bello, mi piace. Trovo anche il film e lo guardo. Ne resto sorpreso e affascinato. Mi rimane impresso il lapidario incipit del film, affidato alla voce narrante: "Presto fu tardi". In tre parole il bilancio, comune a tanti, di una vita oppressa da rimorsi e rimpianti. Nel libro la frase non mi aveva particolarmente colpito forse perché oscurata da una premessa e posta verso la fine della prima pagina. Mi chiedo come mai la Duras, pur avendo in mano questo attacco potente, abbia scelto di entrare nella storia con altre parole. Peccato non poterglielo domandare.



Partiamo dopo ferragosto. Lasciamo la nostra auto in un parcheggio lunga sosta e voliamo di notte verso Hanoi con scalo a Doha. Arriviamo estenuati, con sette ore di ritardo. Una gentile guida che parla italiano – si chiama Hien Anh ma ci chiede di chiamarla Anna – ci accoglie sorridente all’una di notte, ci accompagna al cambiavalute dell’aeroporto e prova a spiegarci il valore in euro delle varie banconote vietnamite, i dong. Sembrano plastificate. Non usano monete. L’impressione è quella dei soldi del Monopoli. Decine di zeri. Forse siamo troppo stanchi. Mi sembra di capire che 5000 dong valgono venti centesimi di Euro e mi chiedo che senso abbia una banconota da venti centesimi. Nei giorni successivi dovrò prendere atto che è pressappoco così: mezzo milione di dong sono circa diciotto euro.


(Hanoi, la Pagoda a pilastro unico)


Un comodo van ci conduce all’Hotel, nel quartiere francese. Benedico la scelta mia e dell’Agenzia di non prevedere attività nella mattinata di domani. Il tour della capitale partirà alle quattordici con un’altra guida. Anna la rivedremo il giorno successivo e ci accompagnerà alla baia di Halong. Prima di salire in camera e sprofondare nel letto faccio in tempo a chiederle informazioni per una sim dati per il telefono di Mujer (io ho preso in Italia un’ottima e-sim Holafly a 38€ con dati illimitati valida sia in Vietnam che in Cambogia e Tailandia). Qualche ora di sonno, poi sveglia per la colazione e di nuovo a dormire fino all’una. La stanchezza non è ancora smaltita.


(L'altare del tempio confuciano della letteratura)


Tuàn – ma ci dice di chiamarlo Toni – viene a prenderci puntuale per il giro pomeridiano di Hanoi. Sventola la sim che ha procurato per Mujer e velocemente la installa. Gli spieghiamo che abbiamo un problema: in aeroporto ci hanno rotto una valigia e abbiamo necessità di comprarne una nuova. Ne cerchiamo una resistente, di una certa marca che abbiamo già sperimentato e che ci garantisce qualità. Tuàn-Toni ci promette che alla fine del tour ci accompagnerà ad acquistarla. È un ragazzo in gamba, veloce ed efficiente. Sul mini bus incontriamo una famiglia di cinque persone. Sono di Caserta, anzi di Bolzano Sud, come scherzosamente ci dice il capofamiglia, Antonio. Ci presentiamo a Marilia, sua moglie, e ai figli Clelia ed Elio, studenti di Economia, e Sofia, che avrà la maturità il prossimo anno. Faranno il nostro stesso tour, anche se ad Hanoi sono arrivati già da un paio di giorni. Ci sembrano da subito persone educate e simpatiche: basta la mezza giornata insieme per familiarizzare e in capo a un paio di giorni ci sembrerà di conoscerci da sempre.


(La carpa-drago)


La prima tappa è Van Mieu, il Tempio confuciano della Letteratura, la più antica università asiatica risalente al 1070. Una studentessa prega per gli esami davanti a una stele con la base a forma di tartaruga. Mi ricordo di qualche mia genuflessione nella chiesa di San Pietro Martire, di fronte all’Università, prima di affrontare gli scogli del Diritto Privato e delle Procedure. Toni ci parla dei quattro animali sacri, la Tartaruga, la Carpa-Drago, la Fenice, il Leone-Cane. Per pochi centesimi un insegnante pennella su una pergamena gli ideogrammi del Successo e dell’Amore che porteremo in dono ai nostri figli. Più tardi mi chiederò, rievocando una storica battuta di Troisi, se non avrei fatto meglio a scegliere per loro il segno della Salute.


