Ilaria Bonacossa, critica d’arte, da meno di un anno direttrice di Palazzo Ducale – Fondazione per la cultura di Genova, pochi giorni fa ha inaugurato l’anno accademico di Unige Senior (l’ex Università delle terza età, affiliata all’Università degli studi di Genova) con la lectio magistralis “Impression Morisot” nel salone del Maggior Consiglio del palazzo stesso. La scrittrice Melania Mazzucco martedì 12 novembre alle ore 18, sempre nel salone del Maggior Consiglio, con la conferenza “La novità estrema. Alla scoperta di Berthe Morisot”, aprirà un ciclo di eventi collaterali alla mostra in corso a Genova, dedicata all’artista francese del XIX secolo.
Lo ammetto: fino a pochi anni fa non sapevo chi fosse Berthe Morisot. Poi, grazie ad amici più preparati di me nella storia dell’arte, ho appreso che Morisot è stata una grande pittrice impressionista, misconosciuta in confronto ai compagni d’arte Degas, Monet, Renoir, Pizarro, celebrati in tutto il mondo e indicati come “padri fondatori” dell’Impressionismo. Fin dall’inizio tra loro c’era anche una “madre fondatrice”, Berthe Morisot, valente artista, unica donna a partecipare alla prima esposizione del gruppo che rivoluzionò la pittura nel 1874 a Parigi.
Morisot propose i suoi quadri nella prima e nelle successive esposizioni degli impressionisti . Ne saltò solo una perché aveva partorito da poco. Eppure ancora oggi non molti la conoscono. È stata a lungo ignorata dai visitatori di musei e rassegne d’arte, ma ora, in occasione dei 150 anni dal debutto del movimento impressionista, anche in Italia Berthe Morisot viene celebrata. Addirittura con due importanti mostre che si svolgono in contemporanea a Genova e a Torino.
Peccato per la concomitanza. Se non fossero state aperte a distanza di una settimana l’una dall’altra ( chiuderanno anche a distanza di circa una settimana l’una dall’altra, quella di Genova il 23 febbraio, quella di Torino Il 9 marzo), ma si svolgessero in periodi diversi, più distanziati tra loro, le due esposizioni consentirebbero di ammirare 130 opere della Morisot, 80 a Genova, 50 a Torino e di avere uno sguardo complementare, quasi completo (purtroppo manca l’olio su tela “ La culla”, forse il suo quadro più celebre) sulle opere di un’artista di valore, da conoscere meglio. Ovviamente chi ne avrà la possibilità, potrà visitare entrambe le mostre ma dovrà spicciarsi e recarsi da Genova a Torino o viceversa. Il problema della sovrapposizione non è cancellato dal fatto che le direttrici delle due istituzioni culturali - Ilaria Bonacossa al Palazzo Ducale di Genova, Chiara Bertola alla Gam di Torino -, accortesi della concomitanza, abbiano deciso di comune accordo di applicare uno sconto di 1 euro sui biglietti di ingresso dell’una o dell’altra mostra, qualora le si visitino entrambe.
Dovendo riassumere le caratteristiche specifiche e le differenze tra la mostra di Genova e quella di Torino, potremmo dire che “Impression Morisot” al Palazzo Ducale di Genova offre un’immagine più intima di Berthe Morisot, con opere provenienti quasi solo da collezioni private, talvolta inedite, e foto sorprendenti dell’artista francese e del suo entourage privato, quella alla Galleria d’arte moderna di Torino propone opere più famose, molte esposte in maniera permanente al Museo Marmottan di Parigi, tempio dell’Impressionismo, e in altri celebri musei e restituisce al visitatore un’immagine più formale, più mondana di Morisot, che in parte viene anche reinterpretata. A Torino infatti il visitatore è introdotto alle opere dell’artista francese dalle incursioni un po’ scanzonate, e in qualche caso azzeccate come nella grande sala dedicata ai dipinti en plein air, di Stefano Arienti, artista italiano contemporaneo, mentre a Genova l’allestimento richiama di più il gusto domestico-decorativo francese, forse perché la curatrice della mostra è la francese Marianne Mathieu, studiosa di Morisot, che prima di Genova ha portato con successo “Impression Morisot” al Museo delle belle arti di Nizza.
La locandina anticipa i contenuti dell’esposizione genovese. È uno dei numerosi dipinti ispirati da Julie, l’unica figlia di Berthe Morisot, forse il più bello. Ritrae un’adolescente dai lunghi capelli rossi, seduta su una panchina in un giardino fiorito, con un grande cappello di paglia e un abito azzurro sfumato che rivela le tipiche pennellate a virgola degli Impressionisti. La pittrice lo dipinse non molto tempo prima di morire, . Una grande foto d’epoca mostra Julie all’età di 16 anni, piuttosto somigliante alla ragazza del quadro. Ne aveva poco più di 17 quando la mamma morì . Berthe adorava Julie, ne fece la sua modella preferita fin dalla nascita avvenuta quando lei aveva 37 anni. Oggi la definiremmo una primipara attempata, ed è forse per questo che Morisot provò sempre per Julie un attaccamento speciale, che trapela fortemente dalle opere in mostra a Genova. O forse è perché l’artista non poteva far altro che dipingere le persone e gli ambienti in cui viveva. Non le era consentito scegliere soggetti esterni.
