Da tempo a Milano il compito di fare luce sulle attività (o inattività) che possono nuocere alla comunità non è più prerogativa dell’informazione e tantomeno dei partiti. Il ruolo lo svolge la pioggia. È l’acqua che cadendo più o meno copiosamente o non cadendo affatto ci rivela le fragilità nell’amministrazione della città. Se dopo anni di silenzi compiacenti oggi si parla di mancanza di manutenzione ordinaria e straordinaria è perché quando piove le strade si allagano in un lampo a causa dell’otturazione dei tombini e delle caditoie. Se scopriamo che le risorse riservate dal comune alla cura dei suoi edifici più preziosi sono praticamente inesistenti è perché sotto uno degli ultimi diluvi alcuni musei si sono allagati con danni enormi a opere e ambienti, essendo grondaie e pluviali intasati di foglie e resti di piccioni. Se poi oggi qualcuno osa esprimere dubbi sul senso di una celebrata campagna di piantumazione massiccia di alberi è perché ormai è evidente a tutti che la pioggia scompare per troppi mesi l’anno in una città dove non manca certo l’acqua, ma non esistono sistemi di irrigazione del verde pubblico.
L’acqua si sa, è subdola, si insinua ovunque, sotto i portici, negli interni e giù fino ai sotterranei. E con grande perfidia rivela le verità più nascoste, anche quelle che riguardano l’anima della città e che nessuno ha il coraggio e nemmeno il desiderio di confessare. Per esempio che la capitale mondiale del design non sa più progettare. Bastano due gocce di pioggia per trasformare le pavimentazioni posate negli ultimi anni in piste di pattinaggio dove anche le suole carrarmato slittano come lame d’acciaio. Sono lastre anche belle, ma lisce; e una volta bagnate non riescono a originare nessuna forma di attrito. Per ovviare al problema, il progettista geniale inserisce in certi punti elementi in rilievo per opporre resistenza, ma il più delle volte ottiene solo l’effetto catapulta per chi ha già perso il controllo e ha iniziato a scivolare. Succede anche nelle stazioni delle linee della metropolitana più recenti e in quelle storiche ristrutturate. E qui viene davvero male al cuore. La Metropolitana Milanese – la MM progettata con tanta intelligenza e sapienza da Franco Albini, Franca Helg e Antonio Piva con Bob Noorda – è diventata famosa nel mondo anche per i suoi pavimenti di pvc nero a bolli prodotto da Pirelli. Bello, funzionale, sostituibile facilmente, economico e soprattutto antiscivolo. Materiale imparagonabile alle attuali piastrelle bianche e grigie che rivestono migliaia di metri quadrati di stazioni generando ambienti insulsi quanto insicuri.
La pioggia tuttavia non ce l’ha mica solo col comune di Milano e con le sue partecipate. Anche ai privati toccano prove celesti. Soprattutto ai commercianti che non rispettano norme di buon senso come tenere chiuse le porte dei negozi evitando di aumentare inutilmente il dispendio di energia per rinfrescare o riscaldare gli ambienti. E la pioggia è lì a ricordarcelo. Bastano due gocce per infradiciare le soglie realizzate secondo i principi del marketing con lo scopo di non opporre nessun ostacolo all’ingresso dei clienti: porte spalancate, appunto, e niente gradini, sostituiti da lievi pendenze per connettersi direttamente alla strada, così come niente zerbini per non creare interruzioni nel luminoso percorso di ingresso che deve spingere lo sguardo verso la merce, non certo verso il basso. Veri paradisi della traumatologia, se a terra sono stati posati lastroni lisci e lucenti.
Non c’è bisogno di scomodare Gustave Flaubert o Ludvig Mies Van der Rohe a ricordarci che Dio è nei dettagli. Ma trattandosi di Milano, giova sempre richiamare il Manzoni e i suoi Promessi sposi: “Appena infatti ebbe Renzo passata la soglia del lazzeretto e preso a diritta, per ritrovar la viottola di dov’era sboccato la mattina sotto le mura, principiò come una grandine di goccioloni radi e impetuosi, che, battendo e risaltando sulla strada bianca e arida, sollevavano un minuto polverìo; in un momento, diventaron fitti; e prima che arrivasse alla viottola, la veniva giù a secchie. Renzo, in vece d'inquietarsene, ci sguazzava dentro... Ma quanto più schietto e intero sarebbe stato questo sentimento, se Renzo avesse potuto indovinare quel che si vide pochi giorni dopo: che quell'acqua portava via il contagio; che, dopo quella, il lazzeretto, se non era per restituire ai viventi tutti i viventi che conteneva, almeno non n'avrebbe più ingoiati altri”.
Comunque sia, Milano ha sempre da ringraziare la pioggia.