(La fenice)


Il tempo vola. Torniamo sul mini bus per il cambio della guardia di fronte al Mausoleo di Ho-Chi-Minh, nella enorme piazza già imbandierata per le celebrazioni del prossimo 2 settembre, festa dell’Indipendenza. Faccio una domanda a Toni sulla guerra civile degli anni settanta e lui mi risponde, con un sorriso un po’ piccato, che non c’è stata alcuna guerra civile, ma solo una guerra, vinta, contro gli americani. Tra qualche giorno scoprirò che a Saigon, odierna Ho Chi Minh City, la pensano un po’ diversamente.



(Il cambio della guardia al mausoleo di Ho Chi Min)

La giornata è pienissima. Vediamo la famosa pagoda a pilastro unico, poi la pagoda Dien Huu, il Lago della Spada restituita, dalla leggenda del condottiero Le Loi, che sconfisse i cinesi grazie a una spada magica donatagli da un pescatore che l’aveva presa all’amo. Dopo la vittoria Le Loi, divenne re del Vietnam indipendente. Un giorno, una tartaruga dalla voce umana venne incontro al re che pescava nel lago Hoan Kiem, l’occhio azzurro di Hanoi, e gli chiese indietro la spada, poiché il regno era pacificato e non c’era più bisogno di combattere. Così la spada tornò nel lago e con essa, presumo, anche la tartaruga parlante, probabile antenata delle due enormi testuggini imbalsamate ospitate nel vicino Tempio e vissute là fino agli anni sessanta del secolo scorso.


(Il lago della spada restituita)


Il nostro Toni ci accompagna a un teatro poco distante per uno straordinario spettacolo di marionette sull’acqua, il Water Puppet Show. Qui al nostro gruppo si aggiungono Lori e Massimo, una coppia di Lecce che completa il nostro mini gruppo di nove persone. Saremo compagni di viaggio per i prossimi giorni e, tanto per smentire i nostri pregiudizi verso i viaggi organizzati, dubito potessimo trovare compagnia più allegra, simpatica e affiatata.



(Marionette sull'acqua)

Dopo una piacevole cena in un ristorante tipico, occasione per approfondire le nostre nuove conoscenze, Toni riconduce il gruppo in albergo e come promesso accompagna in taxi me e Mujer a un centro commerciale per comprare il nuovo bagaglio. "Qui io vengo solo quando mi scappa la pipì" ci sorride divertito, "è tutto troppo caro!". Concluso il nostro acquisto (per svariati milioni di dong pari a poco più di duecento euro) chiediamo a Toni informazioni per vedere il famoso passaggio del treno in mezzo ai baretti. Lui consulta l’orologio e, realizzato che siamo in tempo per il treno delle nove e un quarto, ferma un taxi al volo. Ci fa scegliere un bar e poi s’incarica di portare in taxi la valigia al nostro albergo. Salutiamo Toni con gratitudine e Mujer lo invita a farsi vivo caso mai dovesse passare dalle nostre parti. Mentre aspettiamo il caratteristico evento Toni ci tranquillizza (ma non ce n’era bisogno) con la foto via whattsapp della valigia nella hall del nostro hotel. Noi, dimentichi di tutti gli avvertimenti igienico sanitari ricevuti in Italia, ci spariamo due drink pieni di ghiaccio e ci godiamo il curioso (e a onor del vero pericoloso) transito ferroviario.



(Il treno fra i bar)

Nonostante la spropositata e poco costosa offerta di taxi e risciò Mujer e io optiamo per un rientro a piedi in hotel, una passeggiata di quaranta minuti lento sed securo pede. Un’occasione per osservare le abitudini dei pochi abitanti ancora in strada.

Il caldo e l’umidità si sentono anche dopo il tramonto. Una doccia e a nanna. Alle 8.00 si riparte e la sveglia sarà alle 6.30. “Good morning Vietnam” sarà un tormentone.

(1. continua)

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