“Ha dipinto la sua vita”, ha detto di lei Paul Valery. Ma non poteva fare diversamente. In quanto donna le fu precluso l’accesso all’Accademia di belle arti di Parigi, si formò da privatista prendendo lezioni a casa da Geoffrey Alphonse Chocarne e copiando dal vivo celebri opere del Louvre. La pittura non era per lei un semplice passatempo, ma una vocazione, tuttavia sulla sua tomba è incisa semplicemente la scritta “vedova di Eugène Manet” e non “artista” o “pittrice”. Rimase nei ranghi, restò nei panni di una bella e brava signora della borghesia parigina che non aveva necessità di vendere i propri quadri per pagarsi il pane, frequentava balli e salotti, fu la moglie devota di Eugène Manet, fratello di quell’Édouard, che l’ha ritratta con enormi occhi castani e un cappello nero e forse è stato il suo vero amore. D’altra parte proprio Éduard Manet a la scelse come modella preferita per alcuni anni e confessò di essere rimasto abbagliato dalla bellezza di Berthe Morisot quando la vide per la prima volta. In compenso il fratello di Eduard, il meno affascinante Eugène, diventò il marito della bella pittrice e compare in numerosi dipinti en plein air della moglie, sempre colto nell’atteggiamento di padre attento e affettuoso. Quindi di uomo amabile e benvoluto in famiglia.
Berthe Morisot non fu una suffragetta né una donna apertamente schierata per l’emancipazione femminile, ma difese sempre la propria autonomia e la propria arte, firmò le sue opere col cognome da ragazza, mai con quello del marito, dipinse fino all’ultimo (morì a soli 54 anni), ebbe amicizie e frequentazioni con importanti intellettuali francesi dell’epoca. Dipingeva con un grazia speciale, in sintonia col suo aspetto leggiadro, documentato dalla grande e rara foto a figura intera che apre la mostra genovese. Amava i bambini e ne coglieva l’essenza. Nella sala più ampia dell’esposizione genovese si possono ammirare alcuni dei ritratti di Julie a varie età, della nipote Jeannie, e, più avanti, dei figli dell’amministratore della Tour Eiffel. Grandi e suggestive foto d’epoca accompagnano i ritratti di Julie e Jeannie.
Ogni sala della mostra è tinteggiata con colori via via più tenui, in armonia con i colori che nel tempo contraddistinsero le opere di Berthe Morisot. Si passa dal blu cobalto degli inizi dove spicca un ritratto di Berthe giovane ragazza che dipinge, firmato dalla talentuosa ma meno determinata sorella Edma, al verde di Verona, al verde pastello, all’azzurro, al rosa, sfondi perfetti dei quadri sottostanti, rappresentativi della maturazione artistica della pittrice. Piccoli e delicati disegni a puntasecca, incisioni su rame, quadernini, purtroppo in copia fotostatica, testimoniano l’abilità e la finezza della Morisot che disegnava molto bene e lo faceva appena le era possibile. Alcune tele e opere su carta, in apparenza incompiute, indicano la direzione modernissima verso la quale era proiettata.
In una sala della mostra, è collocato il modello in scala della casa che l’artista progettò insieme al marito e si fece costruire a Parigi. Il letto era sistemato in un mezzanino affacciato su una finestra interna: dal letto, attraverso la finestra interna, era possibile ammirare sulla parete del salotto-atelier sottostante un quadro di notevoli dimensioni. Dapprima la padrona di casa vi collocò una copia di “Venere chiede a Vulcano le armi” che la stessa Morisot copiò da un dipinto del Louvre, poi lo sostituì con lo stupendo “La ville a Bordighera” di Claude Monet, regalatole dal pittore stesso ed esposto in mostra poco più avanti. Nel quadro di Monet spiccano le palme della riviera ligure di ponente e si resta affascinati dall’esplosione dei colori.
Tinte altrettanto forti, purtroppo meno convincenti, caratterizzano alcuni dipinti di Julie Manet, l’amata figlia di Berthe Morisot, presentati alla fine della mostra genovese. Julie apprese dalla madre le tecniche fondamentali della pittura, ma, pur brava, non ebbe il suo lo stesso talento. Una differenza lampante, anche agli occhi di un visitatore qualsiasi.