IL VIAGGIO PSICHEDELICO
DELLA GRANDE MILANO

Che cosa fosse il Modello Milano non si è mai capito del tutto. O perlomeno non l’ha capito chi scrive. Col senno di poi verrebbe da identificare se non un modello almeno un metodo, ovvero la forzatura del raccontare come perfetta e vincente una città ricca di contraddizioni e di problemi vecchi e nuovi, alcuni pure in via di aggravamento. Sulla spinta di un clamoroso sviluppo immobiliare e di profonde trasformazioni economiche e sociali innescate da dinamiche globali, una cieca fiducia nel progresso tecnologico e nella rivoluzione digitale aveva pervaso la città convincendo tutti quanti di avere davanti un futuro radioso.

Un’allucinazione collettiva, un viaggio psichedelico dentro a un mondo smart fatto solo di connessioni multiple, esperienze inedite e possibilità infinite. Un trip che ha coinvolto tutti: governi locali e nazionali a prescindere dalle maggioranze politiche che li formavano, mondo dell’informazione, cittadini comuni, scienziati, ricercatori, operatori culturali, artisti, scrittori… tutti innamorati di Milano, tutti soggiogati dalla sua incontrastabile superiorità, tutti a sperare di imitarne i successi o di ricavarne qualche vantaggio.

Oggi che al modello Milano nessuno ha più nemmeno il coraggio di accennare e la vita vera comincia a presentare il conto a tanti, la città risponde dando vita a uno sconclusionato teatro dell’assurdo. Ora che è possibile raccontare che le strade sono piene di buche (lo erano anche prima, ma guai a dirlo), che le isole di calore vengono moltiplicate invece che eliminate, che l’emergenza casa è drammatica, che nella città che vanta un piano per piantare tre milioni di alberi entro il 2030 il verde è imbarazzante da tanto è lasciato al proprio destino, che nella nuova capitale del turismo internazionale i musei civici chiudono perché non ci sono i custodi, gli entusiasti del passato fanno a gara per smentirsi pubblicamente.

I giornali offrono grandi spazi in primo piano a chi, dopo averci rassicurato per anni circa l’inutilità del governo cittadino e la bontà dell’iniziativa privata, soprattutto se proveniente da realtà internazionali e di notevoli dimensioni, oggi ci spiega i nefasti effetti dell’assenza di una regia pubblica. Si lanciano anche allarmi sull’espulsione dei ceti medio bassi dalla città quando sono ancora freschi gli echi dei festeggiamenti per l’ascesa di Milano tra le metropoli globali, ovvero tra le città più care del mondo (però in virtù dei suoi bassissimi redditi). Se non fosse una vicenda seria verrebbe da chiedere a Elio e le Storie tese di musicare l’assurdo discorso pubblico milanese come la versione urbana di “Cara ti amo (Risvolti psicologici nei rapporti fra giovani uomini e giovani donne)”.

Ma forse non servirebbe nemmeno. In una sequenza di azioni e dialoghi sconnessi, il dibattito sullo stato della città ci riserva anche perle di autentico umorismo. Le cronache raccontano di un aumento degli episodi di violenza certificato dai dati della prefettura? Il sindaco risponde via Instagram che “C’è un’evidente campagna politico-mediatica contro Milano”. I City Angels organizzano corsi gratuiti di autodifesa per rispondere all’aumento della percezione di insicurezza dei milanesi che va di pari passo con l’aumento dei reati? Il Comune di Milano garantisce il patrocinio suo e di tutti i nove Municipi. Chissà se anche Milano, come Beckett e Ionesco, riuscirà a trasportarci tutti in una dimensione astratta e filosofica.

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